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23 Settembre 2025 - 11:52
La regina delle classifiche, la capitale del cemento
Un post della sindaca Elena Piastra. Uno dei suoi soliti, tutto “quanto sono figa, bella e brava…”. Un post con percentuali, sigle europee, nomi altisonanti e un trionfo di autocelebrazione: Settimo Torinese, a suo dire, sarebbe ormai un modello di sostenibilità. Di questa cosa abbiamo già scritto, ma ci ritorniamo.
L’amministrazione rivendica a gran voce l’adesione alla Rete dei Comuni Sostenibili e un balzo da manuale nei parametri: dal 67% al 77%, fino all’87% e oggi all’82,6% di indicatori “positivi o stabili”. Numeri che paiono scolpiti nel marmo, pronti a dire al mondo che tutto va bene, che la strada è giusta e che il futuro è già qui.
Ci sono tutti gli ingredienti classici della comunicazione istituzionale. Gli “indicatori misurati e misurabili”, gli “80 parametri elaborati insieme a ASviS e al Centro Comune di Ricerca della Commissione Europea”, le voci rassicuranti sui risultati positivi: risparmio energetico negli edifici pubblici, lotta allo spreco alimentare, iniziative gratuite per l’infanzia, con l’Emporio Solidale come fiore all’occhiello. E poi, a suggellare la scena, i ringraziamenti di rito: a Jacopo Suppo, agli assessori Arnaldo Cirillo e Alessandro Raso, all’Associazione Ceci, al progetto Tilde e persino al pranzo servito all’Ecomuseo del Freidano. Una lista della spesa più che un resoconto politico, come a dire che a Settimo c’è posto per tutti: basta mettersi in fila per una menzione nel post della sindaca. Una sorta di Oscar della sostenibilità, dove l’importante non è vincere, ma essere nominati.
Tutto bene, tutto chiaro, tutto semplice? Più o meno. Perché a rovinare l’entusiasmo ci pensa Gianpiero Ronchetti di Legambiente. Altro che percentuali: “Settimo ha consumato suolo per il 41% del suo territorio, un dato altissimo”ricorda, con tanto di richiamo ai dati ISPRA. E qui, più che le slide patinate, parlano i numeri veri. In una città che nel giro di vent’anni ha visto sorgere centri commerciali, nuove lottizzazioni e quartieri residenziali dove prima c’erano campi, parlare di sostenibilità rischia di diventare un esercizio retorico.
Ronchetti non si ferma. Mette il dito nella piaga e snocciola ciò che manca, e che non si può ignorare: la decarbonizzazione dei trasporti e dei riscaldamenti, incentivi veri alla mobilità ciclabile e pedonale, pannelli fotovoltaici sui tetti pubblici e privati, autobus che non sputino fumi inquinanti. In poche parole, atti concreti e immediati, non soltanto cifre e parole roboanti. E aggiunge un avvertimento che suona come un pugno nello stomaco: “Torino è stata ad anni alterni capitale europea dell’inquinamento atmosferico, e Settimo è vicinissima”.
E qui casca l’asino (modo di dire che nulla ha a che fare con gli animali, ma che rende bene l’idea). Perché la retorica delle percentuali non riesce a cancellare il quotidiano di chi vive la città: traffico soffocante, aria pesante, marciapiedi impraticabili e una mobilità che resta a misura di automobile. La sindaca può anche ringraziare tutta la città, ma il dato è lì: quasi metà del territorio di Settimo è stato consumato. Non lo dice l’opposizione, non lo dicono i “gufi”: lo dice ISPRA.
Il contrasto non potrebbe essere più netto. Da una parte l’entusiasmo patinato della sindaca, che snocciola indicatori come una professoressa (e lo è) davanti alla lavagna, con quell’aria da “so tutto io” che ormai le viene naturale. Dall’altra, la voce di Legambiente che scende sul terreno concreto, ricordando che mentre si ringraziano assessori e progetti vari, il suolo continua a essere divorato dal cemento e la città resta prigioniera di un modello urbanistico anni ’80.
Insomma, la realtà non funziona così: il cambiamento climatico non si misura in percentuali crescenti, ma nei giorni di aria irrespirabile, nelle allerte meteo sempre più frequenti, nei dati che ogni anno puntualmente ricordano come Torino e l’area metropolitana siano soffocate dallo smog.
Il botta e risposta tra sindaca e Legambiente, al netto dei toni, svela una differenza di fondo: da un lato la politica che si affida ai numeri per raccontare una realtà ottimistica, dall’altro un’associazione che chiede coraggio, visione e scelte radicali. Non è questione di buone intenzioni o di slogan: è il terreno sotto i piedi, è l’aria che si respira ogni giorno, è la possibilità di offrire ai cittadini alternative concrete all’automobile, oggi inesistenti.
E mentre la sindaca scrive post in stile “relazione di fine anno” e ringrazia tutti, dai tecnici comunali ai cuochi dell’Ecomuseo, c’è chi guarda fuori dalla finestra e vede palazzi. Non è la Settimo da cartolina raccontata dai numeri, è la Settimo reale, quella che arranca dietro Torino nella classifica dell’inquinamento.
Insomma, percentuali contro realtà. Da una parte l’autocompiacimento istituzionale, dall’altra la voce critica di chi chiede un cambio di passo. E nel mezzo i cittadini, che di slide e grafici se ne fanno ben poco, quando ogni giorno restano intrappolati nel traffico, respirano smog e vedono crescere palazzi là dove prima c’erano campi.
C’è chi amministra e c’è chi colleziona certificazioni. La differenza è tutta qui. La sindaca di Settimo, Elena Piastra, appartiene con fierezza alla seconda categoria. Ama i bollini, i marchi, i timbri internazionali: sostenibilità, inclusione, mobilità, verde, cultura. Si iscrive a ogni rete, aderisce a ogni protocollo, si fa misurare con ottanta indicatori, poi corre sui giornali a dire che Settimo è tra i Comuni più certificati d’Italia.
Gli altri sindaci, invece, amministrano. Magari senza la gloria delle classifiche, ma con un senso di realtà. Prendiamo Ivrea: città con un patrimonio verde che forse è dieci volte quello di Settimo, per abitante. È ovunque: dentro la città, fuori dalla città. Non è un merito di chi governa oggi, ma l’eredità di Adriano Olivetti. Eppure nessuno fa post celebrativi, nessuno convoca la stampa per dire “abbiamo più alberi di voi”. Si gestisce, punto.
O Chivasso. Basta leggere il contratto sulla manutenzione del verde: 600 mila metri quadri contro i 500 mila di Settimo. E i tagli? Dieci all’anno, non quattro. E i costi? Centomila euro in meno rispetto a Settimo. Stando ai numeri, sono più bravi. Anche qui niente fanfare, niente certificazioni da esibire in bacheca. Solo erba tagliata.
Ecco la differenza. Una città normale, se ha verde lo cura. Se ha trasporti, li fa funzionare. Se ha bambini, offre servizi. A Settimo, invece, si cercano indicatori europei per raccontare che tutto questo c’è già. È la sindaca delle classifiche: poco importa se il cittadino respira smog, trova marciapiedi sporchi o deve aspettare mesi per vedere l’erba tagliata. L’importante è poter dire: siamo stati misurati, certificati, premiati.
Gli altri sindaci guardano i bisogni dei cittadini. A Settimo, invece, si guarda alle graduatorie. È un’altra forma di amministrazione. Tutto incentrato sulla propaganda. Oggi è sempre più chiaro.
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