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15 Agosto 2025 - 22:15
Animali massacrati, finalmente lo Stato si sveglia: il Codice penale è cambiato
La politica italiana si sveglia nel 2025, con vent’anni di ritardo, e decide che gli animali non sono più “cose” né “proprietà” ma esseri viventi meritevoli di una tutela diretta. È questo il senso della Legge 6 giugno 2025, n. 82, pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 16 giugno e in vigore dal 1° luglio, che inserisce nel Codice penale il nuovo Titolo IX-bis intitolato “Dei delitti contro gli animali”. Non più, dunque, reati puniti in quanto offesa al “sentimento umano” di pietà o compassione, come avveniva fino a ieri, ma delitti contro gli animali in quanto tali. Una rivoluzione giuridica e culturale, arrivata tardi e a fatica, dopo decenni di battaglie delle associazioni, campagne mediatiche, petizioni e scandali finiti in prima pagina.
La riforma inasprisce in maniera significativa le pene. Uccidere un animale oggi significa rischiare da sei mesi a tre anni di reclusione e multe fino a 30.000 euro. Se poi la morte è provocata con sevizie o prolungando le sofferenze, la pena sale a un anno minimo e può arrivare a quattro, con una sanzione fino a 60.000 euro. Anche il maltrattamentoviene punito più severamente: sei mesi–due anni di carcere, un salto rispetto alle vecchie previsioni che lasciavano più margine di tolleranza. Chi organizza spettacoli o intrattenimenti con animali vietati paga multe tra 15.000 e 30.000 euro, mentre per i combattimenti clandestini tra cani o galli si passa a due–quattro anni di carcere. La responsabilità non riguarda più solo chi li organizza, ma anche chi vi partecipa, chi assiste, chi lucra in qualunque modo. E finalmente, dopo decenni di ambiguità, si mette nero su bianco che questi non sono “folklore” o “tradizione”, ma criminalità.
C’è poi la nuova fattispecie che punisce chi uccide o danneggia animali di proprietà altrui. L’articolo 638 prevede fino a quattro anni di carcere se a farne le spese sono tre o più animali appartenenti a un gregge o una mandria, oppure anche un solo bovino o equino. Una norma che colpisce al cuore episodi che, nelle campagne italiane, sono stati a lungo trattati come semplici “danni patrimoniali”. L’abbandono, piaga estiva, viene colpito con maggiore durezza: la multa minima sale da 1.000 a 5.000 euro. E non è un dettaglio: si vuole rendere davvero sconveniente quella vigliaccata che ogni anno riempie canili e cronache nere.
Ma la novità più importante forse non sono le pene più alte. È la nascita delle nuove aggravanti. L’articolo 544-septies stabilisce che se un maltrattamento o un’uccisione avviene davanti a un minore, oppure riguarda più animali, oppure viene immortalato e diffuso in rete, le pene salgono fino a un terzo in più. È un segnale diretto a chi oggi, nell’era dei social, usa le sevizie sugli animali come spettacolo virale. Il legislatore dice chiaramente che non è una “bravata da ragazzi”, ma un’aggravante che aumenta la responsabilità penale.
La legge affronta anche il problema delle misure cautelari. Fino a ieri, un animale sequestrato rischiava di restare mesi o anni chiuso in strutture fatiscenti, in attesa di una sentenza, o peggio di essere abbattuto. Ora si stabilisce che non potrà più essere soppresso o venduto prima della decisione definitiva, e che potrà essere affidato in via definitiva a enti e associazioni che ne garantiscano il benessere. È un passo di civiltà che restituisce un futuro a migliaia di animali altrimenti condannati.
La riforma ha un’altra portata storica: coinvolge le aziende. Con l’introduzione dell’articolo 25-undevicies nel decreto legislativo 231/2001, le persone giuridiche diventano responsabili dei reati contro gli animali. Non solo il singolo cittadino maltrattatore, ma anche società, allevamenti, imprese che sfruttano o maltrattano animali potranno essere colpite con multe pesanti, fino a 500 quote, e sanzioni interdittive come il divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione. È una svolta che tocca anche il business, che smette di essere un terreno intoccabile. E non manca il collegamento con la criminalità organizzata: le misure antimafia si applicheranno anche a chi abitualmente organizza spettacoli o combattimenti tra animali, riconoscendo ciò che in realtà si sapeva da tempo, e cioè che dietro i giri di scommesse clandestine sugli animali ci sono le stesse mani che gestiscono racket e droga.
