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18 Settembre 2025 - 11:19
Cristina Seymandi (profilo Facebook)
Cristina Seymandi è tornata a parlare, e questa volta lo ha fatto con un’intervista a La Stampa che sta già facendo discutere, perché mette sul tavolo un’ipotesi concreta: la sua candidatura a sindaca di Torino. «Se me lo chiedono, sono pronta a fare la sindaca», ha detto senza esitazioni. Parole nette, che segnano la volontà di trasformare la sua esperienza e le reti civiche costruite negli ultimi anni in un progetto politico autonomo. Non si tratta di un improvviso scatto d’orgoglio, ma di un percorso che la Seymandi rivendica come coerente, fatto di impegno nelle istituzioni e nelle periferie. Oggi è consulente della Commissione parlamentare per le periferie, e insiste sul fatto che la sua proposta nasce da un noi, non da un io: «Sto lavorando, non ho mai smesso, con i comitati di quartiere, ormai diventati quaranta. Siamo noi, come coordinamento civico, a portare avanti un progetto».
Questa rivendicazione di collettività è la cifra che vuole opporre a un modello di politica verticistica, incarnato dal sindaco uscente Stefano Lo Russo, cui rimprovera di aver perso il contatto con la città. Nessuna tessera di partito, nessuna casella precisa nello schema delle alleanze: la Seymandi si colloca in un centro civico, che definisce moderato e inclusivo, capace di dialogare con tutti ma senza dipendere da nessuno. «Noi partiamo dal programma. Se ci saranno convergenze, ci apriremo al dialogo. Ma non siamo alle dipendenze di un partito». Una posizione che le permette di tenere il piede in più scarpe: dialogare con il M5S se ci saranno contenuti condivisi, rivendicare la sua appartenenza a L’Italia c’è — associazione moderata affiliata a Forza Italia, ma non fusa — e non escludere convergenze con il centrodestra liberale.
In realtà, la storia politica di Cristina Seymandi è già un intreccio di esperienze diverse. Era nello staff della sindaca Chiara Appendino, e da quell’esperienza porta con sé sia il riconoscimento per aver potuto lavorare sulle periferie sia l’amarezza per i contrasti interni: «Riconosco al M5S di avermi dato la possibilità di lavorare al mio progetto sulle periferie. Ma non nascondo l’amarezza per come mi hanno trattata, venendomi contro per questioni personali e di visibilità». Poi è arrivata la candidatura con Torino Bellissima a sostegno di Paolo Damilano, dove ottenne 318 preferenze, troppo poche per entrare in consiglio ma sufficienti a lasciarla nel circuito delle aspiranti protagoniste. Negli ultimi anni, l’abbiamo vista comparire anche ad appuntamenti della destra, come la kermesse di Fratelli d’Italia Atreju, e al convegno di Forza Italia al MAUTO, due presenze che hanno alimentato voci su un suo avvicinamento a quell’area. Dagospia l’ha perfino data come possibile candidata per la Lega alle europee, un’ipotesi mai confermata ma indicativa del fatto che i partiti la osservano con attenzione.
Oggi Seymandi prova a svincolarsi dalle etichette, parlando di un progetto civico che verrà annunciato a breve. I primi tre punti li ha già elencati: sicurezza, rigenerazione urbana e commercio. Tre parole chiave che toccano direttamente la vita quotidiana di una Torino che si sente sempre più trascurata. La sicurezza che significa presidio e prevenzione, la rigenerazione che vuol dire rimettere mano ai quartieri dimenticati, il commercio come volano per ridare ossigeno a un tessuto economico in difficoltà. Non a caso, le sue parole rievocano la prima discesa in campo dei grillini, quando intercettarono gli scontenti delle periferie. Lei stessa ricorda quel periodo: «Quando lavoravo nella giunta Appendino mi assalivano, non erano abituati a essere considerati». È la stessa fascia di popolazione che oggi, probabilmente, cerca di conquistare con un linguaggio che mette al centro la partecipazione.
