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26 Agosto 2025 - 16:58
Bruno Bassano
A fine mese si chiuderà un capitolo importante della storia del Parco nazionale del Gran Paradiso. Bruno Bassano, direttore dell’Ente dal 2021, andrà in pensione dopo una carriera che si è intrecciata per oltre quattro decenni con la vita della più antica area protetta italiana. Un percorso che lo ha visto crescere professionalmente all’interno dell’organizzazione, ricoprendo ruoli diversi fino al vertice, e che ora si conclude con il riconoscimento unanime della comunità scientifica e istituzionale.
Entrato nell’organico del Parco 26 anni fa, Bassano ha lavorato prima come collaboratore tecnico, poi come ispettore sanitario e successivamente come responsabile del servizio biodiversità e ricerca scientifica. Nel 2021, il Ministero dell’Ambiente lo ha nominato direttore, incarico che ha affrontato unendo la competenza scientifica all’impegno gestionale. Parallelamente, ha affiancato alla sua attività professionale una ricca produzione di studi e ricerche, oltre a esperienze come docente in corsi di laurea e master universitari.
La sua formazione veterinaria ha sempre rappresentato un punto di forza. Lo stesso Bassano, nel salutare colleghi e collaboratori, ha sottolineato il legame personale con il Parco e con le sue persone: «Dopo anni passati a seguire la mia passione di veterinario, concludo la mia carriera come direttore – ha detto – un grazie speciale lo rivolgo a tutte quelle persone, del Corpo di Sorveglianza, al cui fianco ho trascorso momenti indimenticabili, pur nella fatica e nella tensione che sempre genera lavorare in alta montagna».
Un sentimento condiviso anche dal presidente dell’Ente, Mauro Durbano, che ha definito Bassano «il primo direttore moderno profondamente legato al territorio, con presenza costante e conoscenza delle sue dinamiche». Secondo Durbano, la sua eredità rappresenta un esempio da seguire, un punto di riferimento per il futuro del Parco, che dovrà garantire continuità all’azione svolta negli anni.
Mauro Durbano
Ma cosa significa oggi dirigere un parco nazionale come quello del Gran Paradiso? Per comprenderlo bisogna guardare al valore e alla storia di quest’area protetta, nata nel 1922 come riserva reale di caccia donata dallo Stato italiano. Con i suoi 71.000 ettari distribuiti tra Piemonte e Valle d’Aosta, il Gran Paradiso è stato il primo parco nazionale d’Italia e ancora oggi rappresenta un laboratorio naturale unico. Qui convivono ecosistemi alpini straordinari, foreste di larice e abete rosso, praterie d’alta quota, ghiacciai e valloni rocciosi. È soprattutto la casa dello stambecco, simbolo del parco, che proprio grazie a queste tutele ha evitato l’estinzione.
Il lavoro svolto in questi decenni ha consolidato il Parco come punto di riferimento per la ricerca scientifica internazionale. Le attività di monitoraggio sulla fauna alpina, sugli effetti del cambiamento climatico, sulla qualità dell’acqua e dell’aria hanno reso l’Ente un interlocutore autorevole a livello europeo. Bassano, con la sua formazione e la sua sensibilità di veterinario, ha contribuito a dare centralità alla dimensione sanitaria della fauna selvatica, rendendo più profondo lo sguardo sugli equilibri ecologici.
Ma il Gran Paradiso non è solo natura. È anche cultura, turismo sostenibile, vita di comunità. I paesi che sorgono ai piedi delle montagne – Ceresole Reale, Noasca, Rhêmes-Notre-Dame, Valsavarenche, Cogne – hanno trovato nel Parco un motore per sviluppare forme di accoglienza attente all’ambiente, legate all’escursionismo, all’alpinismo, al turismo naturalistico. Qui, ogni estate, migliaia di visitatori percorrono sentieri, osservano gli animali, partecipano a eventi culturali e scientifici. Un’esperienza che non si limita alla visita, ma che trasmette consapevolezza ambientale e rispetto per un patrimonio che non appartiene solo al presente, ma anche alle generazioni future.
L’uscita di scena di Bassano arriva in un momento delicato, in cui il Parco si trova ad affrontare sfide cruciali. Il cambiamento climatico ridisegna i paesaggi e mette in discussione la sopravvivenza dei ghiacciai, così come la tenuta degli ecosistemi alpini. Al tempo stesso, cresce la domanda di turismo naturalistico e di attività all’aria aperta, che richiede regole chiare per conciliare la tutela con la fruizione. In questo scenario, l’eredità lasciata dall’attuale direttore non è soltanto un insieme di progetti realizzati, ma una visione di gestione integrata che unisce scienza, territorio e comunità locali.
Il futuro del Gran Paradiso dipenderà dalla capacità di continuare su questa strada, mantenendo la delicatezza di un equilibrio che fa del Parco un patrimonio non solo nazionale ma internazionale. Perché se è vero che i direttori passano, resta la responsabilità collettiva di proteggere un luogo che da più di un secolo rappresenta la coscienza ecologica dell’Italia.
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