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23 Settembre 2025 - 22:42
TORINO. Domani mattina, ore otto, la sanità piemontese entra nell’era della colazione in reparto. Non un nuovo piano sanitario, non un rafforzamento del personale, non un progetto per tagliare le liste d’attesa. No, la svolta arriva con un vassoio in mano: tè annacquato, latte macchiato che sa di mensa scolastica, caffè lungo come l’attesa per una visita, biscotti mollicci e fette biscottate che si spezzano come la pazienza di chi aspetta in corridoio. È la grande idea di Livio Tranchida, nuovo direttore generale della Città della Salute, accompagnato dal direttore sanitario Lorenzo Angelone.
L’obiettivo ufficiale è alto: “incontrare, ascoltare, stringere la mano”. Quello reale, invece, sembra il solito: propaganda a stomaco vuoto. Un gesto pensato più per le telecamere che per i reparti, più per i comunicati stampa che per i turni degli infermieri. È la liturgia del simbolo: se il direttore mangia il latte ospedaliero, allora la sanità è vicina ai cittadini. Peccato che un biscotto sbriciolato non basti a nascondere le crepe di un sistema che perde pezzi ogni giorno.
Il primo appuntamento, mercoledì 24, sarà nella sub intensiva del professor Renato Romagnoli. Giovedì 25 si replica nelle degenze oncologiche di Radioterapia, Oncologia medica 2 ed Endocrinologia oncologica, con il professor Umberto Ricardi, il dottor Massimiliano Icardi e la professoressa Emanuela Arvat. Un tour che ha già il sapore della passerella: sorrisi, strette di mano, fotografie. E sì, c’è da scommetterci: anche selfie. Perché oggi non esiste evento istituzionale senza Instagram.
E allora già ce li immaginiamo i reel: Tranchida che sorride con la tazza di tè fumante, la scritta motivazionale in sovrimpressione “La sanità riparte dal dialogo”, musica di pianoforte in sottofondo. O le storie su Instagram: Angelone che intinge la fetta biscottata, taggando @CittàdellaSalute con un cuore rosso e l’emoji del muscolo. Il tutto, ovviamente, condiviso, ricondiviso, rilanciato da uffici stampa e assessori. È la versione 2.0 della propaganda: non più il comunicato sui tempi di attesa per un ricovero, ma il contenuto pronto per i social.
Intendiamoci, non c’è nulla di male nel voler incontrare infermieri, caposala, personale. Ma basta davvero una colazione per risolvere turni massacranti, stipendi bassi, macchinari vecchi, reparti al collasso? Basta un selfie per accorciare le attese infinite al pronto soccorso? Basta un reel su Instagram per trovare nuovi anestesisti?
Qui il rischio è evidente: la sanità ridotta a scenografia per la comunicazione. Non la realtà dei corridoi pieni di barelle, ma la narrazione edulcorata della colazione “conviviale”. Non i problemi concreti, ma il racconto social che li nasconde dietro una musica di sottofondo e un hashtag accattivante.
La colazione in reparto, allora, più che un gesto di vicinanza, sembra un esercizio di marketing. Una propaganda forzata che obbliga pazienti e personale a partecipare al rito del direttore col vassoio. Tutti protagonisti involontari di una storia già scritta, pronta a diventare contenuto virale.
Insomma, la sanità piemontese non guarirà con una colazione, e nemmeno con dieci reel. Ma intanto potremo scorrere il feed e vedere Tranchida sorridente, tazza alla mano, con la scritta “Insieme per la salute”. Perché in fondo questa è l’Italia di oggi: non importa come stai, importa come esci in foto.
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