Accanto a questo, ci sono regole che toccano la quotidianità. Viene vietato tenere animali di affezione legati con catene, salvo rare eccezioni di necessità. Sono previste multe da 500 a 5.000 euro. Si rafforzano le norme contro il traffico illecito di cuccioli e viene vietata la commercializzazione di pelli e pellicce di gatti domestici, un mercato oscuro che ancora resiste nei circuiti internazionali.
Tutto questo segna senza dubbio una svolta. Ma il ritardo con cui ci si arriva è imbarazzante. Mentre altri Paesi europei hanno da anni costituzionalizzato il principio degli animali come esseri senzienti, in Italia abbiamo continuato a discutere come se fossero un bene mobile qualsiasi. E le contraddizioni restano: da un lato pene severe per chi maltratta un cane, dall’altro silenzi assordanti sui milioni di animali negli allevamenti intensivi, sugli stabulari di ricerca, sulle pratiche quotidiane di sfruttamento legalizzato che continuano a infliggere sofferenze. Il vitello separato dalla madre dopo poche ore di vita non è forse maltrattamento, ma “routine industriale”.
Questa legge cambia il linguaggio, e non è poco. Parlare di “delitti contro gli animali” e non di offesa al “sentimento umano” è un salto culturale enorme. Ma non basta scrivere nuove parole nel Codice per diventare un Paese civile. Perché il rispetto non si misura solo nelle aule di tribunale: si misura nei comportamenti quotidiani, nella scelta di non comprare cuccioli da traffici illeciti, di non lasciare un cane in autostrada, di non considerare un gatto un accessorio da esibire su Instagram.
La Legge 82/2025 è un passo avanti, forse il più grande dal 2004. È una conquista di civiltà che dà finalmente voce a chi voce non ne ha. Ma guai a pensare che basti. Gli animali non hanno bisogno solo di nuove pene scritte sulla carta, hanno bisogno di una cultura che li consideri davvero esseri viventi e non oggetti. È questa la vera sfida che resta aperta. Insomma, bene la riforma, ma è solo l’inizio: arrivata con colpevole ritardo, e ancora lontana dall’essere la rivoluzione che servirebbe davvero.
Le novità della Legge 82/2025
Art. 544-bis – Uccisione di animali
Pena da 6 mesi a 3 anni di reclusione e multa 5.000–30.000 € (prima 4 mesi–2 anni).
Con sevizie o sofferenze prolungate: 1–4 anni e multa 10.000–60.000 €.
Art. 544-ter – Maltrattamento di animali
Reclusione da 6 mesi a 2 anni (inasprimento delle pene).
Art. 544-quater – Spettacoli vietati
Multa aumentata: 15.000–30.000 € (prima 3.000–15.000 €).
Art. 544-quinquies – Combattimenti tra animali
Reclusione 2–4 anni (prima 1–3 anni).
Responsabilità estesa anche a chi partecipa.
Art. 638 – Uccisione o danneggiamento di animali altrui
Reclusione 1–4 anni se uccisi/danneggiati 3 o più animali di gregge o mandria, o anche un solo bovino o equino.
Art. 727 – Abbandono di animali
Multa minima alzata da 1.000 a 5.000 € (massimo resta 10.000 €).
Art. 544-septies – Nuove aggravanti
Aumento di pena fino a 1/3 se:
• reato commesso davanti a minori,
• contro più animali,
• con diffusione di immagini/video online.
Affidamento degli animali sequestrati
Possibilità di affido definitivo a enti/associazioni; vietato abbattimento o alienazione prima della sentenza.
Responsabilità delle aziende (art. 25-undevicies D.lgs. 231/2001)
Sanzioni pecuniarie fino a 500 quote e interdittive fino a 2 anni.
Misure antimafia
Applicabili a chi organizza abitualmente spettacoli o combattimenti con animali.
Nuovi divieti
Vietato tenere animali di affezione legati con catene, salvo eccezioni temporanee.
Divieto di commercializzare pelli e pellicce di gatti domestici.
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