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Da Rivarolo un grido per Gaza: "Nessun bambino deve più morire così!"

Pentole, cartelli e scarpe rosse per ricordare i bambini uccisi nei bombardamenti. Il flash-mob “Facciamo rumore per Gaza” promosso da Energie per Rivarolo e diverse associazioni

Il flash mob davanti al Municipio a Rivarolo

Il flash mob davanti al Municipio a Rivarolo

È stata un’altra giornata di mobilitazione per Gaza, quella di sabato 2 agosto a Rivarolo. Com’era già avvenuto a metà maggio, nel pomeriggio si è tenuto un flash-mob in centro città, preceduto da un’azione mattutina di volantinaggio e di informazione con la collocazione di un gazebo in Piazza Massoglia, nell’area del mercato. <Facciamo rumore per Gaza> era la denominazione del flash-mob, con l’invito ai partecipanti di portare con sé, oltre ai cartelli, alle bandiere della Palestina e a quelle della pace, anche oggetti quali pentole o barattoli. Questo accompagnamento sonoro ha infatti caratterizzato il corteo e sottolineato i momenti principali della manifestazione, partita dai portici di Via Ivrea, davanti all’ingresso del Municipio, e terminata davanti al Monumento ai Caduti, all’angolo fra Corso Torino e Viale Berrone. Qui, dove si sono succeduti vari interventi, erano stati collocati in terra vestitini, magliette, scarpine macchiati di rosso, a rappresentare i bambini vittime dei bombardamenti. C’era anche una piccola campana che Edo Gaetano, sindaco della città negli Anni Novanta, ha suonato mentre sopraggiungeva il corteo, a sostituire simbolicamente quelle che a Rivarolo non si sono sentite domenica scorsa, come invece era avvenuto in molte località italiane su esplicito invito della Santa Sede.

A promuovere la manifestazione era stato il gruppo consiliare di opposizione <Energia per Rivarolo> ottenendo subito l’adesione di numerose associazioni: A.N.P.I., Comitato Pace Alto Canavese, CGIL, Pax Christi, Proximamente, Tavolo Antifascista XXV Aprile Alto Canavese. Fra i partiti hanno aderito Movimento 5 Stelle, Partito Democratico e Sinistra Italiana-AVS. Buona la partecipazione, decisamente superiore alle previsioni nonostante si trattasse del primo sabato di ferie, anche se – come sempre nelle iniziative pubbliche – scarseggiavano le presenze giovanili. Poco folto anche il gruppo degli amministratori e politici del territorio ed assente la maggioranza che governa Rivarolo.

Ad aprire la manifestazione, prima che il corteo muovesse dal palazzo comunale, è stata la capogruppo di <Energie per Rivarolo> Helen Ghirmu, che ha esordito citando le reazioni dei suoi concittadini durante il volantinaggio al mercato: “Al gazebo abbiamo ricevuto molta solidarietà ma anche forti critiche: c’è tanta diffidenza e mancanza di coraggio nel prendere posizione e metterci la faccia. Ci sono state mosse anche accuse non corrette, come quella di essere filo-Hamas: siamo molto lontani da quel movimento. Il nostro scopo è quello di dare un segnale forte di dissenso nei confronti di azioni totalmente disumane come quelle che stanno avvenendo a Gaza; di dire, a chi viene ucciso mentre cerca un pezzo di pane, che noi ci siamo. I bambini sono le maggiori vittime di questo conflitto, come se nascessero con un peccato originale che giustifica la fine che stanno facendo. Anche quelli che si salveranno sono senza futuro perché dovranno affrontare anni di ricostruzione, difficilissimi e lunghissimi”.

Riprendendo il discorso dopo che il corteo aveva raggiunto il monumento, ha ribadito: “Siamo qui a dire basta, a portare un messaggio di pace e di umanità”. Non poteva mancare il riferimento a Martina Marchiò, l’infermiera rivarolese di <Médecin sans Frontières> che ha trascorso molti mesi nei luoghi dei massacri e che “ha sempre raccontato ciò che accadeva, ciò che ha visto con i suoi occhi senza voler entrare in dinamiche politiche: poi ognuno un suo giudizio se lo forma”. Per fare rumore Helen aveva con sé una scatola piena di legumi, di lenticchie, di riso, come il riso e le lenticchie trovati fra le dita di un bambino assassinato mentre era in coda per il cibo.

