Cerca

Attualità

Settimo Torinese affonda, l’Outlet raddoppia

Espansione del Torino Outlet Village: crescita del commercio o declino del centro storico di Settimo Torinese?

Settimo Torinese affonda, l’Outlet raddoppia

Elena Piastra

A Settimo Torinese, la rinascita ha il profumo del cemento fresco, il luccichio dei cartelloni pubblicitari e l’eco delle ruspe che non si fermano mai. Qui, mentre il centro storico si svuota e i negozi di vicinato chiudono in silenzio, prende forma il secondo atto del Torino Outlet Village, un’enclave commerciale che si prepara a raddoppiare, a inghiottire ettari di suolo e a riscrivere, a modo suo, l’identità urbana della città.

Il nuovo ampliamento – atteso per ottobre 2025 – aggiungerà 11.000 metri quadri di superficie commerciale agli attuali 20.000, portando il totale dei punti vendita a 150.

Il progetto della nuova area è stato affidato all’archistar Claudio Silvestrin, che ha già curato la prima parte dell’outlet, ideando il caratteristico obelisco di 85 metri di altezza situato nella piazza centrale e visibile anche dall’autostrada, in mezzo al quale grazie alla prospettiva è possibile ammirare la Basilica di Superga.

Nel nuovo complesso prenderanno posto decine di nuovi marchi, con un focus su moda sportiva, home design, abbigliamento baby e accessori femminili. Un’offerta pensata per completare il catalogo delle grandi firme già presenti – da Gucci ad Armani, da Tommy Hilfiger a Luisa Spagnoli – e consolidare il Village come una sorta di Disneyland del lusso scontato. Un’architettura studiata al millimetro per incanalare flussi di visitatori verso i punti vendita, tra luci soffuse, vialetti perfetti e aree “esperienziali”, perché oggi non basta più comprare: bisogna anche illudersi di vivere un’esperienza.

Il progetto prevede anche la realizzazione di una nuova grande piazza centrale, pensata per accogliere eventi e performance artistiche. Non una piazza pubblica, ma uno spazio privato rivestito di estetica urbana, dove l’arte è “di contorno” e le installazioni diventano attrazioni turistiche.

L’ultima trovata si chiama Endless Spring, una mostra fotografica a cielo aperto con immagini giganti che fluttuano tra le boutique, sospese a sei metri d’altezza. Un invito alla lentezza, al sogno, alla metamorfosi. Ma tutto, rigorosamente, nel raggio d’ombra di un outlet. Tutto, senza alcun rapporto con il territorio circostante, che resta fuori dai cancelli.

E fuori, invece, Settimo muore. Giorno dopo giorno. Non perché i residenti scappino, ma perché restano a vivere in un centro storico svuotato di senso, di servizi, di attrattività. Le saracinesche si abbassano, una dopo l’altra. I negozi chiudono. Le piazze si svuotano. E a mancare, più di ogni altra cosa, è una visione. Una strategia. Un’idea di città che vada oltre il weekend di shopping e l’ennesimo clone commerciale.

Perché a gravitare intorno a Settimo non c’è solo l’Outlet. C’è anche To Dream, nuova cittadella del consumo sul confine torinese. E c’è il Settimo Cielo Retail Park, un altro colosso del commercio che ha già divorato traffico, clientela e attenzione. Tre poli commerciali, tre astronavi atterrate sul territorio, tre isole di luce che nulla restituiscono alla comunità. Ognuno con i suoi parcheggi, i suoi brand, i suoi eventi. Ma nessuno con un legame reale con Settimo. Anzi: la mettono all’angolo. La bypassano.

outel

Al posto dei negozi di quartiere, delle edicole, dei piccoli esercizi, Settimo si consegna definitivamente alla logica dei “Village”: centri commerciali patinati, isole artificiali dell’acquisto compulsivo, scollegate dalla realtà urbana che le ospita.

La città reale, quella delle famiglie, delle scuole, del commercio di prossimità, è lasciata a sé stessa. E l’Amministrazione comunale? Assente. Nessuna politica di rilancio, nessun progetto strutturale, nessun disegno sul lungo periodo. Solo silenzi, slogan, e l’illusione che basti qualche panchina nuova per salvare il centro. E mentre i centri commerciali offrono parcheggi gratuiti e attrazioni a cielo aperto, nel centro storico si paga anche per fermarsi cinque minuti. Anche ad agosto.

Un’autentica perla della “visione” urbanistica della sindaca Elena Piastravisionaria a modo suo, certo – che anziché agevolare chi ancora prova a venire in città, ha deciso che si debba pagare la sosta anche nel mese più morto dell’anno. Nessun altro Comune lo fa. Neppure Torino. Ma a Settimo sì: si paga sempre, anche con i negozi chiusi e i marciapiedi deserti. Perché qui si crede che la rinascita passi dalle multe, non dalle idee.

Il paradosso è tutto qui: più cresce il Village, più si affloscia Settimo. Più arrivano turisti, più i negozi in centro abbassano la serranda. Più si parla di arte e metamorfosi, più si dimentica la realtà. Quella vera. Dove non basta un QR code o un maxi-pannello a sei metri d’altezza per raccontare una comunità che meriterebbe molto di più di un outlet raddoppiato.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori