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Ombre su Torino
26 Settembre 2025 - 19:00
Biografie criminali: Marco Donat-Cattin.
«Qui il Peci a Pescara ha fatto il nome di mio figlio […]. Ieri sera Cossiga nel suo studio privato, per essere sicuro che nessuno ci ascoltasse, mi ha detto: “Carlo, dal ministero degli Interni ho saputo che tuo figlio è stato tirato in ballo […]. Noi cercheremo di tenere la notizia coperta il più possibile. Tu vedi se riesci a farlo andare all’estero. Un conto è che lo prendano, un conto è che si trovi all’estero”».
Il virgolettato appena riportato è un estratto di un interrogatorio del 29 maggio 1980. A parlare è Roberto Sandalo detto “Roby il pazzo” uno dei capi di Prima Linea.
“Carlo”, a cui viene attribuito il piano, in collaborazione con Cossiga, in quel momento presidente del Consiglio, e Rognoni, ministro dell’Interno, di far fuggire il figlio (citato dal principale pentito delle BR) all’estero, non è un padre qualsiasi. È Carlo Donat-Cattin, in quel momento senatore e vicesegretario della DC, da più di vent'anni in Parlamento e per una decina di volte ministro in diversi governi degli anni ’70.
Il successivo scandalo, non solo politico ma anche tragico dal punto di vista familiare, costringerà il potente leader democristiano alle dimissioni da tutti gli incarichi, ma, soprattutto, svelerà all’Italia intera il profilo dell’allora sconosciuto figlio: un terrorista d’estrema sinistra con diversi morti sulla coscienza.
Marco Donat-Cattin nasce a Torino il 28 settembre 1953. Non ancora maggiorenne, nel 1970, è già sposato, ha un figlio e milita in Lotta Continua. Lascerà il movimento nel 1975, quando, insieme a Roberto Sandalo (conosciuto mentre lavora come bibliotecario all’istituto tecnico Galileo Ferraris) aderisce ai Comitati Comunisti per il Potere Operaio, un piccolo gruppo che edita il giornale Senza Tregua.
È proprio questo foglio a rivendicare, il 15 ottobre 1976, l’attacco alla sede della corrente DC “Forze Nuove” a Torino. Cinque uomini mascherati e armati fanno irruzione negli uffici, distruggono tutto e lasciano l’edificio. Su una parete uno slogan: "CONTRO LA DC, CONTRO ANDREOTTI, LOTTA ARMATA". La corrente Forze Nuove è proprio quella di Carlo Donat-Cattin.
Passa un mese e Prima Linea è ufficialmente costituita. Le loro azioni sono quasi quotidiane: incendi, occupazioni con le armi in pugno, pestaggi, agguati a capireparto, fascisti, uomini delle forze dell’ordine.
Dopo aver fallito un attentato a uno scambio ferroviario, Marco (che nel frattempo ha preso il soprannome di “comandante Alberto”) scappa una prima volta a Milano. Sarà proprio nel capoluogo lombardo che, il 29 gennaio 1979, si macchierà del crimine più grave della sua "carriera". A sparare sono lui e Sergio Segio e a rimanere immobile, in un lago di sangue nella sua auto, è il sostituto procuratore della Repubblica Emilio Alessandrini. È il giudice che ha svelato la pista nera per Piazza Fontana ma che ha anche un fascicolo aperto su ambienti vicini a Prima Linea.
Tornato a Torino, finisce in una tragedia in tre atti che segnerà l’apice del terrorismo in città.
Il 28 febbraio in una sparatoria in via Paolo Veronese, all’interno del Bar Dell’Angelo, muoiono per mano della polizia due terroristi di PL Matteo Caggegi “Charlie” e Barbara Azzaroni “Carla”.
La vendetta di PL sfocia prima nell’imboscata di via Millio che provocherà l’uccisione del giovane Emanuele Iurilli e poi nell’omicidio del proprietario del Bar Dell’Angelo, Carmine Civitate, accusato di aver attirato la polizia nella sua attività. Viene ammazzato il 18 luglio 1979 e si scoprirà che con quella storia non c’entrava nulla.
Coinvolto in quest'ultimo episodio, invece, è proprio Marco Donat-Cattin. Non dovrebbe esserci ma, la settimana prima, viene arrestato un compagno e il compito viene affidato a lui. Ed è per lo stesso motivo che, il 13 luglio, partecipa anche alla rapina alla Cassa di risparmio di Druento. In questo caso non spara ma ci scappa lo stesso il morto, il vigile urbano Bartolomeo Mana.
Quando viene svelata la sua identità e lo tsunami delle rivelazioni di Sandalo si abbatte sul padre e sulla DC, Marco Donat-Cattin è già scappato a Parigi da qualche giorno. Maturata la decisione di abbandonare la lotta armata, una volta arrestato ed estradato in Italia, nel 1981, collabora con la giustizia.
Usufruisce delle recenti leggi emergenziali sulla dissociazione e sui collaboratori di giustizia che concedono grossi sconti di pena a chi dichiara chiusa l’esperienza terroristica. Viene condannato a sette anni e nove mesi e scarcerato il 24 dicembre 1987. Una volta uscito incontra la comunità di recupero per tossicodipendenti Exodus di don Antonio Mazzi.
Il capitolo finale della sua vita viene scritto il 19 giugno 1988. Coinvolto, ma illeso, in un incidente sulla Milano-Venezia (nei pressi di Verona) nel tentativo di avvertire gli automobilisti che sopraggiungono viene travolto, morendo sul colpo.
Una fine violenta di una vita violentissima, paradossalmente giunta nel tentativo di salvare delle vite.
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