Alcuni partecipanti al flash mob

Gabriella Meaglia, figlia del partigiano Dante, ha parlato a nome dell’A.N.P.I. che “è sempre dalla parte delle vittime e mai dei carnefici, in qualsiasi conflitto. Mio padre mi diceva che la guerra è un mostro. Siamo qui per combattere questo mostro e per essere dalla parte dei bambini: chi li uccide, uccide la vita stessa e le speranze per il futuro. Non possiamo più vederli così, ridotti a pelle ed ossa e che muoiono di fame, per le bombe o per malattie che da noi si curano facilmente… Siamo qui perché nessun bambino debba più patire ciò che patiscono i bimbi di Gaza. Su quel tavolo c’è un quaderno, dove stamattina abbiamo raccolto i pensieri dei passanti: sarebbe bello che scriveste qualcosa anche voi, che questo quaderno diventasse una testimonianza di pace e lo si facesse girare durante le manifestazioni”.

Numerosi gli intervenuti: troppi per citarli tutti. Marino Tarizzo, presidente dell’A.N.P.I. di Pont ed esponente dell’associazione di poesia <Due Fiumi> ha letto i versi, potenti e terribili, di una poetessa di Gaza ed ha ricordato alcuni fra i tanti intellettuali uccisi dall’inizio della guerra.

Walter Kiesl, parlando a nome di Alleanza Verdi e Sinistra, ha denunciato il sistema di impunità di cui gode Israele ed ha paragonato i meccanismi repressivi delle guerre con la messa in discussione, all’interno delle società occidentali, dei diritti economici e sociali che sembravano acquisiti ed ha invitato a farsi tutti parte attiva contro le sopraffazioni: “Da soli siamo fragili ma uniti possiamo creare una tempesta. La storia ci spiega che questo può succedere”.

Un’altra degli intervenuti ha citato le parole di Francesca Albanese, relatrice speciale O.N.U. sulle violazioni dei diritti umani nei Territori Occupati, che nel suo rapporto parla apertamente di genocidio spiegando che “il massacro non si è fermato perché paga bene. Si è passati dall’Economia dell’Occupazione all’Economia del Genocidio perché il genocidio del territorio porta business. I diritti umani sono finiti sotto le macerie di Gaza”.

Livio Obert di Pax Christi ha sottolineato la discrepanza tra l’impegno dei vertici ecclesiastici (Papa Francesco e poi Papa Leone, tanti vescovi e cardinali) e la riluttanza (“Sarà paura?”) di molti parroci del Canavese, che alle 22 di domenica 27 luglio non hanno fatto suonare le campane.

Edo Gaetano – parlando a titolo personale – ha invece rivolto un appello agli amministratori, del suo e degli altri comuni: “Non vedo rappresentanti della maggioranza. La mia non è una nota polemica ma un invito, una preghiera, a conoscere, a cercare di capire: se si capisce cos’accade non si può rimanere indifferenti. Altri comuni hanno preso posizione, basta copiare i testi dei loro provvedimenti. Abbiamo i minuti contati per salvare tante vite”.

Davide Pieruccini è consigliere di minoranza a Cuorgnè, dove mercoledì è stata approvata proprio una mozione che chiede al governo di riconoscere lo Stato di Palestina e sospendere la vendita di armi ad Israele. Alla Regione si chiede di interrompere le relazioni commerciali ed istituzionali con il governo israeliano fino al cessate il fuoco. “Il consiglio comunale – ha detto Pieruccini – è il primo collegamento fra cittadini ed istituzioni. È giusto che si occupi di queste questioni”.

Al termine della manifestazione, al rumore vario e disordinato ma non privo di una nota allegra che avevano fino ad allora prodotto le stoviglie e gli utensili di cucina, se ne è sostituito un altro, netto ed agghiacciante: quello delle sirene che annunciano un bombardamento.

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