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22 Settembre 2025 - 17:21
Alberto Avetta e Gianna Pentenero
A Ivrea i medici si ritrovano a operare con secchi e teli per contenere le infiltrazioni d’acqua. A Chivasso il controsoffitto è già crollato nella sala d’attesa della terapia intensiva. E poi muri che si sgretolano, prese elettriche arrugginite, impianti che non garantiscono sicurezza, riscaldamenti che funzionano quando capita. Un film dell’orrore, ma senza effetti speciali. Benvenuti negli ospedali dell'ASL TO4.
Il Nursind, sindacato degli infermieri, denuncia da anni questa situazione. E non parliamo di lamentele isolate: esistono fotografie dei secchi piazzati in sala operatoria, testimonianze di personale costretto a lavorare tra infiltrazioni d’acqua e pazienti che entrano in reparti dove l’unico rumore costante non è il bip dei macchinari, ma lo sgocciolio dal soffitto. La misura è colma, talmente colma che se ne è parlato anche in Consiglio regionale, grazie ad un'interrogazione presentata da Gianna Pentenero e Alberto Avetta.
“Una situazione - han denunciato i due - che mette a rischio la sicurezza di pazienti e operatori sanitari e che mina la fiducia dei cittadini nella sanità pubblica. La Regione Piemonte non può continuare a ignorare l’emergenza”.
Tutto chiaro? Sì! Peccato che alla prova dei fatti non c’è un cronoprogramma dei lavori, né una mappatura ufficiale delle criticità.
“L’Assessore alla Sanità continua ad annunciare investimenti senza fornire documenti vincolanti o strumenti di monitoraggio accessibili”, incalzano Pentenero e Avetta. Una denuncia che trova riscontro nelle segnalazioni dei sindacati: i lavori promessi per agosto non sono mai partiti, i cantieri restano chiusi e i pazienti continuano a entrare in strutture fatiscenti.
E poi c'è il Piano Arcuri, varato nel 2020 per rafforzare le terapie intensive e semintensive, stanziava fondi precisi, vincolati e con obiettivi misurabili. Cinque anni dopo, i cittadini non hanno visto né i reparti nuovi né le terapie potenziate.
Il paradosso è evidente. Le regole esistono: le linee guida ISPESL del 2009 stabiliscono requisiti minimi di sicurezza, igiene e funzionalità per le sale operatorie, dalle pareti ai soffitti fino agli impianti di climatizzazione. Requisiti che nell’ASL TO4 sembrano fantascienza. Infiltrazioni e cedimenti non sono semplici disagi: compromettono la sterilità degli ambienti, mettono a rischio la vita dei pazienti e la sicurezza del personale. Non è un dettaglio, è un’emergenza sanitaria mascherata da problema edilizio.
L’ASL TO4 non è una piccola realtà: serve oltre 500.000 cittadini, una delle aziende sanitarie più vaste e strategiche del Piemonte. Qui si decide la tenuta del sistema sanitario regionale, eppure Ivrea, Chivasso e Ciriè sembrano ospedali di serie B.
“Non è tollerabile che strutture così centrali versino in condizioni non conformi agli standard minimi di sicurezza, igiene e funzionalità. La Regione deve assumersi le proprie responsabilità e garantire risposte certe, tempi definiti e tracciabilità delle risorse”, avvertono Pentenero e Avetta, chiedendo report tecnici sull’uso dei fondi pubblici.
E mentre la Regione promette mari e monti, sventolando la costruzione del nuovo ospedale di Ivrea come fosse il Santo Graal, la realtà è che i cittadini oggi si curano in strutture malmesse e insicura.
“Comprendiamo che il nuovo ospedale di Ivrea sia tra gli interventi previsti dal piano di edilizia sanitaria, ma fino alla sua realizzazione, che non sarà certo immediata, è fondamentale che l’attuale struttura venga mantenuta in condizioni di piena operatività e decoro. La salute dei cittadini non può aspettare”, ribadiscono i due consiglieri.
Ecco allora il vero dramma: i malati aspettano, i sanitari si arrangiano, i sindacati denunciano e la Regione continua a vendere fumo. Nel frattempo, i secchi restano in sala operatoria. E se qualcuno pensa che siano esagerazioni, basta entrare in ospedale e alzare lo sguardo: i soffitti che colano acqua parlano da soli.
Insomma, mentre la politica si rifugia nelle promesse e l’Assessore gioca al prestigiatore con le cifre degli investimenti, la sanità piemontese cade a pezzi. O meglio: cade dal soffitto.
Tutto chiaro? Beh, mica tanto. Perché il riferimento è al Piano Arcuri, quello varato nel 2020 dall’allora commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 Domenico Arcuri, un’operazione straordinaria per potenziare la sanità pubblica. L’obiettivo era chiaro: rafforzare terapie intensive e semintensive, così da evitare il collasso del sistema sanitario in caso di nuove ondate pandemiche. Gli interventi erano “urgenti”, da completare entro il 2022, e finanziati dal governo attraverso il DL Rilancio (Decreto Legge 34/2020).
