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05 Agosto 2025 - 21:42
Il Ministro Schillaci
Nessuna tensione tra i ministri Orazio Schillaci e Carlo Nordio, ma lo scudo penale per i medici si ferma. Un rinvio deciso dal Consiglio dei Ministri che ha provocato sgomento e una profonda delusione tra i camici bianchi. Il provvedimento, fortemente voluto dai titolari della Salute e della Giustizia, mirava a garantire una tutela giuridica stabile a chi lavora in ambito sanitario, limitando la punibilità in caso di morte o lesioni ai soli casi di colpa grave. Un intervento atteso da tempo, che avrebbe escluso dalle aule di tribunale i casi di colpa lieve, sempre più frequenti anche quando i medici agiscono in situazioni cliniche complesse e non dipendenti da errori personali.
A denunciare apertamente il disappunto della categoria è Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli Ordini dei medici (FNOMCeO), che parla di “grande delusione” per una decisione che arriva, secondo lui, “non per motivi di merito, ma di metodo”. L’interpretazione di Anelli è chiara: “Probabilmente i ministri si sono divisi sull’opportunità di estendere la norma anche ad altre categorie professionali, ma non si può rinviare un provvedimento che gode di un consenso unanime solo per ragioni procedurali”. Per Anelli, lo scudo penale non è sinonimo di impunità, ma una necessaria protezione: “Il 98% delle cause contro i medici si conclude con un nulla di fatto. È questo rischio penale – inutile e spesso strumentale – che sta rendendo la sanità pubblica sempre meno attrattiva. Senza tutele, i medici continueranno a fuggire verso il privato o l’estero”.
In queste ore, i ministeri interessati hanno diffuso un comunicato congiunto per smentire le ricostruzioni giornalistiche su presunte tensioni interne all’esecutivo. “In un clima di massima collaborazione – si legge nella nota – sarà individuata in tempi brevi la soluzione più adeguata per garantire al personale sanitario di operare con tranquillità”. Secondo quanto trapelato da fonti vicine a Palazzo Chigi, a chiedere un supplemento di riflessione sarebbe stata direttamente la premier Giorgia Meloni, che avrebbe sottolineato la delicatezza della materia e la necessità di affrontarla con la dovuta cautela, anche alla luce di alcuni profili costituzionali coinvolti.
Nel frattempo, è arrivato il via libera della Conferenza Stato-Regioni alla nomina di Americo Cicchetti come commissario dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (Agenas), ponendo fine a mesi di stallo istituzionale. Una notizia importante, ma che non basta a placare la frustrazione di chi, in prima linea, si aspetta risposte concrete.
Sul fronte politico, le reazioni sono immediate. La Lega chiede l’approvazione immediata dello scudo, sottolineando che “l’Italia è tra i pochissimi Paesi al mondo, insieme a Messico e Polonia, a non offrire tutele legali ai propri medici”. Per Italia Viva, il rinvio rappresenta “una grave responsabilità del governo”, mentre per l’Alleanza Verdi-Sinistra si tratta dell’ennesima dimostrazione di “disinteresse verso la sanità pubblica”. Duro anche il giudizio del Movimento 5 Stelle, che accusa l’esecutivo di destra di non considerare prioritarie “le condizioni di lavoro di medici e operatori sanitari”.
Pierino Di Silverio
A rincarare la dose è anche Pierino Di Silverio, segretario nazionale del sindacato dei medici ospedalieri Anaao-Assomed, che definisce il rinvio “un colpo basso” e parla di una classe politica incapace di garantire protezione a chi opera in trincea ogni giorno: “Si continua a procrastinare decisioni fondamentali per la dignità della professione medica”.
In un contesto in cui il Servizio Sanitario Nazionale è sempre più in sofferenza, questo rinvio rischia di essere letto dal mondo sanitario come l’ennesima promessa mancata. Lo scudo penale, oltre che uno strumento giuridico, è diventato il simbolo di una battaglia più ampia: quella per il riconoscimento, il rispetto e la tutela di una professione ormai sotto pressione. E se il governo prende tempo, i medici – e con loro l’intero sistema sanitario – rischiano di non averne più.
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