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Ivrea sogna. Cento pagine di piste ciclabili immaginarie

Presentato il Piano di Mobilità Sostenibile: visioni europee, autobus vuoti e promesse a lungo termine, mentre i cittadini fanno slalom tra buche e marciapiedi

Ivrea sogna. Cento pagine di piste ciclabili immaginarie

Ivrea sogna. Cento pagine di piste ciclabili immaginarie

Venerdì scorso, ai giardini del Castellazzo si è alzato il sipario sul nuovo Piano di Mobilità Sostenibile del Comune di Ivrea. Un tomo monumentale: cento pagine più altre cento, a breve disponibili online. L’autore del malloppazzo è il Mobility Manager Paolo Ruffino, che per l’occasione ha presentato anche lo studio dal titolo altrettanto solenne: “Il termometro della mobilità sostenibile eporediese”.

Ad accompagnarlo c’era il sindaco Matteo Chiantore, l’assessore alla Viabilità Francesco Comotto, la vicesindaca e assessora alla Sostenibilità Ambientale Patrizia Dal Santo, l’assessora al Commercio Gabriella Colosso e Mario Bellinzona dell’associazione LAQUP aps.

patrizia dal santo

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E di cosa si è parlato? Della città dei sogni. Quella europea, sostenibile, con 60 chilometri di piste ciclabili su 160, quando oggi ce ne sono appena cinque malandati. La città con uomini e donne che pedalano felici, con meno auto, più parcheggi e aria pulita.

Un piano che somiglia ai progetti per l’eliminazione delle barriere architettoniche: da tenere lì, davanti agli occhi, a ricordarci ogni giorno ciò che si dovrebbe fare ma mancano i soldi...

“Non è un punto di arrivo – ha detto l’assessore Comotto – ma un punto di partenza, a breve, medio e lungo termine…”. Insomma: la solita visione, peraltro "visionata" insieme ai sindaci dell’area vasta. Uno strumento per i tecnici di domani, mentre i cittadini di oggi inciampano sui marciapiedi sconnessi.

Comotto ha rivendicato qualche passo avanti (“La nuova piazzetta davanti alla scuola Fiorano”) e un progetto (“la nuova viabilità a Torre Balfredo e a San Bernardo”).

Il sindaco Chiantore ci ha messo fantasia: una ciclopista sul Lungodora al posto di una delle due carreggiate, una Ztl al Borghetto, perfino il senso unico nell’anello dei laghi per ricavarne una corsia pedonale e ciclabile.

Il Mobility Manager ha tirato fuori i numeri: 112 mila spostamenti in un giorno, di cui 78 mila in auto. Venti mila sotto il chilometro, 23 mila tra uno e tre chilometri. Spostamenti ridicoli che intasano le strade. La soluzione? Convincere la gente a muoversi a piedi, in bici o a salire sugli autobus.

Peccato che, come ha detto una signora dal pubblico, “a me viene male vedere che sono sempre vuoti”. Lo sa anche il sindaco, che ha puntato il dito contro un sistema ormai screditato dai disservizi di questi ultimi anni. E poi fermate senza informazioni, paline mute, orari che nessuno capisce, fogli A4 appesi con lo scotch. “Al prossimo rinnovo di contratto chiederò un cambio di passo”, ha promesso.

Tra gli obiettivi da “perseguire”, quello di spostare gran parte del traffico dalla circonvallazione al terzo ponte, obbligando le auto a deviare su via Jervis. Facile a dirsi. Nella realtà resta la città che conosciamo: buche, strade ammalate, marciapiedi disastrati. Una città che invecchia, con problemi di deambulazione che aumentano con gli anni e che rendono il camminare un’impresa titanica se il piano strada non è sufficientemente liscio. Più anziani meno bici... 

Lo sottolinea, senza mezzi termini, anche un ingegnere seduto tra il pubblico. Dice di aver scritto a Comotto senza ricevere risposta: “Molti problemi sono risolvibili facilmente”. Il sindaco ha promesso di incontrarlo nei prossimi giorni. Forse. Intanto, mentre si continua a parlare di piste ciclabili immaginarie e sogni europei, i cittadini restano a fare i conti con le crepe, le buche e i marciapiedi di sempre.

Al termine della conferenza il concerto di Daby Touré in carne, ossa e chitarra. Fine delle visioni... Spazio alla musica

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