Nel caso dell’Asl To4, i numeri sulla carta sembravano importanti: 4,2 milioni di euro per aumentare i posti letto di terapia intensiva da 19 a 32. Dieci in più a Chivasso, due a Ciriè, uno a Ivrea. A questi si sarebbero dovuti aggiungere 18 letti di semintensiva, sei per ciascun ospedale, metà dei quali riconvertibili in intensiva.
Oggi, però, il quadro reale è molto diverso. Si sono inaugurati quattro letti di semintensiva a Ciriè – risultato positivo, certo – ma dei posti in intensiva non c’è traccia. A Ivrea, nel giugno 2023, con un investimento di due milioni di euro (di cui 1,1 milioni provenienti dal piano Arcuri), sono stati attivati appena due posti di semintensiva e un solo letto in più di intensiva, portando il totale a otto. A Chivasso, invece, ci si è fermati a tre letti di semintensiva, ben lontani dai dieci di terapia intensiva che avrebbero dovuto vedere la luce.
Altro che piano straordinario: più che un rilancio, quello che si vede oggi sembra un “pian dij babi”, un piano da osteria, fatto di briciole rispetto alle promesse iniziali.
E i fondi? Qui la storia si fa ancora più nebulosa. A Ciriè erano stati stanziati 2,5 milioni di euro per l’adeguamento degli impianti tecnologici, antincendio e di sicurezza nei luoghi di lavoro. A Ivrea altri 1,5 milioni per il rifacimento dei montanti elettrici. A Chivasso, infine, la cifra record: 5 milioni e 928 mila euro per la ristrutturazione del vecchio ospedale, con un cronoprogramma che, almeno sulla carta, avrebbe dovuto chiudersi entro il 2025.
La realtà è che i posti letto mancanti sono più dei nuovi, i cantieri aperti più dei conclusi, e le promesse si sono trasformate nell’ennesimo paradosso della sanità piemontese: grandi numeri sbandierati, piccoli risultati raggiunti.
Crolla un controsoffitto nella sala d’attesa della terapia intensiva a Chivasso, piove nelle sale operatorie di Ivrea, la Dialisi è ferma da anni, l’Oncologia bloccata in un cantiere infinito, i muri si sbriciolano e le prese della corrente arrugginiscono. Uno scenario da terzo mondo? No, siamo nella civilissima Piemonte del 2025, nell’Asl To4 diretta da Luigi Vercellino.
Ora, fosse solo un problema di manager, potremmo liquidarlo con la solita frase: cambiate il direttore generale. Ma qui c’è di più. C’è la politica, quella con la “p” minuscola, che non fa nemmeno lo sforzo di fingere. Perché ogni Asl ha la sua “parte politica”: la Conferenza dei sindaci, che dovrebbe rappresentare i cittadini e vigilare sulla gestione sanitaria. Nel nostro caso la presiede Matteo Chiantore, sindaco di Ivrea. E sapete cosa fa questa Conferenza? Si riunisce due volte l’anno per dire sì ai bilanci, per applaudire i risultati raggiunti che solitamente fan sorridere ma danno il via libere a cospicui premi di rendimento ai direttori, infine, scambiarsi pacche sulle spalle. Fine.
Mentre i soffitti crollano, i sindaci tacciono. Mentre i reparti cadono a pezzi, i sindaci tacciono. Mentre il personale sanitario denuncia che mancano perfino gli impianti di riscaldamento funzionanti in vista dell’inverno, i sindaci tacciono. E quando finalmente si riuniscono, non per affrontare queste emergenze, ma per ratificare i numeri di bilancio, sembrano un club dopolavoristico più che un organo politico.
Il paradosso è lampante: gli infermieri del Nursind devono scrivere lettere per chiedere un cronoprogramma dei lavori, mentre i sindaci – che avrebbero il dovere politico di alzare la voce – si limitano ad osservare. Non un documento di denuncia, non una richiesta urgente, non un atto di coraggio. Nulla. Solo silenzio, sorrisi e stretta di mano.
Così funziona il teatrino della sanità piemontese. Vercellino dirige un’azienda sanitaria che non dirige. L’assessore regionale Federico Riboldi annuncia piani, progetti e investimenti che evaporano nel nulla. E i sindaci? Fanno tappezzeria. Non disturbano mai, non pretendono mai, non protestano mai. D’altronde, è più comodo far finta di niente che assumersi la responsabilità di sfidare il potere regionale o il direttore di un'Asl.
Il risultato? Gli ospedali cadono a pezzi, i cittadini si curano tra infiltrazioni e controsoffitti pericolanti, e i sindaci continuano a giocare alla Conferenza come fosse il club delle bocce: una pacca a te, una pacca a me, un brindisi ai bilanci approvati e arrivederci alla prossima farsa.
E allora la domanda è inevitabile: chi rappresenta i cittadini dell’Asl To4? Non certo Vercellino, non certo Riboldi, e di sicuro non quella Conferenza dei sindaci che ha abdicato al suo ruolo. Una volta la politica era fatta di responsabilità, oggi si riduce a un rito stanco: si vota un bilancio, si fa una foto di gruppo e ci si dà appuntamento alla prossima catastrofe.
Nel frattempo, ai cittadini restano i secchi in sala operatoria e i soffitti che crollano.
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