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Sanità piemontese allo sfascio. App, cabine di regia e volontari: la Regione sostituisce i dottori con software e slogan

Boom di dirigenti e poltrone, ma zero assunzioni per medici e infermieri: la sanità pubblica affonda

Sanità piemontese allo sfascio. App, cabine di regia e volontari: la Regione sostituisce i dottori con software e slogan

Gli assessori Maurizio Marrone e Federico Riboldi

È stato presentato in pompa magna dalla giunta regionale il nuovo Piano Socio Sanitario 2025–2030 del Piemonte. Un documento corposo, ambizioso, illustrato da slide scintillanti e da parole d’ordine rassicuranti: umanizzazione, territorializzazione, appropriatezza, cura della persona al centro. A leggere i titoli e ascoltare le dichiarazioni ufficiali sembrerebbe di essere di fronte a una rivoluzione copernicana della sanità piemontese. Ma se si scava appena sotto la superficie, se si analizzano con attenzione i documenti, si scopre che questa riforma rischia di essere l’ennesima grande operazione di marketing istituzionale, senza risorse umane, senza gambe, e con parecchie trappole disseminate lungo il cammino. A partire dal più grande rischio di tutti: perdere i fondi del PNRR.

riboldi

PRESENTAZIONE

Il piano annuncia 91 Case di Comunità, 30 Ospedali di Comunità, 49 Centrali Operative Territoriali e ben 11 nuovi ospedali. Dove saranno costruiti lo si sa, nero su bianco. Il problema è un altro: molti di questi cantieri non sono mai partiti, nonostante siano già finanziati con risorse del PNRR, e il cronometro europeo sta per scadere. Se i lavori non cominciano entro il 2025, i soldi torneranno a Bruxelles. Una figuraccia epocale. E mentre si promettono strutture all’avanguardia, reparti nuovi e centri di eccellenza, si tace sul fatto che non c’è personale a sufficienza nemmeno per mantenere in vita gli ambulatori attuali, figuriamoci per popolare nuove strutture.

Il paradosso più evidente del Piano, infatti, è tutto qui: si aumentano le figure dirigenziali. Viene istituito il Direttore Sociosanitario, si crea il Responsabile Operativo degli Ambienti Sanitari, si moltiplicano Tavoli di Lavoro, Osservatori, Coordinamenti. Nuovi IRCCS in cantiere, tavoli per ogni patologia, consulte per la salute mentale, cabina di regia per la governance territoriale. Tutto molto elegante, ma mentre si impilano le cariche e si disegnano nuovi organigrammi, non si fa nulla per assumere più medici, più infermieri, più operatori sanitari. Quelli che curano davvero le persone. Quelli che mancano in ogni angolo della regione. Quelli che non si trovano e che nessuno forma in numero sufficiente. Il piano non prevede assunzioni straordinarie, incentivi per i giovani medici, potenziamento dei corsi universitari, contratti più flessibili per convincere i professionisti a rimanere nel pubblico. Nulla. Anzi, la strategia pare essere quella di scaricare la cura sui software e sul volontariato.

Sì, perché tra le novità annunciate con grande enfasi c’è l’App “Piemonte in Salute”, una piattaforma che dovrebbe permettere ai cittadini di prenotare visite, monitorare i propri parametri, gestire la cronicità. Il nuovo CUP regionale integrato con l’intelligenza artificiale promette efficienza e tempi certi. Ma qui si sfiora la fantascienza: come può un algoritmo accorciare le liste d’attesa se non ci sono specialisti disponibili? Chi gestirà la presa in carico dei cronici? Chi aggiornerà i dati del Fascicolo Sanitario Elettronico? Nessuna risposta. Solo l’illusione che la tecnologia possa sostituire la presenza fisica di un medico, di un infermiere, di una figura umana che ascolta e cura.

A questa deriva digitale si affianca il rilancio del volontariato organizzato con il nuovo Corpo Logistico Sanitario Piemontese: una rete di associazioni che si occuperanno dell’accompagnamento, del trasporto e dell’aiuto agli utenti. Anche qui, il rischio è evidente: si cerca di sostituire i servizi con il volontariato, senza investire in un sistema strutturato e retribuito. Con buona pace della continuità, della qualità e della sicurezza.

Sul fronte della medicina territoriale, il piano rilancia le Aggregazioni Funzionali Territoriali (AFT), composte da medici di medicina generale, specialisti ambulatoriali, infermieri di comunità, assistenti sociali, psicologi e farmacisti. Un progetto nobile, che dovrebbe garantire servizi sette giorni su sette dalle 8 alle 20, garantendo la prossimità. Ma come si fa se i medici di famiglia sono sempre meno, sempre più anziani, e sempre più restii a farsi carico di nuovi orari, nuovi obblighi, nuove responsabilità? Chi lavora nelle ASL lo sa bene: i concorsi vanno deserti, le borse per medicina generale non vengono scelte, e i giovani scappano nel privato. Il piano ignora tutto questo. Fa finta che basti disegnare un nuovo modello per farlo funzionare. Peccato che la realtà sia molto più testarda delle slide.

