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09 Luglio 2025 - 11:45
A che punto siamo? Parliamo del complesso edilizio “PEC 5” di via Salassa. Una storia cominciata nel 1995 e che non si è ancora conclusa. Gli atti del Comune (delibere di consiglio e di giunta, e determine dei dirigenti comunali) permettono di ricostruire questa lunga avventura.
Che cos’è il PEC 5? È un Piano di Edilizia Convenzionata. Convenzionata con il Comune: un gruppo di cittadini, proprietari di terreni edificabili confinanti, si riuniscono, creano una società ad hoc – oppure, come è avvenuto per il PEC 5, non la costituiscono ma agiscono di comune accordo – e presentano al Comune un progetto edilizio che si estende a costituire un vero nuovo quartiere con nuove strade, nuove fognature, nuova illuminazione, nuova aree verdi.
Ogni cittadino che, individualmente, progetta o costruisce una casetta per sé, deve pagare una certa somma al Comune. Anche il gruppo di via Salassa doveva versare una somma al Comune, che al Comune stesso serve a realizzare le opere di urbanizzazione primaria al servizio del nuovo quartiere: strade, fognature, illuminazione, ecc. Ma, per non svuotare le casse comunali, sovente semivuote, in genere il Comune chiede ai proprietari che ci pensino loro a costruire a proprie spese le opere di urbanizzazione primaria: in cambio il Comune concederà loro un considerevole sconto, o l’annullamento totale, della somma dovuta al Comune. Come garanzia i proprietari accesero una fideiussione di 322.290 euro presso Zurich Insurance, che il Comune avrebbe potuto riscuotere per effettuare in proprio le opere di urbanizzazione che i proprietari non avessero eventualmente realizzato in tempo.
Tutti questi impegni sono contenuti in una convenzione sottoscritta davanti a un notaio da Comune e proprietari. Nel caso del PEC di via Salassa l’area era stata divisa in tre lotti: 5A1, 5A2, 5B. Quindi le convenzioni firmate nel 2006 dal notaio erano tre. Esse imponevano ai proprietari di concludere le opere di urbanizzazione entro nove anni, quindi entro il 2015.
Ora, che cosa è accaduto in via Salassa? In primo luogo, i proprietari non hanno consegnato e collaudato le opere di urbanizzazione loro spettanti entro il 2015. Il Comune ha concesso loro altri 4 anni di tempo, cioè fino al 2019. Ma anche stavolta i proprietari non riescono a portare a termine i lavori entro il termine concesso. Di fronte a un tale ritardo, il Comune chiede alla Zurich Insurance di riscuotere la fideiussione di 322.290 euro. Ma Zurich, ritenendo che i proprietari avessero in gran parte attuato le opere di urbanizzazione – così si può supporre dagli atti del Comune, avari di spiegazioni – propone di restituire al Comune solo 117.000 euro dei complessivi 322.290 della fideiussione.
Giovanni Ponchia in piedi
A questo punto il Comune vuole vederci chiaro, vuole comprendere con certezza quali opere i proprietari hanno fatto e quali restano da fare a spese del Comune stesso. Così nel 2019 (siamo a metà del decennio del sindaco ingegner Giovanni Ponchia) l’amministrazione affida ad una architetta del Chivassese uno studio che ha per oggetto: “Ricognizione dello stato di consistenza dei lavori eseguiti e STIMA DELLE OPERE DA ESEGUIRE”.
Nel dicembre 2020 la professionista deposita in Comune lo studio. Sono 30 pagine di descrizioni, di foto, di tavole e di calcoli. Circa la prima parte dello studio, dedicato alle opere che i proprietari hanno fatto, l’architetta ammette le difficoltà a calcolarne il valore, dato il tempo trascorso e il degrado cui gli anni e le intemperie hanno loro inflitto. Inoltre sono quasi tutte sotterranee. È invece relativamente più agevole quantificare la somma che il Comune dovrebbe spendere per eseguire le opere ancora da fare e che sono soprattutto strade, marciapiedi e verde: secondo l’architetta, la spesa ammonterebbe a ben 198.000 euro, oltre la metà della fideiussione, e ben oltre i 117.000 euro che Zurich vuole restituire al Comune.
