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11 Luglio 2025 - 15:22
Elena Piastra
La differenza tra governare e raccontare storie – o meglio, balle – si misura nei dettagli. Prendiamo due città: Ivrea e Settimo Torinese, entrambe governate da giunte a guida Partito Democratico, entrambe ossessionate dal culto della propria infallibilità, convinte che ogni proposta dell’opposizione sia un attentato all’ortodossia progressista. Eppure, tra le due c’è un abisso. E non è solo una questione di chilometri.
Parliamo della famigerata proposta della sosta gentile: quei 15, 20 o 30 minuti di parcheggio gratuito che in molte città italiane sono diventati la normalità, una misura semplice, concreta e intelligente per agevolare chi deve fare una commissione veloce, entrare in un negozio, prendere un caffè, senza dover subire l’estorsione del parchimetro.
Una proposta a basso costo e ad alto buonsenso, che in tanti Comuni ha aiutato a tenere in vita il commercio di prossimità. Ma evidentemente, a Settimo Torinese il buonsenso è fuori contratto.
Qui, la proposta arriva in Consiglio comunale per mano dei consiglieri Manolo e Moreno Maugeri (Lega) e viene stroncata con la delicatezza riservata a un virus letale. Le motivazioni? Quelle da manuale: “Non si può fare, c’è un contratto con la società che gestisce i parcheggi, ci sarebbero penali, costi, complicazioni…”. Tradotto: non vogliamo farlo, ma ve lo facciamo sembrare impossibile.
Eppure, a Ivrea, dove la situazione politica è pressoché identica – Pd al governo, proposta dall’opposizione (in questo caso Massimiliano De Stefano, Azione) – è successo l’impensabile: il sindaco ha cambiato idea. Ha sbollito l’orgoglio di partito, ha riflettuto, magari ha pure consultato chi di mestiere cerca soluzioni e non scuse, e alla fine ha fatto marcia indietro. Ha preso in mano la questione, ha risolto i problemi contrattuali e ha stanziato 100 mila euro veri, da bilancio. Sì: centomila euro per una sperimentazione della sosta gratuita da settembre in avanti.
Una scelta concreta, ma anche un gesto politico forte. Un segnale. Un atto di umiltà istituzionale: “Se l’idea è buona, la realizziamo. Anche se arriva dall’opposizione.”
A Ivrea si fa. Si sperimenta. Si investe. A Settimo... si scrive un comunicato.
Perché qui, la proposta è stata affondata e abbandonata sotto uno spesso strato di autosufficienza ideologica, dove galleggia indisturbata la sindaca Elena Piastra, la cui visione – parola che ricorre come un mantra in ogni dichiarazione – evidentemente non contempla né commercio, né ascolto, né senso pratico.
Meglio lasciar morire il centro storico tra serrande abbassate, insegne sbiadite e vetrine con ragnatele, piuttosto che concedere una virgola all’opposizione. Meglio continuare a raccontare fandonie sull’impossibilità tecnica di un provvedimento così “complicato”. Complicato a Settimo, realizzabile a Ivrea. Misteri della politica.
E mentre a Ivrea si firma, si stanziano fondi e si prova a rianimare il commercio con una misura simbolica ma concreta, a Settimo ci si barrica dietro il consueto rosario: “L’Amministrazione ha già fatto tanto”, “ci stiamo lavorando”, “non è questo il momento”. Come se il momento giusto per salvare un centro morente fosse sempre domani.
La verità è semplice: a Ivrea sanno riconoscere un errore e correggerlo. A Settimo no. Qui si preferisce morire fedeli alla linea, anche se quella linea punta dritta contro un muro. A Ivrea si programma, a Settimo si recita a soggetto. Insomma: scelte politiche. Ma pessime.
Perché i commercianti, i negozi di vicinato, le loro facce, le loro storie, sono parte viva di una comunità. Anzi, sono la comunità. Toglieteli dal centro, e resteranno solo facciate, panchine vuote, e l’eco di quello che era. Senza di loro, la città perde identità. E si spegne.
E infatti a Settimo la desertificazione commerciale avanza a ritmo sostenuto. Basta passeggiare in via Italia o via Torino: negozi chiusi, attività che arrancano, vetrine spente. Colpa dell’e-commerce? Anche. Ma soprattutto colpa di una concorrenza mostruosa appena oltre confine: To Dream, Settimo Cielo Retail Park, e l’Outlet del Lusso. Tre colossi che attraggono migliaia di clienti, con parcheggi gratuiti, offerte, visibilità, servizi.
E il centro città? Una riserva indiana, dove si resiste con eroismo o per abitudine, mentre il Comune osserva e intanto si compiace delle sue “misure” per "allocchi".
Ah sì, le misure! La più brillante pensata finora è l’esenzione dalla TARI per chi apre una nuova attività. Una misura che fa ridere i polli e le galline (coccodè, coccodè), ma anche i proprietari dei locali sfitti. Perché la TARI, in mezzo a un deserto commerciale, è una briciola. È come regalare una crema solare a chi si è già ustionato. Un’elemosina, una nocciolina.
Ma il vero colpo di genio è il manager del Distretto Urbano del Commercio (DUC). Quindicimila euro all’anno per una figura che, sulla carta, dovrebbe rilanciare il commercio locale. Dopo mesi, non si conoscono né il piano, né i risultati, né la persona. Due locandine, qualche riunione, e una montagna di aspettative affondata nel nulla.
Chi l’ha visto? Forse sta ancora cercando parcheggio gratuito, forse è rimasto chiuso in uno dei negozi dismessi. Oppure studia il rilancio del commercio dal metaverso.
E nel frattempo, la Piastra, fedele alla sua vocazione visionaria, ha pensato bene di affittare un negozio chiuso per farci una galleria d’arte temporanea. Mostre, eventi, apertura alla cittadinanza. Lodevole, certo. Ma qui non si tratta di cultura, si tratta di sopravvivenza economica. Un centro città non si salva con una mostra sullo sport patrocinata da Fondazione ECM, ma con politiche coraggiose, concrete e immediate. La cultura è fondamentale ma che senso hanno le mostre in un negozio sfitto con tutti gli spazi a disposizione solo Piastra lo sa.
La verità è che la Piastra sta giocando a SimCity mentre Settimo affonda. E questo non è solo un errore: è un tradimento verso chi ogni giorno alza la serranda con fatica. La desertificazione non è una tendenza inevitabile, è una conseguenza di scelte sbagliate (le sue), di disattenzioni, di arroganza.
Un problema serio, che dovrebbe impegnare la giunta con la schiena dritta e la testa bassa, fino all’ultimo giorno di mandato. Ma serve visione vera. Non quella delle frasi a effetto. Non quella delle mostre nei negozi chiusi.
A Ivrea hanno scelto di agire. A Settimo, di raccontarla. Cosa dovrebbero fare i commercianti di fronte ad un'Amministrazone sorda e incapace? Cominciare a "incazzarsi" davvero, proprio come hanno fatto a Ivrea. E si comincia con un cartello alle vetrine: "Piastra ci hai stufato". Poi mezz'ora chiusi per protesta... Poi una petizione. Poi un comitato... E avanti così fino a quando Piastra non scenderà dal piedistallo...
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