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29 Settembre 2025 - 19:44
Matteo Ricci
Le urne si sono chiuse e i numeri parlano chiaro. Nelle Marche, il centrodestra si conferma alla guida della Regione. Francesco Acquaroli, governatore uscente, è stato rieletto presidente con circa il 52,1 % dei voti, battendo il candidato del centrosinistra, Matteo Ricci, fermo al 44,6 %. Un distacco netto che consegna ad Acquaroli un secondo mandato consecutivo, nonostante un’affluenza piuttosto bassa: appena il 50,01 % degli aventi diritto si è recato ai seggi.
Nel voto ai partiti, Fratelli d’Italia resta la prima forza politica, con circa il 24 %, pur in leggero calo rispetto alle precedenti tornate. Dietro, la Lega e Forza Italia, entrambe attestate intorno al 9 %. Il Movimento 5 Stelle subisce un’ulteriore battuta d’arresto, confermando le difficoltà già registrate a livello nazionale. Complessivamente, la coalizione di centrodestra consolida così il proprio vantaggio, forte di una macchina elettorale ben oliata e di un presidente in carica che ha saputo sfruttare la visibilità del ruolo.
Francesco Acquaroli
Acquaroli, esponente di lungo corso della destra marchigiana, aveva conquistato nel 2020 la presidenza con una vittoria storica, la prima per il centrodestra in una regione tradizionalmente guidata dal centrosinistra. In questi cinque anni ha mantenuto saldamente il suo ruolo, portando avanti politiche che hanno puntato su infrastrutture, turismo e rilancio economico, ma non senza polemiche e contestazioni, come nel caso della discussa Agenzia per il Turismo e l’Internazionalizzazione delle Marche. La sua riconferma segna la volontà degli elettori di affidarsi ancora a un volto noto, percepito come “usato garantito”, anche di fronte a un crescente astensionismo.
Dall’altro lato, la sfida di Matteo Ricci non è stata sufficiente. Ex sindaco di Pesaro e figura di spicco del Partito Democratico, Ricci ha provato a costruire un “campo largo” insieme a Movimento 5 Stelle e forze civiche, puntando su sanità, lavoro e trasporto pubblico come punti cardine della sua proposta. Ma la sua corsa è stata appesantita da un avviso di garanzia legato all’inchiesta “Affidopoli”, che ha inevitabilmente condizionato la percezione pubblica della sua candidatura. Nonostante il sostegno di buona parte del centrosinistra, Ricci non è riuscito a scalfire il vantaggio del centrodestra, denunciando anche una campagna elettorale “impari”, con risorse e visibilità nettamente a favore del presidente uscente.
Molto diversa la situazione in Valle d’Aosta, dove le elezioni regionali non eleggono direttamente il presidente ma determinano la composizione del Consiglio regionale, da cui nasceranno le alleanze e, successivamente, la giunta. Qui la forza politica più votata è stata l’Union Valdôtaine, che ha raccolto circa il 31,97 % delle preferenze. Subito dietro la coalizione di centrodestra, che si è fermata al 29,42 %. Seguono gli autonomisti centristi, con il 14,05 %, il Partito Democratico con l’8,04 % e Alleanza Verdi Sinistra al 6,32 %.
La ripartizione dei seggi racconta un equilibrio delicato e una partita politica tutta da giocare: 12 consiglieri per l’Union Valdôtaine, 11 per il centrodestra (suddivisi tra Fratelli d’Italia, Forza Italia e Lega), 6 per l’area autonomista di centro, 3 per il PD e 3 per AVS. In altre parole, nessuna forza ha la maggioranza assoluta e la scelta del futuro governatore dipenderà dalle trattative e dagli accordi che si stringeranno nelle prossime settimane. Come da tradizione valdostana, ogni seggio pesa come un macigno e le alleanze, spesso fragili, diventano decisive.
Da segnalare anche l’affluenza: in Valle d’Aosta si è fermata al 62,98 %, in calo significativo rispetto al 70,5 %registrato nel 2020. Non è mancata, inoltre, una curiosità istituzionale che rende ancora più complesso il quadro: qualche settimana prima del voto i valdostani sono stati chiamati a esprimersi in un referendum confermativo sulla nuova legge elettorale, che introduce tre preferenze al posto dell’unica. Il “Sì” ha vinto con il 52,14 %, ma la partecipazione è stata bassissima, appena il 16,04 % degli aventi diritto.
Insomma, due regioni molto diverse, ma accomunate da un dato ormai evidente: l’astensionismo avanza e rischia di diventare il vero protagonista della scena politica. Le Marche consolidano il blocco di centrodestra, consegnando ad Acquaroli un secondo mandato che rafforza la leadership di Fratelli d’Italia e degli alleati. La Valle d’Aosta, invece, rimane il laboratorio fragile di sempre, dove la politica delle alleanze sarà l’unico strumento per trovare un equilibrio, con trattative che si preannunciano lunghe e complesse.
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