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Cronaca

Ospedali di Ivrea e Chivasso allo sfascio: piove in sala operatoria, crollano i soffitti

Dal controsoffitto precipitato a Chivasso alle infiltrazioni d’acqua in sala operatoria a Ivrea: il Nursind denuncia anni di lavori fermi e la sanità piemontese cade a pezzi.

Ospedali di Ivrea e Chivasso allo sfascio: piove in sala operatoria, crollano i soffitti

Giuseppe Summa

Sedie divelte, prese elettriche arrugginite, muri che si sgretolano. È la fotografia quotidiana degli ospedali dell’Asl To4, una delle più grandi del Piemonte. Ma nelle ultime settimane la situazione ha superato la soglia del tollerabile: pochi giorni fa all’ospedale di Chivasso è crollato il controsoffitto nella sala d’attesa della terapia intensiva. Da mesi, a Ivrea, quando piove l’acqua si infiltra direttamente dentro la sala operatoria, costringendo medici e infermieri a lavorare con secchi e teli chirurgici stesi a terra. Due fatti simbolici, che raccontano più di mille parole lo stato di abbandono in cui versano gli edifici.

A raccogliere e formalizzare la denuncia è il Nursind, il sindacato delle professioni infermieristiche, con un comunicato firmato dal responsabile territoriale Giuseppe Summa e indirizzato al direttore generale Luigi Vercellino.

Non un gesto isolato, ma un documento che elenca punto per punto criticità e ritardi, chiedendo una mappatura completa delle emergenze e un cronoprogramma dei lavori.

Le parole di Summa sono taglienti.

«Ad oggi non abbiamo alcuna garanzia sull’inizio dei lavori, né sul trasferimento dei pazienti», scrive a proposito della ristrutturazione della Dialisi di Ivrea. Una vicenda che si trascina da anni, costringendo malati cronici a trasferte a Castellamonte o a ricoveri improvvisati al quarto piano della Medicina.

Non solo. Sul blocco operatorio di Ivrea, la denuncia è ancora più dura: «Si parlava di lavori ad agosto, ma ad oggi non sono mai partiti». Un paradosso che rende l’immagine dei secchi in sala operatoria non un’eccezione, ma la normalità.

«Il personale, ma anche i cittadini, meritano risposte certe in tempi brevi», insiste Summa. Il sindacato ricorda inoltre che da mesi attende un incontro con la Direzione, senza ricevere alcun riscontro. Un silenzio che pesa, soprattutto ora che l’inverno è alle porte e gli impianti di riscaldamento, già oggi, vengono definiti “critici e malfunzionanti”.

ivrea

Sala operatoria dell'Ospedale di Ivrea quando piove

controsoffitto

Qualche giorno fa all'ospedale di Chivasso

presa elettrica

calcinacci

lettera nursind

Nel frattempo, anche i lavori cosiddetti “Arcuri” sull’Oncologia restano a metà, creando disagi enormi a pazienti e personale. «Tutto ciò è inammissibile — scrive il Nursind — e non comprendiamo come non sia stato ancora preso in carico il problema».

Le responsabilità non possono fermarsi qui. Da un lato c’è un direttore generale, Vercellino, che appare incapace di governare l’azienda sanitaria. Dall’altro c’è un assessore regionale alla Sanità, Federico Riboldi, che moltiplica dichiarazioni e promesse senza che nulla cambi. È inaccettabile parlare di eccellenza sanitaria mentre nei corridoi crollano i soffitti e nei blocchi operatori piove.

Il quadro che emerge è di un sistema al collasso, dove alle parole non seguono mai i fatti. Una sanità che rischia di compromettere la sicurezza dei pazienti e di logorare definitivamente la fiducia dei cittadini.

«Vogliamo sapere se le risorse ci sono e se c’è l’autorizzazione a utilizzarle. In caso contrario, pretendiamo che venga detto apertamente». La voce degli infermieri suona come un ultimatum...

Piano Arcuri, quattro anni dopo: soldi spesi, posti letto fantasma

Tutto chiaro? Beh, mica tanto. Perché il riferimento è al Piano Arcuri, quello varato nel 2020 dall’allora commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 Domenico Arcuri, un’operazione straordinaria per potenziare la sanità pubblica. L’obiettivo era chiaro: rafforzare terapie intensive e semintensive, così da evitare il collasso del sistema sanitario in caso di nuove ondate pandemiche. Gli interventi erano “urgenti”, da completare entro il 2022, e finanziati dal governo attraverso il DL Rilancio (Decreto Legge 34/2020).

Nel caso dell’Asl To4, i numeri sulla carta sembravano importanti: 4,2 milioni di euro per aumentare i posti letto di terapia intensiva da 19 a 32. Dieci in più a Chivasso, due a Ciriè, uno a Ivrea. A questi si sarebbero dovuti aggiungere 18 letti di semintensiva, sei per ciascun ospedale, metà dei quali riconvertibili in intensiva.

