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Palestre della memoria: Ivrea apre la sfida contro solitudine e decadimento cognitivo

Sabato 27 settembre alle 16, nella Sala Santa Marta, il seminario con il geriatra Andrea Fabbo e la tavola rotonda con associazioni, Asl TO4 e le esperienze di Ivrea, Vistrorio, Chiaverano e Drusacco

Palestre della memoria: Ivrea apre la sfida contro solitudine e decadimento cognitivo

Lei si siede vicino alla finestra ogni pomeriggio. Guarda fuori, sorride e dice: “Sta arrivando papà”. Suo padre però non c’è più da tanti anni. La figlia resta accanto a lei, stringe la sua mano e non sa cosa fare: dirle la verità o lasciarla in quell’attimo di serenità. Così appare il decadimento cognitivo: una nebbia lenta che avvolge i ricordi, che confonde i nomi, che mescola presente e passato.

Non colpisce solo chi si ammala. Il decadimento cognitivo cambia la vita di tutta la famiglia. I figli diventano i genitori dei propri genitori, i coniugi si trasformano in custodi pazienti, i nipoti imparano a fare domande diverse, spesso senza ricevere risposte. In Italia più di un milione di persone vive con una demenza, ma dietro i numeri ci sono storie quotidiane di fatica, di smarrimento, di amore ostinato.

Tutto questo per dire che sabato 27 settembre 2025, alle ore 16, in sala Santa Marta a Ivrea è in programma l’incontro “Le Palestre della Memoria”, promosso nell’ambito del progetto "Attivamente", sostenuto dalla Regione Piemonte. Un titolo che dice molto: qui non si parla solo di ginnastica mentale, ma di una vera e propria palestra di vita, pensata per chi vuole prevenire, rallentare o affrontare con dignità il rischio del decadimento cognitivo.

Ad aprire l’incontro sarà il dottor Andrea Fabbo, geriatra e direttore sanitario dell’ASL di Asti, chiamato non a caso: un esperto di rilievo nazionale, che porterà l’esperienza di chi ha formato operatori e volontari proprio sui temi delle demenze. Dopo la sua introduzione, spazio a una tavola rotonda che metterà in dialogo le Palestre della Memoria già attive a Ivrea, Vistrorio e Chiaverano, l’Associazione Piazzetta Alzheimer e il servizio di Infermieristica di Famiglia e Comunità dell’ASL TO4. Tutto questo per testimoniare come il lavoro quotidiano di volontari, operatori e associazioni possa diventare un presidio di salute e di umanità.

L’assessore alle Politiche per gli Anziani del Comune di Ivrea, Patrizia Dal Santo, sottolinea che le Palestre della Memoria non sono un semplice passatempo: “Si tratta di uno strumento semplice, ma straordinariamente efficace, che stiamo sperimentando in vari punti della città per contrastare la solitudine e prevenire il decadimento della memoria. Non solo esercizi, ma veri luoghi di osservazione, capaci di intercettare i bisogni e di indirizzare le persone verso i servizi più appropriati”.

Ad oggi, a Ivrea funzionano nei quartieri Torre Balfredo, San Lorenzo e Bellavista, mentre altre esperienze hanno preso forma a Chiaverano, Vistrorio e Drusacco. Ognuna è nata in modo diverso: chi dentro un centro anziani, chi grazie a un’associazione di quartiere, chi per iniziativa di volontari che hanno deciso di mettersi in gioco. Ma ovunque il risultato è lo stesso: attività che funzionano, che hanno effetti concreti, che ridanno senso e socialità alla quotidianità delle persone.

Il seminario di Santa Marta sarà quindi un momento per fare il punto su ciò che esiste già e su ciò che si può ancora costruire. “Inviteremo i sindaci del distretto dell’ASL – aggiunge Dal Santo – per far conoscere meglio questo strumento e capire come potenziarlo. Le Palestre della Memoria non sono solo per chi gode di buona salute, ma anche per chi comincia a percepire qualche segnale di decadimento: sono un presidio di prevenzione, ma anche un aiuto concreto per non sentirsi soli”.

L’incontro servirà anche a dare rilievo alla rete che sostiene queste attività. In particolare, la collaborazione con la Piazzetta Alzheimer permette di formare volontari e facilitatori, figure decisive per accompagnare i partecipanti e per costruire quella rete di sostegno che spesso fa la differenza. In parallelo, il servizio di Infermieristica di Famiglia e Comunità dell’ASL TO4 assicura un aggancio con il sistema sanitario, in modo che questi spazi diventino antenne capaci di segnalare bisogni, fragilità e percorsi da attivare.

Insomma, quello di sabato non sarà solo un seminario. Sarà un’occasione per raccontare e condividere storie di quartieri e paesi che hanno saputo inventarsi strumenti semplici, ma efficaci, contro l’isolamento e il decadimento cognitivo. Una testimonianza che, quando comunità, volontariato e istituzioni si mettono insieme, anche la fragilità può diventare terreno di forza e di cura.

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Il decadimento cognitivo che cosa è?

Il decadimento cognitivo non è un muro che si abbatte all’improvviso, ma piuttosto un lento logorarsi delle funzioni che regolano la nostra mente. La memoria che si fa incerta, i nomi che sfuggono, gli appuntamenti che si dimenticano, la difficoltà a trovare la parola giusta al momento giusto: piccoli segnali che, col passare del tempo, possono diventare ostacoli più grandi, fino a interferire con le attività quotidiane.

