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Ivrea cerca idee per il commercio tra bagni pubblici inesistenti, turisti allo sbando e quel mercato della Crocetta che "non piace"

Alla riunione convocata dall’assessora Gabriella Colosso per il bando regionale dei Distretti del Commercio si torna a parlare di servizi igienici mancanti, musei chiusi e carenza di accoglienza turistici

Ivrea cerca idee per il commercio tra bagni pubblici inesistenti, turisti allo sbando e quel mercato della Crocetta che "non piace"

Ivrea cerca idee per il commercio tra bagni pubblici inesistenti, turisti allo sbando e quel mercato della Crocetta che "non piace"

Santa Marta di Ivrea come cornice di una serata che, nelle intenzioni dell’assessora al commercio Gabriella Colosso, avrebbe dovuto essere un laboratorio di idee, un confronto aperto con commercianti e associazioni di categoria per costruire insieme la candidatura della città al bando regionale per i Distretti del Commercio. Un’occasione non da poco, perché la Regione Piemonte ha messo a disposizione contributi importanti: fino a 250 mila euro per ogni distretto per progetti di investimento, con una copertura dell’80% della spesa ammessa, e altri 40.300 euro per le spese correnti, sempre con la stessa percentuale di contributo. Un bando competitivo, con scadenza fissata al 7 ottobre 2025 che può rappresentare un’opportunità concreta per ridare ossigeno e prospettiva al tessuto commerciale cittadino.

Al fianco di Colosso erano seduti Monica Bergantin per Ascom, Nicolò Gagliardo per Confesercenti. Tra il pubblico il presidente della commissione consiliare commercio Massimiliano De Stefano e la presidente di Ascom Luisa Marchelli.

Il dibattito si è subito arricchito di proposte. Molti interventi hanno rievocato questioni già viste, problemi cronici che a Ivrea sembrano ripresentarsi a ogni incontro pubblico: più telecamere di videosorveglianza, più illuminazione, più pulizia nelle strade. E, a sorpresa, anche una richiesta quasi ossessiva: di disseminare la città di panchine, tante panchine, in piazze e vie.

Se però panchine e telecamere sembrano soluzioni di immediata applicazione, il nodo più grave sollevato dai commercianti è quello dei servizi igienici, che a Ivrea semplicemente non ci sono.

“Entrano nei negozi e chiedono di poter usare il bagno, perfino in panetteria” ha raccontato una commerciante, mettendo a nudo un problema che riguarda sia i residenti sia i turisti.

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E proprio sul turismo la discussione si è, di fatto, arrotolata: a luglio, hanno ricordato in molti, la città era piena di visitatori, ma trovare un bar o un ristorante aperto era un’impresa.

S'aggiungono le mappe della città introvabili, il Museo Garda chiuso, il Castello inaccessibile nei festivi, il Museo Tecnologicamente serrato. Di aperto ci sarebbe stato solo il Duomo, dalle 9 alle 17ma nessuno ne era al corrente.

C'è chi fotografa la situazione con un giudizio lapidario: “Da uno a dieci quanto è accogliente Ivrea? Ve lo dico io… Zero”.

A rendere l’immagine ancora più desolante, l’esperienza di un gruppo di turisti irlandesi che, dopo essere riusciti ad accedere al Museo Tecnologicamente, hanno scoperto che non era disponibile neppure una brochure in lingua inglese.

Per una città che aspira a inserirsi nei circuiti turistici internazionali, un dettaglio che sa di paradosso.

Non meno grave, la constatazione che mancano cartelli e indicazioni: un visitatore non trova riferimenti, non sa come muoversi, non ha strumenti per orientarsi. A peggiorare il quadro, la “botta” della chiusura del Museo del Carnevale, vissuta come una ferita collettiva da chi lavora nel commercio e vedeva in quella istituzione un tassello fondamentale dell’identità eporediese.

L’assessora Colosso, taccuino alla mano, ha ascoltato e preso nota, ma non ha mancato di rivendicare che qualcosa già si muove. Ha ricordato che la nuova cartellonistica è in fase di progettazione, che nel bando vorrebbe inserire i cestini per la raccolta delle deiezioni canine dotati di sacchetti e i posaceneri per rendere più decorose le strade. E ha annunciato che piazza Ottinetti sarà abbellita con nuove tende ispirate a quelle eleganti di piazza San Carlo a Torino. Una scelta di immagine, certo, che però rischia di essere poco incisiva se non accompagnata da politiche strutturali.

A questo si è aggiunto il richiamo di un cittadino: “Poi però bisogna dare la caccia ai maleducati e multarli quando li si trova in giro senza sacchetti”. Segno che la questione del decoro urbano, tra rifiuti e comportamenti incivili, è molto sentita.

