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30 Settembre 2025 - 09:34
Tumore alla prostata, Riboldi: “Dopo i 50 anni la prevenzione non è un optional”
Il tumore alla prostata rappresenta oggi una delle sfide più delicate per la sanità pubblica, non solo in Piemonte ma in tutto il Paese. È il tumore più frequente tra gli uomini sopra i cinquant’anni e, secondo i dati dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica, ogni anno in Italia vengono diagnosticati oltre 36 mila nuovi casi. Numeri che fotografano una realtà complessa: da un lato la mortalità è in calo rispetto al passato, grazie ai progressi della medicina e alle terapie sempre più mirate; dall’altro permane una forte sottovalutazione della prevenzione, che resta l’arma più efficace per intercettare la malattia in fase iniziale, quando le possibilità di cura sono maggiori.
È questo il tema al centro del convegno organizzato a Torino da Motore Sanità, dal titolo “Il tumore della prostata in Piemonte. Dalla diagnosi alla cura: nuove speranze per i pazienti”, a cui è intervenuto l’assessore regionale alla Sanità Federico Riboldi. Nel suo intervento, Riboldi ha posto l’accento sulla necessità di compiere un salto culturale: gli uomini, ha spiegato, devono imparare a considerare naturale lo screening periodico, così come da tempo fanno le donne con i controlli al seno e al collo dell’utero.
Secondo l’assessore, persiste un tabù che porta molti a evitare i controlli, spesso per imbarazzo o per la tendenza a sottovalutare i sintomi. Un atteggiamento che si traduce in diagnosi tardive e percorsi di cura più complessi. “Non è più accettabile – ha dichiarato –: il tumore alla prostata è un problema di salute pubblica e la prevenzione deve diventare un dovere collettivo”.
Per dare concretezza a questo obiettivo, il Piemonte punta sulla rete delle Case di Comunità, i presidi territoriali che dovrebbero rappresentare il punto cardine della sanità del futuro. Entro il 2026, secondo le previsioni, ne saranno operative circa un centinaio. L’idea è di farne luoghi vicini ai cittadini, facilmente accessibili, dove svolgere attività di informazione, sensibilizzazione e screening di primo livello. In altre parole, non soltanto strutture sanitarie, ma spazi capaci di intercettare precocemente le patologie e orientare i pazienti verso i percorsi di cura più adeguati.
L’esperienza già consolidata degli screening femminili in Piemonte viene indicata come modello da replicare. Da anni, infatti, la Regione offre alle donne controlli periodici gratuiti per la prevenzione dei tumori al seno e alla cervice uterina, con risultati significativi in termini di diagnosi precoce e riduzione della mortalità. Riboldi ha sottolineato la necessità di avere “lo stesso coraggio” sul fronte maschile, per colmare un ritardo culturale che pesa ancora molto.
Durante il convegno è stata ricordata anche la campagna “Un baffo per la ricerca”, nata proprio con l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico maschile, utilizzando un simbolo semplice e immediato per veicolare un messaggio di salute. L’iniziativa, che richiama il movimento internazionale “Movember”, si inserisce in una strategia più ampia di promozione della prevenzione oncologica.
In Piemonte, secondo le stime degli oncologi, il tumore alla prostata rappresenta circa un quinto di tutte le nuove diagnosi oncologiche maschili. La sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi ha superato il 90 per cento, ma questo dato positivo riguarda soprattutto i casi individuati in fase precoce. L’assenza di screening diffusi e sistematici rende invece più difficile intervenire tempestivamente, soprattutto nei contesti in cui la cultura della prevenzione è meno radicata.
Riboldi ha lanciato quindi un invito diretto agli uomini piemontesi: “Così come le donne hanno imparato a considerare indispensabile lo screening periodico, anche noi uomini dobbiamo prenderci cura della nostra salute senza imbarazzo. Dopo i cinquant’anni la prevenzione non è un optional, ma una necessità”.
L’assessore ha poi collegato questo tema alla riorganizzazione della sanità territoriale in corso, che punta a spostare il baricentro dell’assistenza dagli ospedali ai presidi di prossimità. Una sfida che riguarda non soltanto la prevenzione oncologica, ma l’intero sistema sanitario regionale. “Le Case di Comunità – ha aggiunto – saranno il fulcro per avvicinare la medicina alla vita quotidiana delle persone. È lì che si giocherà una delle partite più importanti dei prossimi anni”.
Il messaggio emerso dal convegno è quindi duplice: da un lato la necessità di rafforzare le strutture e i percorsi sanitari per garantire una prevenzione diffusa ed efficace; dall’altro la consapevolezza che, senza un cambiamento culturale, ogni sforzo rischia di restare incompleto. Perché la prevenzione diventi davvero una pratica comune, occorre che gli uomini superino reticenze e imbarazzi, assumendo la responsabilità della propria salute con la stessa naturalezza con cui da tempo lo fanno le donne.
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