E poi ci sono le promesse che sembrano più spot che vere politiche. La odontoiatria solidale per i fragili è annunciata in mezza riga. La salute mentale viene affidata a una Consulta, ma non si dice se si assumeranno più psichiatri, psicologi, educatori. Si parla di “budget di salute” per progetti individuali, ma senza specificare i fondi, i tempi, i soggetti attuatori. Sembra più una raccolta di buone intenzioni che un vero piano operativo. E nel frattempo, i Centri di Salute Mentale chiudono alle 16, gli operatori fuggono, i pronto soccorso sono in tilt, le visite urgenti diventano miraggi.

Anche l’annuncio di trasformare alcuni ospedali in IRCCS (Istituti di Ricerca e Cura a Carattere Scientifico) lascia più dubbi che certezze. Quali strutture? Con quali fondi? Con quali ricercatori? Come si garantirà il diritto alla cura per tutti, mentre si spinge sulla ricerca d’eccellenza? Il rischio è creare ospedali di serie A e territori di serie B.

Infine, il piano afferma di voler ridurre le spese improduttive, tagliare le locazioni, risparmiare sugli sprechi energetici, razionalizzare. Ma non c’è uno straccio di dato, una cifra, una tabella, che dica quanti soldi si risparmieranno e dove saranno reinvestiti. È il solito slogan del “buon padre di famiglia”, senza alcuna trasparenza.

Il Piano Socio Sanitario del Piemonte si presenta quindi come un testo ipertrofico e seducente, infarcito di inglesismi e schemi colorati, ma pericolosamente vuoto nei suoi aspetti fondamentali. Un piano che aumenta i dirigenti, moltiplica le strutture, digitalizza i processi, ma non cura le persone. Un piano che rischia di non partire mai davvero, perché poggia su fondamenta fragili, su un personale che non c’è, su risorse che rischiano di tornare al mittente europeo, su una sanità pubblica sempre più lasciata a se stessa mentre il privato ringrazia e incassa.

Un piano che avrebbe bisogno di meno retorica e più verità. Meno slide e più medici. Meno dichiarazioni e più infermieri. E soprattutto, avrebbe bisogno di ascoltare chi ogni giorno, nei reparti e nei territori, vede la sanità piemontese crollare pezzo dopo pezzo. Altro che riforma. Qui, senza un cambio di rotta, si rischia il tracollo.

SCARICA IL PIANO QUI

IL COMUNICATO STAMPA:

LA GIUNTA HA APPROVATO IL NUOVO PIANO SOCIO SANITARIO

Il presidente Cirio e gli assessori Riboldi e Marrone: «Una giornata storica: dopo 30 anni si è aggiornato il documento di programmazione socio sanitaria piemontese. Ora prosegue serrato l’iter per l’adozione finale»

La Giunta ha approvato il nuovo Piano Socio Sanitario della Regione Piemonte, lo strumento di programmazione che definisce le priorità, le risorse e le strategie per rispondere ai bisogni di salute dei cittadini.

«Si tratta di un momento storico, perché da tanti anni mancava una programmazione capace di guardare al futuro della sanità piemontese in modo strutturato – spiega il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio - Per la prima volta abbiamo uno strumento che non si limita all’emergenza o all’improvvisazione, ma costruisce una visione solida e duratura. Una visione che tiene insieme l’edilizia sanitaria e l’evoluzione di un sistema che oggi non è più soltanto sanitario, ma socio-sanitario. L’introduzione di figura nuova - quella del direttore socio-sanitario nelle aziende sanitarie – rappresenta infatti l’ossatura del cambiamento. È il segno tangibile di quell’integrazione – tra salute e sociale, tra ospedale e territorio – di cui per anni si è parlato ma che non era mai stata realmente calata a terra. L’approvazione del piano rappresenta un altro tassello degli impegni del primo anno di legislatura che abbiamo portato a termine e che mettiamo a disposizione del nostro Piemonte. E credo, con franchezza, che sia uno dei più importanti».

«Con il nuovo Piano Socio Sanitario imprimiamo un’accelerazione al processo di cambiamento della sanità regionale – sottolinea l’assessore alla Sanità, Federico Riboldi – Ora è scritto nero su bianco l’obiettivo principale del nostro agire quotidiano: il ritorno nell’alveo della sanità pubblica di tutti quei cittadini che oggi, per motivi economici, logistici e lunghi tempi d’attesa, rinunciano alle cure sanitarie, perché la sanità o è universale o non è! Nei prossimi giorni proseguiremo nell’iter di approvazione definitiva per poter dare quanto prima ai cittadini piemontesi il nuovo Piano Socio Sanitario del Piemonte».

