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21 Luglio 2025 - 13:06
Dalle risaie del Canavese alle colline torinesi: nasce il Distretto del cibo
È ufficialmente pronto a decollare il Distretto del cibo della Pianura canavesana e della Collina torinese, un progetto ambizioso che unisce 78 Comuni in una sfida condivisa: rilanciare il territorio attraverso l’agroalimentare di qualità, la sostenibilità ambientale e la coesione economica. Venerdì il Consiglio metropolitano di Torino voterà la delibera costitutiva, ma gli attori locali sono già pronti a partire.
A promuovere l’iniziativa è la Città metropolitana di Torino, che avrà anche il compito di coordinare operativamente il nuovo Distretto. Il cuore del progetto ruota attorno a un’idea chiara: fare sistema, mettere in rete produttori agricoli, trasformatori, distributori, ristoratori, enti pubblici e privati per valorizzare le eccellenze locali, proteggere il paesaggio e dare risposte concrete alle sfide ambientali ed economiche.
A guidare il percorso è stata la consigliera metropolitana Sonia Cambursano, anche sindaca di Strambino, che ha definito il progetto come frutto di una collaborazione intensa e diffusa. Il Distretto, ha spiegato, punta a rafforzare i legami tra aziende e territorio, superando la frammentazione delle filiere e investendo in relazioni stabili tra chi produce, chi trasforma e chi consuma. Un progetto non calato dall’alto, ma costruito con e tra le comunità locali.
Le aree coinvolte spaziano dalla pianura del Canavese, ricca di risaie, orti e frutteti, fino alla collina torinese, territorio di vigneti e prodotti tipici che si estende lungo l’arco meridionale della provincia. Coinvolto anche il Comune di Ivrea, segno dell’interesse trasversale che il progetto ha suscitato in zone diverse per vocazione agricola ma unite dall’urgenza di ripensare la propria identità economica e ambientale.
Ma che cos’è, nel concreto, un Distretto del cibo? Si tratta di un sistema produttivo locale formalmente riconosciuto, che integra attori pubblici e privati con l’obiettivo di rafforzare la resilienza economica del territorio, sostenere la transizione ecologica dell’agricoltura, contrastare lo spopolamento delle aree rurali e promuovere cibo sano, locale e accessibile. È un modello già adottato con successo in altre zone d’Italia e che, oggi, la Città metropolitana di Torino rilancia in chiave strategica.
La posta in gioco è alta. Il Canavese e la Collina torinese sono territori ricchi di potenzialità ma segnati da anni di disinvestimento agricolo, con aziende familiari che faticano a trovare ricambio generazionale, paesi sempre più vuoti e un’agricoltura che rischia di essere schiacciata tra la grande distribuzione e l’industria intensiva. Il Distretto punta a invertire la rotta, investendo su filiera corta, innovazione sostenibile, produzione di qualità e turismo di prossimità.
Fondamentale sarà il ruolo della sostenibilità ambientale. Il Distretto mira a rafforzare le pratiche agricole rispettose del suolo, dell’acqua e della biodiversità, ridurre l’uso di fitofarmaci e fertilizzanti, promuovere l’agricoltura biologica e rigenerativa. Un obiettivo che si affianca a quello, altrettanto urgente, di adattarsi agli impatti del cambiamento climatico, che sempre più spesso colpiscono con violenza le campagne piemontesi.
A questo si aggiunge la volontà di rilanciare l’economia rurale, evitando che le aziende agricole chiudano e che i borghi si svuotino. Il Distretto, attraverso una regia pubblica forte, punta a facilitare l’accesso ai finanziamenti europei, coinvolgere le scuole, formare i giovani, creare reti tra imprenditori e valorizzare le nuove forme di agricoltura sociale e urbana.
Sul fronte del consumo, l’obiettivo è ambizioso: garantire a tutti i residenti l’accesso a un cibo locale, sicuro e nutriente, combattendo l’omologazione delle abitudini alimentari e sostenendo la cultura del mangiare bene, vicino e giusto. L’integrazione tra produzione e distribuzione sarà un nodo cruciale: mercati contadini, gruppi d’acquisto, mense scolastiche a chilometro zero, e-commerce a filiera corta.
Il Distretto del cibo della Pianura canavesana e della Collina torinese potrebbe rappresentare un modello virtuoso anche per altri territori piemontesi, a cominciare dalle valli alpine e dalle zone collinari a vocazione agricola. Ma perché il progetto funzioni, sarà necessario un lavoro costante, una regia forte e soprattutto il coinvolgimento diretto di chi lavora la terra ogni giorno.
Per ora, la direzione è tracciata: un’agricoltura più forte, un territorio più coeso, un futuro più sano.
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