Ma Cristina Seymandi non è solo politica. Negli ultimi anni la sua figura è stata travolta anche dalla cronaca rosa, con il clamoroso video in cui l’ex compagno, l’imprenditore Massimo Segre, annunciava pubblicamente la rottura poco prima delle nozze. Un episodio che ha fatto il giro del Paese e che avrebbe potuto relegarla alla caricatura. Lei invece ha scelto di rovesciare la narrazione, trasformandola in battaglia civile contro l’odio online, le diffamazioni e gli insulti sessisti. Ha avviato azioni legali e il gip di Torino ha ordinato alla Procura di proseguire le indagini: «gli insulti sessisti vanno perseguiti». Anche questo è diventato un pezzo della sua proposta politica: non solo periferie e quartieri, ma anche diritti e cultura del rispetto.
In questo percorso si inserisce anche il suo libro, “Antifragile si diventa”, edito da Cairo, che Seymandi sta portando in giro per l’Italia con una serie di presentazioni che uniscono riflessione personale e impegno civile. Questa sera parteciperà un intermeeting dei Lions Club di Pino Torinese, Venaria Reale La Mandria e Torino Sabauda, oltre a incontri a Salerno e a Varese con lo scrittore Emiliano Bezzon. A ottobre il libro approderà al Circolo dei Lettori di Torino, insieme ad Adele Piazza e Augusto Grandi, e seguiranno altre tappe a Piacenza, Alessandria, Milano e Roma. Un tour che diventa l’occasione per diffondere un messaggio positivo legato alla parità di genere e al rispetto della libertà di tutti. È un tassello ulteriore della sua immagine pubblica: non solo politica e battaglia civica, ma anche impegno culturale, costruito con la stessa tenacia con cui rivendica di non arrendersi agli attacchi personali.
Nell’intervista a La Stampa, non a caso, rivendica il ruolo delle donne come motore di progresso: «Quando una società, sul ruolo della donna, raggiunge livelli di progresso, ne beneficiano tutti». Una frase che suona come un programma politico a sé, in una città dove le donne non hanno mai trovato spazio continuativo al vertice di Palazzo Civico. E con l’ironia che la contraddistingue, quando la giornalista Elisa Sola le ricorda che parole simili sono state pronunciate anche dalla ministra Eugenia Roccella, lei replica: «Allora vado a fare la ministra». Una battuta che rivela la sua capacità di mescolare serietà e leggerezza, politica e comunicazione, nel tentativo di non apparire mai ingessata.
Il quadro che ne emerge è quello di una figura divisiva, ma determinata. Una donna che non si rassegna al ruolo di comprimaria e che, tra cronaca rosa e cronaca politica, ha imparato a usare i riflettori a proprio vantaggio. Il rischio, per lei, è quello di restare intrappolata in una nebulosa civica che fatica a diventare struttura politica. Ma la possibilità, altrettanto concreta, è di intercettare quel malcontento diffuso che i partiti faticano a leggere. Torino, negli ultimi vent’anni, ha oscillato tra centrosinistra e 5 Stelle, tra promesse di rilancio e crisi di identità. Cristina Seymandi prova a inserirsi in questo vuoto, presentandosi come volto nuovo ma con un bagaglio di esperienza istituzionale, una rete di comitati e persino un libro che le consente di diffondere un messaggio culturale oltre che politico.
Non è ancora ufficiale che sarà lei la candidata. Lo ripete più volte: saranno i comitati a decidere. Ma il segnale politico, dopo questa intervista, è chiaro. Cristina Seymandi non è più soltanto un nome da rotocalco o un volto laterale della politica torinese: vuole essere protagonista, e punta dritta alle periferie come chiave per scalare Palazzo Civico. Resta da capire se riuscirà a trasformare i comitati in consenso elettorale, e se la sua scommessa di indipendenza dai partiti reggerà quando la campagna entrerà nel vivo. Per ora ha fatto la sua mossa: parlare a Torino e dirle che è pronta a guidarla.
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