Oggi, però, il quadro reale è molto diverso. Si sono inaugurati quattro letti di semintensiva a Ciriè – risultato positivo, certo – ma dei posti in intensiva non c’è traccia. A Ivrea, nel giugno 2023, con un investimento di due milioni di euro (di cui 1,1 milioni provenienti dal piano Arcuri), sono stati attivati appena due posti di semintensiva e un solo letto in più di intensiva, portando il totale a otto. A Chivasso, invece, ci si è fermati a tre letti di semintensiva, ben lontani dai dieci di terapia intensiva che avrebbero dovuto vedere la luce.

Altro che piano straordinario: più che un rilancio, quello che si vede oggi sembra un “pian dij babi”, un piano da osteria, fatto di briciole rispetto alle promesse iniziali.

E i fondi? Qui la storia si fa ancora più nebulosa. A Ciriè erano stati stanziati 2,5 milioni di euro per l’adeguamento degli impianti tecnologici, antincendio e di sicurezza nei luoghi di lavoro. A Ivrea altri 1,5 milioni per il rifacimento dei montanti elettrici. A Chivasso, infine, la cifra record: 5 milioni e 928 mila euro per la ristrutturazione del vecchio ospedale, con un cronoprogramma che, almeno sulla carta, avrebbe dovuto chiudersi entro il 2025.

La realtà è che i posti letto mancanti sono più dei nuovi, i cantieri aperti più dei conclusi, e le promesse si sono trasformate nell’ennesimo paradosso della sanità piemontese: grandi numeri sbandierati, piccoli risultati raggiunti.

Conferenza dei sindaci: il club delle pacche sulle spalle

Crolla un controsoffitto nella sala d’attesa della terapia intensiva a Chivasso, piove nelle sale operatorie di Ivrea, la Dialisi è ferma da anni, l’Oncologia bloccata in un cantiere infinito, i muri si sbriciolano e le prese della corrente arrugginiscono. Uno scenario da terzo mondo? No, siamo nella civilissima Piemonte del 2025, nell’Asl To4 diretta da Luigi Vercellino.

Ora, fosse solo un problema di manager, potremmo liquidarlo con la solita frase: cambiate il direttore generale. Ma qui c’è di più. C’è la politica, quella con la “p” minuscola, che non fa nemmeno lo sforzo di fingere. Perché ogni Asl ha la sua “parte politica”: la Conferenza dei sindaci, che dovrebbe rappresentare i cittadini e vigilare sulla gestione sanitaria. Nel nostro caso la presiede Matteo Chiantore, sindaco di Ivrea. E sapete cosa fa questa Conferenza? Si riunisce due volte l’anno per dire sì ai bilanci, per applaudire i risultati raggiunti che solitamente fan sorridere ma danno il via libere a cospicui premi di rendimento ai direttori, infine, scambiarsi pacche sulle spalle. Fine.

Mentre i soffitti crollano, i sindaci tacciono. Mentre i reparti cadono a pezzi, i sindaci tacciono. Mentre il personale sanitario denuncia che mancano perfino gli impianti di riscaldamento funzionanti in vista dell’inverno, i sindaci tacciono. E quando finalmente si riuniscono, non per affrontare queste emergenze, ma per ratificare i numeri di bilancio, sembrano un club dopolavoristico più che un organo politico.

Il paradosso è lampante: gli infermieri del Nursind devono scrivere lettere per chiedere un cronoprogramma dei lavori, mentre i sindaci – che avrebbero il dovere politico di alzare la voce – si limitano ad osservare. Non un documento di denuncia, non una richiesta urgente, non un atto di coraggio. Nulla. Solo silenzio, sorrisi e stretta di mano.

Così funziona il teatrino della sanità piemontese. Vercellino dirige un’azienda sanitaria che non dirige. L’assessore regionale Federico Riboldi annuncia piani, progetti e investimenti che evaporano nel nulla. E i sindaci? Fanno tappezzeria. Non disturbano mai, non pretendono mai, non protestano mai. D’altronde, è più comodo far finta di niente che assumersi la responsabilità di sfidare il potere regionale o il direttore di un'Asl.

Il risultato? Gli ospedali cadono a pezzi, i cittadini si curano tra infiltrazioni e controsoffitti pericolanti, e i sindaci continuano a giocare alla Conferenza come fosse il club delle bocce: una pacca a te, una pacca a me, un brindisi ai bilanci approvati e arrivederci alla prossima farsa.

E allora la domanda è inevitabile: chi rappresenta i cittadini dell’Asl To4? Non certo Vercellino, non certo Riboldi, e di sicuro non quella Conferenza dei sindaci che ha abdicato al suo ruolo. Una volta la politica era fatta di responsabilità, oggi si riduce a un rito stanco: si vota un bilancio, si fa una foto di gruppo e ci si dà appuntamento alla prossima catastrofe.

Nel frattempo, ai cittadini restano i secchi in sala operatoria e i soffitti che crollano.

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