Della parte sanitaria, sono molte le novità previste, tra cui l’istituzionalizzazione dei Tavoli di Lavoro per specifiche patologie per un confronto continuo con cittadini e associazioni di pazienti, per una vera gestione partecipata della nostra sanità; la riorganizzazione completa della medicina territoriale con nuove strutture e l’istituzione della nuova figura del “Direttore Sociosanitario”, per una vera integrazione tra sanità e sociale, e le Aggregazioni Funzionali Territoriali come modello organizzativo per la medicina generale e l’assistenza territoriale; l’avvio del nuovo “Corpo Logistico Sanitario Piemontese” per avvicinare i cittadini all’accesso alle cure; l’istituzione del “Responsabile Operativo degli Ambienti Sanitari” per l’umanizzazione delle strutture sanitarie; la messa a terra del Piano di edilizia sanitaria più importante di sempre della nostra Regione; il nuovo CUP integrato con l’intelligenza artificiale; la costituzione del Tavolo di coordinamento per la candidatura di nuovi IRCCS pubblici in varie specialità, con l’obiettivo di diminuire la mobilità sanitaria verso le altre Regioni; la riduzione di tutte le spese improduttive per destinare i risparmi ottenuti nelle attività cliniche; il lancio della nuova APP Piemonte in Salute, con cui i cittadini piemontesi potranno accedere in modo veloce a tutti i servizi della sanità regionale; l’avvio degli screening neonatali estesi e per la diagnosi precoce del diabete di tipo 1 e della celiachia nei bambini; il potenziamento dei servizi di salute mentale, favorendo una presa in carico precoce, la promozione di interventi preventivi, l’istituzione della Consulta per la Salute Mentale e l’adozione del Budget di Salute; il miglioramento della presa in carico per il trattamento dei Disturbi della Nutrizione e dell’Alimentazione; l’odontoiatria solidale a favore delle fasce più deboli della popolazione e l’allargamento degli screening neonatali ai test presenti in commercio.

«Abbiamo fissato l'obiettivo ambizioso di rendere sociale la sanità, mettendo al centro del piano i bisogni di chi finora è sempre stato dimenticato dalle istituzioni - dichiara l’assessore alle Politiche sociali e all’integrazione socio-sanitaria Maurizio Marrone - I bambini che non nascono per mancanza di sostegno alle famiglie, i caregiver che faticano ad assistere i propri cari senza i contributi necessari, i malati cronici costretti a piegare i propri bisogni particolari alle procedure comuni, i disabili condannati a destreggiarsi tra le burocrazie di diverse istituzioni, chi soffre di malattie rare sacrificato dal numero limitato di casi, gli anziani che possono restare in salute solo con le corrette azioni di prevenzione. Abbiamo segnato la rotta per dare risposte efficaci a tutte queste fragilità sottraendole una volta per tutte al cono d'ombra di indifferenza».

Importanti novità anche per la parte sociale del Piano. Innanzitutto l'attenzione verso il ruolo dei caregiver familiari, che spesso sono la prima e insostituibile assistenza alle persone fragili, su cui ricade il peso maggiore di fatica e sacrifici. Il Piemonte stanzierà 5 milioni di euro all'anno così da diventare una delle tre regioni italiane che più investe sulle famiglie caregiver. Poi l'attenzione verso il tema della natalità, con la conferma del Fondo Vita Nascente ed il nuovo Buono Vesta da 30 milioni di euro FSE per le famiglie con bambini in fascia 0-6 anni. L'obiettivo della copertura con risorse del capitolo extra Lea dei costi dei parafarmaci per soggetti fragili con malattie rare. L'aggiornamento della disciplina sui servizi residenziali per anziani, disabili, minori e tossicodipendenti per adeguare i requisiti delle strutture ai nuovi bisogni e relative prestazioni. L'integrazione tra servizi sanitari e sociali per la presa in carico globale del paziente, con creazione di percorsi assistenziali condivisi tra ASL, Comuni e servizi sociali, maggiore collaborazione con il Terzo Settore, sviluppo di équipe multidisciplinari per pazienti fragili e non autosufficienti, convenzione unica per tutta la Regione Piemonte tra le singole ASL ed i singoli EE.GG. La presa in carico durante la transizione minore età - età adulta nel campo della disabilità. L’adeguamento della rete dei servizi sanitari penitenziari al modello di assistenza sanitaria territoriale. I percorsi di Invecchiamento Attivo e i percorsi di salute.

«Abbiamo deciso di riscrivere integralmente la carta d’identità socio-sanitaria piemontese – spiegano gli assessori Riboldi e Marrone – e, per la prima volta nella storia della nostra Regione, è stato fatto insieme alle associazioni di pazienti, ai professionisti sanitari, alle organizzazioni sindacali e alle istituzioni locali; che saranno nuovamente coinvolte per la presentazione del testo approvato dalla Giunta».

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