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22 Luglio 2025 - 17:09
il sindaco Matteo Chiantore
Marca male perché sta per accadere di nuovo. Ancora una volta, nel brusio ovattato delle Conferenze dei Servizi, dove le carte parlano più delle persone e la burocrazia finisce per sovrastare la politica, un pezzo di territorio rischia di essere consegnato all’ennesimo scavo.
Lunedì 21 luglio si è tenuto l’incontro decisivo sul rinnovo dell’autorizzazione alla cava di San Bernardo, in località Fornaci. Attorno al tavolo la Città Metropolitana, i tecnici del Comune di Ivrea, il sindaco Matteo Chiantore, i consulenti della ditta Cogeis e, in qualità di semplici uditori, due rappresentanti del Comitato NO Cava.
Quello che si è consumato è stato tutt’altro che un confronto tecnico. È stato, piuttosto, lo spettacolo di un sistema che – ancora una volta – sembra voler girare la testa dall’altra parte. Il progetto, come più volte sottolineato dai cittadini, è vecchio e superato. Ma soprattutto, è carente. Carente nella documentazione, negli studi di impatto, nelle soluzioni proposte. Eppure, nonostante tutto questo, la Città Metropolitana di Torino sembra avere già scelto la via più breve. Vuole esprimere parere favorevole al rinnovo, chide solo qualche integrazione marginale e non vuole imporre condizioni vincolanti.
"Mancano i presupposti di un’istruttoria completa, ma non ci sono ostacoli formali": questa, in sintesi, la posizione dell’ente. E non finisce qui. Perché la Città Metropolitana ha anche chiarito che, se davvero si vuole fermare il progetto, deve essere il Comune a farlo. “A meno che il Comune non decida di bloccare formalmente il procedimento”, hanno concluso. Come a dire: “Se davvero volete fermarla, fatelo voi”.
Una posizione che ha lasciato allibiti molti dei presenti. Perché – come ricorda il Comitato NO Cava – la legge regionale 23/2016, all’articolo 19 comma 1, parla chiaro: “I rinnovi vanno trattati come nuovi rilasci”. Questo significa che l’intero iter andrebbe rifatto da capo, con tutte le valutazioni ambientali, sanitarie e urbanistiche previste. E invece, si procede per automatismi, con un approccio burocratico che ignora le trasformazioni del contesto e le nuove criticità emerse.
La contraddizione più clamorosa è arrivata proprio durante la conferenza: la Città Metropolitana ha candidamente ammesso che “se si fosse trattato di una nuova procedura, non avremmo rilasciato parere favorevole”. Ma siccome si parla di un rinnovo, e poiché in passato il Comune aveva già dato il suo assenso, oggi non si può che confermare. È l’assurdità dell’amministrazione che riconosce un problema ma sceglie di ignorarlo, nel nome del precedente.
A rendere tutto più ambiguo - e allo stesso tempo diabolico - ci ha pensato l’Ufficio Tecnico del Comune di Ivrea, che si è limitato a qualche precisazione sulla documentazione prodotta anni fa. Nessuna parola sulle criticità attuali. Nessuna osservazione sulla viabilità – che prevede il passaggio dei camion tra una casa storica e un’azienda che non concederà mai lo spazio necessario. Nessuna presa di posizione sull’assenza di soluzioni per la gestione delle acque meteoriche, né sulla compatibilità acustica. Nessun coraggio. Solo, come sottolineano quelli del Comitato No Cava “dinamiche di autotutela”.
A rompere il silenzio solo il sindaco Matteo Chiantore. Lo ha fatto con toni fermi, precisi, puntuali e il Comitato gliene dà atto.
“Per formazione ed esperienza - ha stigmatizzato - ritengo che le istruttorie debbano accertare con rigore i presupposti e i requisiti necessari al rilascio di un’autorizzazione. In questo caso manca tutto. Più che un’istruttoria, sembra uno scaricabarile verso il Comune”. Parole che pesano, che in pochi hanno avuto il coraggio di pronunciare, e che rompono il gioco delle parti.
Chiantore ha poi richiamato il cambiamento del territorio, la necessità di nuove attenzioni a vivibilità, ambiente e sicurezza. “In assenza di soluzioni tecnicamente realizzabili e formalmente definite - ha concluso - non sarà possibile esprimere un parere favorevole”.
Una linea netta, sì. Ma da sola può bastare?
È su questo che torna con forza il Comitato NO Cava, che ha seguito i lavori in silenzio – perché convocato solo come uditore, senza diritto di parola. In un comunicato duro e articolato, rilancia la battaglia.
“Il rinnovo è inaccettabile, ora servono atti istituzionali” dice e non si limita alla denuncia. Ribadisce che la documentazione di Cogeis è “gravemente lacunosa e inadeguata”, e accusa la Città Metropolitana di averla accettata “senza alcuna verifica critica, eludendo l’analisi dell’impatto reale sul territorio e sulla popolazione locale”.
Infine il Comitato, pur riconoscendo con favore la posizione del sindaco, chiede che quelle parole si traducano in "atti ufficiali e vincolanti, affinché la contrarietà al progetto si concretizzi in scelte amministrative chiare e trasparenti”.
Infine, una promessa. Una dichiarazione d’intenti. Una linea di resistenza. “Continueremo a esercitare una vigilanza civica attenta, chiedendo che ogni passo dell’iter sia guidato da legalità, trasparenza e tutela dell’interesse collettivo”.
La partita, insomma, è tutt’altro che chiusa. Ma mentre qualcuno firma pareri favorevoli e altri si nascondono dietro le procedure, a San Bernardo la terra trema già. Per ora solo metaforicamente. Ma la sensazione, sempre più netta, è che se non si cambia rotta, presto lo farà davvero.
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