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Da piscina a discarica. Ora però arrivano gli spagnoli a salvare il sindaco Lo Russo

Sei anni di abbandono hanno trasformato la Sempione in rifugio di sbandati e pusher. Dopo promesse mai mantenute, il Comune si aggrappa al progetto del gruppo Supera per ridare vita al quartiere

Da piscina a discarica. Ora però arrivano gli spagnoli a salvare il sindaco Lo Russo

Il sindaco Stefano Lo Russo

Dopo anni di abbandono e promesse mai mantenute, la piscina Sempione di Barriera di Milano a Torino torna improvvisamente al centro dell’attenzione. Sei anni di silenzio hanno fatto precipitare l’area nel degrado più totale, trasformando quello che era un luogo di sport e socialità in una vera e propria discarica a cielo aperto: un edificio fatiscente, rifugio abituale di sbandati, tossicodipendenti e pusher. Un simbolo di incuria che i cittadini hanno imparato a guardare con rassegnazione, mentre dalle istituzioni arrivavano solo parole e nessun fatto.

Ora, a rompere questo immobilismo, ci pensa non il Comune ma un gruppo privato: la spagnola Supera, colosso che gestisce decine di impianti sportivi nella penisola iberica. La società ha messo sul tavolo un progetto concreto per trasformare via Gottardo in un polo polifunzionale dedicato allo sport e al benessere. Un intervento che prevede piscina coperta, piscina scoperta, corsi per bambini e disabili, campi da volley e basket, sale fitness e un’area benessere. Tutto, ovviamente, attraverso la formula del partenariato pubblico-privato: i privati investono, il Comune concede.

Supera non è nuova a operazioni di questo tipo: il suo primo sbarco in Italia avverrà a Reggio Emilia, con un investimento da 16 milioni di euro e una concessione di 40 anni. A Torino, invece, la proposta è appena arrivata agli uffici comunali che dovranno valutarla sotto il profilo tecnico ed economico. Una trafila burocratica che, se tutto filerà liscio, durerà mesi, forse fino a fine anno. Poi, se la giunta darà l’ok, si potrà passare alla progettazione e ai cantieri. Tradotto: per vedere riaperta la Sempione ci vorranno almeno un paio d’anni. Sempre che nel frattempo non si perda altro tempo.

Per Barriera di Milano, la riapertura della piscina non sarebbe solo una questione sportiva, ma un riscatto. Oggi quell’area è il biglietto da visita del degrado: un buco nero che pesa sulla sicurezza e sulla dignità del quartiere. Restituirle una funzione pubblica significherebbe chiudere una ferita aperta da troppo tempo e restituire alla comunità un luogo di aggregazione, soprattutto per giovani e famiglie.

Sul tema ha provato a metterci la faccia il sindaco Stefano Lo Russo, che ha parlato di «luoghi che rappresentano presidi di socialità e aggregazione», spiegando che «restituirli ai cittadini significa investire nel benessere delle persone, nella sicurezza dei quartieri e nelle opportunità per i giovani e le famiglie». Parole giuste, certo, ma che suonano come l’ennesima promessa da aggiungere a una lunga lista di dichiarazioni senza seguito.

Lo Russo ha insistito anche sul valore del partenariato pubblico-privato, definendolo «uno strumento che permette di unire le forze, valorizzare spazi strategici e generare benefici concreti per la comunità». Ma la realtà è che senza l’intervento di un colosso straniero come Supera, la piscina Sempione sarebbe rimasta ancora a marcire, tra erbacce e siringhe.

Gli abitanti, intanto, non dimenticano i sei anni di attese e di promesse tradite. Ed è difficile chiedere loro di avere ancora pazienza. Perché di parole e progetti su carta ne hanno sentiti fin troppi: quello che manca, da troppo tempo, sono i fatti.

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