Anche il presidente di commissione Massimiliano De Stefano ha dato un contributo, proponendo l’introduzione della filodiffusione nelle vie commerciali il sabato pomeriggio e durante particolari occasioni come le festività natalizie. "A Chivasso c'è..." ha sottolineato. Sempre lui ha sottolineato la necessità di una maggiore attività di promozione della città al di fuori di Ivrea, per farla conoscere e renderla attrattiva a un pubblico più ampio. Un’idea che ha incontrato il favore di diversi presenti, consapevoli che senza una regia sulla comunicazione l’immagine di Ivrea rischia di rimanere opaca.

In chiusura, Colosso ha raccontato il Natale che verrà. Ha annunciato una grande festa per l’accensione delle luminarie e l’arrivo di cinque nuove casette in legno, che si aggiungeranno a quelle già disponibili, per allestire un villaggio di Natale diffuso: parte in piazza di Città, parte in corso Cavour, parte al Borghetto. Una promessa di atmosfera e luci che, nelle intenzioni dell’assessora, dovrebbe ridare centralità al commercio cittadino almeno nel periodo festivo.

Eppure, al termine dell’incontro, resta la sensazione che Ivrea sia ancora lontana da una visione d’insieme. Le richieste dei commercianti sono state tante, spesso ripetitive, talvolta legate a emergenze quotidiane più che a un progetto strategico.

Il bando regionale chiede piani organici, capaci di coniugare innovazione digitale, transizione ecologica, rigenerazione urbana e valorizzazione degli spazi. Le idee emerse, dai cestini alle panchine rischiano di apparire come interventi puntuali e frammentati, insufficienti a colmare i vuoti strutturali: l’assenza di servizi igienici, la chiusura dei musei, la mancanza di segnaletica, la scarsa accoglienza per i turisti.

La sfida è trasformare l’elenco dei desideri in un progetto credibile, competitivo e coerente con le linee guida regionali. Mancano poche settimane alla scadenza e Ivrea dovrà decidere se puntare davvero a un rilancio o limitarsi a rincorrere soluzioni tampone. Perché, come hanno ricordato con amarezza i commercianti, la città può avere il villaggio di Natale più suggestivo del Piemonte, ma se a luglio i turisti non trovano un bar aperto né un museo visitabile, sarà difficile convincerli a tornare.

E poi c'è dell'altro. E c'è una polemica che covava di sottofondo ma nessuno ha avuto il coraggio di dire apertamente.  Il dito è puntato sul "mercato della crocetta" organizzato in città a ridosso delle festività natalizie e dei saldi. Insomma non è certo questo un modo per aiutare il commercio in città che già deve lottare quotidianamente contro le vendite online e gli outlet...

Da uno a dieci

A Ivrea, dicono, non c’è mai niente. I turisti arrivano e trovano i musei chiusi, i bar serrati, i ristoranti con la saracinesca abbassata, i cartelli inesistenti. Entrano nelle panetterie per chiedere di andare in bagno, escono senza un’informazione in inglese. Tutto vero. Ma è vero anche che qualcosa si muove, e che non è più la città che piange perchè Adriano non c'è più.

Perché c’è lo Sbam, che organizza eventi e comincia a riempire le piazze di voci nuove. Perché il Castello, che fino a all'altro ieri era solo una foto da cartolina, adesso, ogni tanto, apre le porte.Non è abbastanza, certo. Ma prima era mai. Perchè nel 2023 non c'era un villaggio di Natale, nel 2024 sì e nel 2025 sarà più grande, magari con "artigiani" veri. E c’è un Visitor Center che resta aperto tutto l’anno: non sarà la soluzione definitiva, ma è già una rivoluzione per una città che ha passato decenni a specchiarsi nel proprio passato di "quando c'era lui, cara lei..."...

I bar e i ristoranti, dicono, chiudono. Non aprono la domenica, non servono i turisti di luglio. Forse oggi. Ma domani? Perché il turismo, quando arriverà davvero – e arriverà, se è vero che c’è un mondo che ha voglia di Olivetti, di battaglia delle arance, di mattoni rossi e di storia industriale – il turismo sposterà anche i conti. E i conti spostano i comportamenti. I bar apriranno. I ristoranti pure. E se non lo faranno quelli di oggi, lo faranno altri: i giovani che ancora non lo sanno, quelli che hanno fiutato il momento, quelli che non ci hanno creduto prima ma ci crederanno dopo.

È questa la differenza tra le città che si raccontano e quelle che, pur tra mille stonature, sanno cogliere i segnali di una rinascita e cominciano a parlarne. I semi ci sono già. Sono ancora sparsi, disordinati, fragili. Ma sono lì. Sta a chi amministra annaffiarli. Sta a chi fa impresa credere che valga la pena. 

Perché l’accoglienza oggi sarà pure zero. Ma domani, tra due, forse 3 o 4 anni, se tutto va come deve, rischia di diventare dieci.

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