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“Avete giocato senza dignità”: furia nello spogliatoio del Napoli

Parole dure, silenzi pesanti e una squadra che ascolta: così nasce la reazione

“Avete giocato senza dignità”

“Avete giocato senza dignità”: furia nello spogliatoio del Napoli

«Avete giocato senza dignità». È questa la frase che, più di tutte, resta impressa nello spettatore di Ag4in – Il film del quarto scudetto del Napoli. Un momento che non ha bisogno di effetti speciali, perché la sua forza sta nella crudezza della scena: lo spogliatoio di Como, una sconfitta che pesa, facce tese, silenzio. Poi la voce di Lele Oriali, leggenda vivente del calcio italiano, che rompe l’aria con parole nette come fendenti. Non un discorso motivazionale, non la carezza di chi vuole consolare: è una frustata, e proprio per questo funziona.

Le immagini mostrano i giocatori immobili, incapaci e forse non desiderosi di rispondere. Non c’è mormorio, non c’è ribellione. Quelle parole vengono assorbite come una medicina amara, che brucia in gola ma cura. Perché se a pronunciarle fosse stato un tecnico giovane, un dirigente di passaggio o un collaboratore qualunque, la reazione sarebbe stata diversa. Ma Oriali non è un uomo qualunque. È uno che ha attraversato ogni livello del calcio, dall’erba dei campi di provincia ai trionfi mondiali, dalle scrivanie delle società ai corridoi della Nazionale. È stato calciatore, capitano, dirigente, consigliere, guida silenziosa. Un campione del mondo 1982, uno che sa cosa vuol dire vincere e, soprattutto, cosa vuol dire non mollare mai.

Il film insiste sulla dinamica: la squadra aveva appena perso malamente, e non era la prima volta che la prestazione sembrava svuotata di anima. Oriali lo dice senza giri di parole: «Siamo rimasti nello spogliatoio a guardare la partita e non è la prima volta che accade. In campo bisogna dare l’anima, e questo non lo abbiamo fatto». È un atto d’accusa che non riguarda solo i novanta minuti di Como, ma un modo di intendere la professione. È un promemoria che nel calcio, come nella vita, non ci si può permettere di affrontare gli impegni senza rispetto per sé stessi e per la maglia che si indossa.

Lele Oriali

La scena diventa emblematica perché mostra come una squadra possa reagire non alle carezze, ma alle verità. In quell’istante, nessuno nello spogliatoio mette in discussione il diritto di Oriali di parlare in quel modo. La sua credibilità è troppo solida: se dice che mancava dignità, è perché ha visto con gli occhi di chi ha vissuto mille battaglie, di chi riconosce quando un gruppo ha davvero dato tutto e quando invece si è tirato indietro.

Il film non si limita a raccontare la cronaca di una stagione trionfale, ma mostra i passaggi in cui la vittoria nasce dal dolore, dalla rabbia e dall’accettazione di critiche severe. La sfuriata di Como è presentata come una delle svolte psicologiche: da lì in avanti, il Napoli non è più lo stesso. Non è solo questione di schemi o di cambi tattici: è una questione di testa e di cuore. Accettare di essere stati senza dignità, e da quel momento in poi giurare a sé stessi di non esserlo mai più.

La carriera di Oriali, poi, offre la chiave di lettura. È stato centrocampista instancabile dell’Inter e della Nazionale, protagonista di un Mondiale che ha consegnato all’Italia la sua terza stella, dirigente di lungo corso che ha attraversato club e selezioni, compreso il periodo accanto a Roberto Mancini nella vittoria dell’Europeo 2021. La sua figura è rispettata ovunque, perché unisce rigore professionale, competenza tecnica e una moralità mai messa in discussione. È questo bagaglio che gli consente di poter dire a una squadra di campioni: «Avete giocato senza dignità». Perché non è solo un giudizio, è la verità di chi ha visto il calcio in tutte le sue sfumature.

Il valore del momento non è solo interno allo spogliatoio. È anche un messaggio a chi guarda: lo scudetto non nasce dalle sole vittorie, ma dalla capacità di rialzarsi dopo le cadute, di ascoltare le critiche e trasformarle in benzina. Il Napoli del quarto tricolore è anche questo: un gruppo che ha saputo ascoltare e fare proprie le parole più dure, senza cercare scuse.

Il regista Giuseppe Marco Albano non poteva scegliere un dettaglio più emblematico. Tra le feste, le parate, le immagini di un popolo in estasi, inserisce la scena cruda di uno spogliatoio deluso. È lì che si vede la differenza tra una squadra che crolla e una squadra che vince. È lì che il Napoli ha dimostrato di avere non solo talento, ma anche uomini capaci di accettare la verità.

Insomma, per vincere servono gli uomini giusti al posto giusto. E Lele Oriali, in quello spogliatoio di Como, lo è stato come non mai.

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