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La bocciofila canavesana chiude: trent’anni di lanci e comunità si fermano

Chiavi riconsegnate al Comune. Bando deserto, canone a 1.200 euro, impianto inagibile dopo l’alluvione di aprile.

San Benigno, la bocciofila chiude: trent’anni di lanci e comunità si fermano

Chi l’avrebbe immaginato che una storia di più di trent’anni potesse spegnersi così, nel silenzio di un bocciodromo vuoto?

La Bocciofila di San Benigno ha chiuso i battenti: da giovedì 31 luglio la Società Bocciofila Sanbenignese ha cessato ogni attività nel bocciodromo di viale Lombardore, riconsegnando le chiavi in Comune. Un epilogo amaro per un presidio sociale e sportivo che ha accompagnato, tra alti e bassi, la vita associativa del paese, soprattutto quella dei suoi membri più anziani.

La decisione, comunicata dalla presidente Gina Fiore, arriva dopo l’ultimo colloquio con l’ufficio tecnico comunale a metà luglio, preceduto da un incontro a inizio giugno. Non un fulmine a ciel sereno, ma l’ultimo atto di una vicenda che da mesi scivolava verso l’inevitabile. Nessuna finta, nessun ripensamento all’orizzonte: stavolta, dicono i fatti, è davvero la fine di un’epoca.

Il primo strappo risale a maggio: il bando con cui l’Amministrazione voleva assegnare la gestione dell’impianto sportivo adiacente al torrente Malone è andato deserto. La Bocciofila, che pure era l’utilizzatrice storica della struttura, non ha presentato domanda: le condizioni poste dal Comune sono state giudicate “irricevibili”. Nel frattempo la Società ha continuato a utilizzare il bocciodromo in virtù di un accordo siglato con l’Ente lo scorso dicembre, che permetteva la permanenza fino alla chiusura della procedura e alla designazione del nuovo gestore.

Tra i punti controversi del bando c’era il canone mensile da 1.200 euro. Una cifra significativa per un’associazione di base, che vive di tesserati, volontariato e piccole entrate. È lecito chiedersi: quanto può reggere un’associazione storica se i costi di gestione superano la soglia di sostenibilità? La scelta della Bocciofila di non partecipare al bando, al netto delle sue ragioni, ha però contribuito al “vuoto” gestionale che oggi si traduce in serrande abbassate.

Come se non bastasse, sono emersi problemi di inagibilità, aggravati dall’alluvione di aprile. Un impianto sportivo non è solo corsie e pallini: è manutenzione, sicurezza, agibilità. L’evento meteo ha colpito duro e, senza una cornice di gestione chiara, intervenire è diventato complicato. Il risultato? Un circolo che perde la sua casa proprio quando avrebbe avuto bisogno di maggior cura.

Di fronte a una situazione sempre più ambigua, il direttivo della Società ha chiesto al Comune indicazioni precise su come “comportarsi”. Secondo quanto riferito, quelle risposte non sono mai arrivate. È qui che si consuma la frattura definitiva: quando le istituzioni e il tessuto associativo non si parlano con chiarezza, il rischio è che a rimetterci siano i cittadini, non solo gli appassionati di bocce.

Resta un bocciodromo su viale Lombardore, vuoto. Resta il rammarico per un luogo di incontro che chiude, specialmente per chi lì aveva un appuntamento fisso con gli amici e con il tempo libero. Resta una comunità che ha perso un punto di riferimento. E resta, infine, una domanda: basterà riproporre un bando per riaccendere le luci, oppure servirà un ripensamento più ampio su condizioni economiche, manutenzioni e ruoli di responsabilità?

Se la Bocciofila ha preso la sua decisione “definitiva”, il pallino passa ora alle istituzioni: trasparenza, tempi rapidi e proposte sostenibili saranno le parole chiave per evitare che la fine di questa storia diventi l’inizio di un lungo abbandono.

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