Gli esperti distinguono tra il cosiddetto decadimento cognitivo lieve e le forme più severe, come la demenza. Nel primo caso la persona mantiene ancora un buon grado di autonomia, ma avverte di non essere più “lucida” come prima; nel secondo, invece, il declino si trasforma in una vera e propria malattia, che toglie indipendenza e cambia la vita non solo di chi ne soffre, ma anche dei suoi familiari.

Le cause sono molteplici. C’è, innanzitutto, il naturale invecchiamento del cervello, che porta a un fisiologico rallentamento delle funzioni. Ma ci sono anche le patologie neurodegenerative, come l’Alzheimer o il Parkinson, e i fattori di rischio che conosciamo bene: ipertensione, diabete, obesità, fumo, alcol. Non va sottovalutato nemmeno l’isolamento sociale, perché la solitudine può accelerare il declino tanto quanto una malattia.

Oggi sappiamo che il nostro stile di vita incide in maniera significativa. Una dieta equilibrata, l’attività fisica regolare, un sonno ristoratore, la capacità di mantenere relazioni sociali e, soprattutto, la continua stimolazione della mente, sono strumenti preziosi. Non bastano certo a fermare la malattia, ma possono ritardarne l’avanzata e migliorare la qualità della vita.

Ecco perché nascono esperienze come le Palestre della Memoria, luoghi in cui non si cura soltanto il cervello, ma anche il cuore. Qui si gioca, si legge, si conversa, ci si esercita con attività che mantengono attiva la mente e, nello stesso tempo, combattono l’isolamento. Sono spazi che funzionano come un doppio presidio: da un lato prevenzione, dall’altro osservatorio, perché permettono di intercettare precocemente i segnali di difficoltà e orientare le persone verso i servizi più appropriati.

Il decadimento cognitivo, insomma, non è una condanna ineluttabile. È una sfida che riguarda tutti, un terreno su cui la medicina, la comunità e le famiglie possono collaborare. Prevenire non significa cancellare il problema, ma dare tempo, dignità e qualità di vita. E se il cervello, come dicono i neurologi, è un muscolo che ha bisogno di allenamento, allora vale la pena prendersene cura ogni giorno, con gesti semplici ma continui, perché la memoria non si perda e la persona resti al centro.

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La Piazzetta Alzheimer di Ivrea

La Piazzetta Alzheimer di Ivrea è molto più di un’associazione: è diventata nel tempo un punto di riferimento umano, sociale e culturale per le famiglie che convivono con le demenze. Nata dall’intuizione di alcuni volontari e professionisti che non volevano lasciare sole le persone colpite dall’Alzheimer, ha saputo costruire attorno a sé una comunità accogliente, capace di trasformare la fragilità in occasione di incontro e condivisione.

Il cuore delle attività è il Caffè Alzheimer, un appuntamento che negli anni ha coinvolto centinaia di famiglie e decine di volontari. Non si tratta di un semplice luogo di ritrovo, ma di uno spazio in cui chi convive con la malattia trova stimoli, laboratori, momenti di socializzazione, mentre i caregiver ricevono ascolto, consigli e supporto professionale. In parallelo si sperimentano percorsi di riabilitazione cognitiva e relazionale, piccoli esercizi e attività che mantengono viva la memoria, la manualità e la voglia di stare insieme.

Accanto a questo lavoro quotidiano, la Piazzetta Alzheimer si è distinta anche per le iniziative di sensibilizzazione sul territorio. Basta ricordare il progetto delle “vetrine per la memoria”, in cui commercianti del centro cittadino hanno esposto simboli e messaggi dedicati all’Alzheimer, o la fontana Olivetti illuminata di viola in occasione della Giornata Mondiale della Malattia. Sono gesti semplici, ma che parlano a tutta la comunità, perché il messaggio è chiaro: l’Alzheimer non riguarda solo chi si ammala, ma interroga una città intera.

Alla guida dell’associazione ci sono figure come Manuela Bolognesi, presidente, e Stefania Chiuni, educatrice e vicepresidente, affiancate da un gruppo di professionisti e volontari che hanno deciso di dedicare tempo e competenze a questa causa. La collaborazione con l’ASL TO4, con il Comune di Ivrea e con altri enti ha permesso di radicare l’esperienza, fino a far riconoscere Ivrea come “dementia friendly community”: una comunità che non si limita a sopportare la malattia, ma che prova a viverla in modo inclusivo, meno stigmatizzante, più consapevole.

In oltre dieci anni di attività, la Piazzetta Alzheimer ha costruito una rete solida, fatta di incontri, conferenze, momenti di formazione per i volontari, ma soprattutto di storie concrete: anziani che hanno ritrovato il sorriso, famiglie che hanno scoperto di non essere sole, giovani che hanno imparato ad avvicinarsi al tema con sensibilità.

La sfida resta grande. Le demenze sono in aumento e le famiglie spesso faticano a reggere il peso dell’assistenza quotidiana. La Piazzetta Alzheimer cerca di rispondere con i mezzi di cui dispone, puntando sulla continuità delle attività, sulla formazione dei volontari e sull’allargamento della rete di sostegno. È la dimostrazione che, anche in una città di provincia, si può costruire un presidio di civiltà e umanità, capace di trasformare la solitudine in comunità e la malattia in una possibilità di relazione.

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