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22 Settembre 2025 - 10:32
Juri Bressanello
C’è un’immagine che racconta meglio di qualsiasi medaglia il senso di questa storia. È quella di un bambino che guarda il cielo da Andrate, gli occhi puntati verso l’alto, una radio in mano, la voce del padre che arriva dall’etere e lo guida fino all’atterraggio. Poi tutti insieme a rincorrerlo in un prato, e infine un gelato mangiato in famiglia, con il cuore gonfio di felicità. Quel bambino oggi si chiama Juri Bressanello e ha portato a casa un sogno che sembra uscito da un romanzo: la vittoria dell’ottavo titolo mondiale consecutivo della Nazionale italiana di deltaplano, conquistato ad Áger, in Spagna.
È la prima volta che l’ASD Le Ratevuloire di Ivrea, un club minuscolo ma ricco di passione, vede un suo socio entrare nella leggenda dello sport. E per il presidente Paolo Borga non potrebbe esserci soddisfazione più grande: «Siamo orgogliosi. Juri non rappresenta solo un pilota, ma l’essenza stessa della nostra associazione: l’umiltà, la determinazione e l’amore per il volo. Questo titolo appartiene anche al Canavese e al Biellese, a tutti quelli che hanno creduto in noi quando eravamo soltanto un gruppo di appassionati con gli occhi al cielo».
La storia di Le Ratevuloire è un viaggio che parte da lontano. Negli anni Settanta, quando Enzo Boschi, detto “il Baffo”, iniziava a sperimentare materiali, a studiare le correnti, a immaginare che l’uomo potesse librarsi nell’aria con ali leggere e nuove. Un tempo pionieristico, fatto di testate rudimentali e di esperimenti azzardati, ma anche di sogni più forti della gravità. Quella scintilla non si è mai spenta: dal 1970 a oggi, l’associazione ha custodito la cultura del volo libero, difendendo siti di decollo e atterraggio, organizzando manifestazioni e alimentando la passione di chi voleva provare almeno una volta l’ebbrezza di volare senza motore.
In questo humus, tra Canavese e Biellese, è cresciuto Bressanello. E quando racconta la sua infanzia non parla di allenamenti o di tecnica, ma di emozioni.
«I miei ricordi più nitidi sono legati a mio padre. Lo vedevo decollare, sparire nel cielo e diventare libero. Noi lo seguivamo con la radio, lo aspettavamo a terra, e poi andavamo a mangiare il gelato. Era il mio mondo, ed è stato il mio destino».
Quel destino oggi si chiama medaglia d’oro. Eppure il cammino non è stato privo di ostacoli. Il debutto in azzurro, al mondiale di Áger, è stato un turbinio di emozioni. «Era la mia prima volta, sentivo tutta la pressione addosso. Paura, dubbi, ansia da prestazione. Ma poi ho trovato nella squadra un gruppo di amici straordinari. Il CT Flavio Tebaldi ha sempre insistito sulla coesione: volare insieme, analizzare insieme, mangiare insieme. È stato questo a farci vincere».
Il segreto, insomma, non è la tecnica. Non è neppure il talento individuale. È la somma di tanti piccoli dettagli, di un gruppo che si sostiene a vicenda e che riesce a trasformare la paura in forza. Un insegnamento che Juri si porta dietro anche fuori dalle gare, nella sua vita privata di padre. «I miei ragazzi sono i miei primi tifosi. Mi chiedono sempre dei risultati, mi incoraggiano, e quando qualcosa va storto sanno rialzarmi. A loro insegno che nulla è impossibile: il successo è la somma di piccoli sforzi ripetuti ogni giorno».
Dietro l’entusiasmo, però, c’è anche una nota dolente. Il deltaplano, oggi, è uno sport che fatica a sopravvivere.
«Pochi giovani si avvicinano, le scuole scarseggiano, la logistica è complessa e i costi non aiutano. È un peccato, perché il volo libero è un’esperienza che cambia la vita. Quando porto i passeggeri in biposto cerco di trasmettere sicurezza e libertà: a volte qualcuno si innamora, e allora capisci che non tutto è perduto».
Per questo il titolo mondiale non è solo una medaglia, ma un segnale. Dimostra che lo sport del volo libero può ancora accendere passioni, può ancora unire comunità, può ancora ispirare nuove generazioni. E in questo l’ASD Le Ratevuloire ha un ruolo cruciale: difendere una tradizione, aprire porte ai giovani, custodire i segreti del vento. È una realtà che non ha mai avuto i riflettori puntati addosso, ma che ha sempre lavorato con costanza, con la forza dei volontari, con il sogno che anche un piccolo club possa produrre grandi storie.
Oggi quella storia è scritta nel cielo sopra la Spagna, nelle ali colorate che hanno reso l’Italia ancora una volta imbattibile. Ma è scritta anche nelle colline del Canavese, dove un prato diventa pista di decollo, dove una famiglia corre a recuperare il padre dopo un volo, dove un’associazione nata più di cinquant’anni fa continua a dimostrare che la grandezza non è una questione di numeri, ma di passione.
E mentre Juri sorride ai suoi tre ragazzi, raccontando loro di un mondiale che porterà nel cuore per sempre, resta la certezza che da Ivrea, da un piccolo club che si chiama Le Ratevuloire, è partita una favola capace di arrivare fino al cielo.
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