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Ciak, si gira: Alessandro Borghi affronta il Monte Bianco nei panni di Walter Bonatti

Riprese al via tra Valle d’Aosta e Alto Adige: Borghi è Bonatti, nel 1961 sul Pilone Centrale del Frêney

Alessandro Borghi e, di sfondo, il  Pilone Centrale del Frêney

Alessandro Borghi e, di sfondo, il Pilone Centrale del Frêney

Un uomo, una parete di 800 metri, una tempesta che cambia i destini. Bianco, il nuovo film di Daniele Vicari, accende i motori oggi, 16 settembre, con Alessandro Borghi nei panni di Walter Bonatti: alpinista, esploratore, giornalista, divulgatore, e soprattutto volto di un coraggio che il cinema torna a interrogare. Dal primo scatto arrivato da Courmayeur — Borghi accanto al regista, ai piedi delle vette del Monte Bianco — si intuisce la promessa: una storia vera, aspra e luminosa, capace di parlare di limite, amicizia e sopravvivenza.

Le riprese si svolgono tra Valle d’Aosta e Alto Adige, seguendo il percorso della spedizione che nel 1961 affrontò il Pilone Centrale del Frêney, una delle sfide più estreme dell’alpinismo. Sei alpinisti, pareti di roccia oltre gli 800 metri, tre soli sopravvissuti: Bianco ricostruisce gli approcci ai Flambeaux fino ai piedi del Pilone Centrale, inseguendo fedelmente tappe e tensioni di quei giorni. La prima immagine dal set, scattata a Courmayeur, annuncia il tono dell’impresa: rispetto per la montagna e sguardo umano sui suoi protagonisti.

Borghi interpreta Walter Bonatti (1930-2011), leggenda dell’alpinismo mondiale. Il film, ambientato nel 1961, punta a restituire non solo l’epica della scalata, ma anche la dimensione psicologica di un gruppo sospeso tra vertigine e responsabilità. È un racconto di resistenza che si affida alla forza dei dettagli, dalle linee della via fino al peso delle scelte, e che ritrova nel silenzio della neve il suo contrappunto emotivo.

L'attore Alessandro Borghi



La scrittura nasce da una squadra di prim’ordine: Massimo Gaudioso, Francesca Manieri, Marco Albino Ferrari e lo stesso Daniele Vicari. Il film prende spunto da “Frêney 1961 - La tempesta sul Monte Bianco” di Ferrari, un classico della letteratura di montagna, e promette un equilibrio raro tra rigore storico e intensità narrativa. È qui che Bianco può fare la differenza: nella precisione con cui la memoria diventa cinema.

Accanto ad Alessandro Borghi, il cast riunisce Pierre Deladonchamps, Finnegan Oldfield, Marlon Joubert, Quentin Faure, Alessio Del Mastro e Jonas Bloquet. Scelte che suggeriscono un ensemble internazionale, chiamato a restituire dinamiche di cordata, fiducia e conflitto, centrali in ogni racconto d’alta quota.

Il percorso di Borghi continua anche sul fronte internazionale: sarà al Festival di Cannes 2025 con “Testa o Croce?”, diretto dagli italo-americani Alessio Rigo de Righi e Matteo Zoppis. Dopo “Re Granchio” (2021), il film — in concorso nella sezione Un Certain Regard — mescola atmosfere italiane e suggestioni western, seguendo Rosa (Nadia Tereszkiewicz), giovane donna che tra amori e inseguimenti sogna un’America autentica, lontana dai miti pubblicitari. Con Bianco, Borghi torna invece sul terreno delle sfide alla natura, già esplorato ne “Le otto montagne”: un territorio dove l’attore sembra trovare la misura giusta tra fisicità e introspezione.

Bianco si annuncia come un’opera fedele a una storia che merita di essere rimessa al centro, capace di unire il passo del reportage all’energia del cinema d’avventura. La mano di Vicari — regista di “Velocità massima” e “Diaz” — e la qualità delle fonti promettono un racconto che non banalizza la montagna né mitizza i suoi eroi, ma li ascolta: nelle loro paure, nelle loro scelte, nelle loro parole non dette. È lì che il film può trovare la sua verità.

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