Non solo: il computo metrico estimativo allegato allo studio non comprende l’IVA al 10%, che porterebbe la spesa a circa 207.000. Inoltre la professionista aggiunge tre avvertenze, considerando le quali la somma salirebbe di parecchio:
a) occorrerà ripristinare o sostituire le opere danneggiate o usurate dal tempo;
b) le opere già eseguite dai proprietari non sono attualmente collaudabili, se non “a seguito di intervento di ripristino, sistemazione o completamento; sarà necessario procedere a massicci interventi di pulizia da rovi e sterpaglie e alla verifica della funzionalità delle opere eseguite tramite l’apporto di ditte specializzate”;
c) i prezzi varieranno in base ai prezzari che saranno in vigore al momento della progettazione definitiva – esecutiva.
Come si vede, interventi con una certa consistenza e di un certo costo. A cui va aggiunta la parcella di 1.715 euro netti (senza IVA e altre voci) della professionista. Se, ai 198.000 euro di opere nuove che deve fare il Comune, aggiungiamo le riparazioni da effettuare su quelle vecchie, a quanto si arriva? Si arriverebbe piuttosto vicino ai 322.270 euro di fideiussione.
A questo punto ci saremmo aspettati che il sindaco respingesse energicamente l’offerta di Zurich di pagare al Comune solo 117.000 euro. Invece no: Ponchia tratta e si accontenta di 160.000. Perché?
Non sono rare le transazioni fra un Comune che chiede di incassare una fideiussione e la società assicuratrice che non vuole restituirla, o ne vuole restituire solo una parte: per non andare per avvocati ci si incontra a metà strada e finisce lì. Può darsi che Ponchia abbia avuto le sue buone ragioni per cedere così clamorosamente. Ma quali sono queste ragioni? Per trasparenza, non sarebbe stato opportuno esporle nella delibera che accetta la decurtazione?
I guai di via Salassa però non sono finiti. Incassati da Zurich i 160.000 euro, quei soldi ora Ponchia deve usarli per realizzare le opere di urbanizzazione primaria. E da qui in avanti ci troviamo di fronte a molte e complicate delibere e determine non tutte facili di decifrare. Ne riparleremo.
Per fare solo un esempio, prendiamo la determina dell’Ufficio tecnico n. 167/552 del 20 dicembre 2024. C’è già la giunta Careri. La responsabile dell’Ufficio tecnico, geometra Roberta Tomassini, porta da 105.954 euro (Iva esclusa) a 123.244 euro (Iva esclusa) la somma che il Comune dovrà corrispondere all’impresa edile che deve eseguire i lavori. Fino a quel momento erano stati 105.954, ora diventano 123.244.
Perché questo aumento? La spiegazione è vaga: “durante l’esecuzione delle opere si è verificata la necessità di apporre alcune modifiche rispetto al progetto approvato, senza alterare la natura del contratto, e si è resa necessaria la redazione di perizia di variante, che implica significativi miglioramenti sulla funzionalità dell’opera senza alterare l’impostazione progettuale originaria”.
Dunque c’era un progetto – e c’era una cifra stabilita per i lavori – ma ad un certo punto emerge la “necessità” di fare delle modifiche al progetto originario. Che fanno aumentare la spesa di quasi circa 18.000 euro. Ma queste modifiche – ci dice la determina – non modificano il progetto originario. Come no? Se sono state apportate delle modifiche al progetto originario, allora è stato cambiato proprio il progetto originario. È possibile? Si può fare? Le modifiche proposte sono passate in giunta comunale? E quali sono queste modifiche? E chi ha ordinato alla geometra Tomassini di apportare delle modifiche che inevitabilmente sono in difformità dal progetto originario?
La geometra rinvia ad una misteriosa “Perizia di Variante”, che non è reperibile nel sito del Comune. Scrive Tomassini: “Vista la documentazione tecnica progettuale della Perizia di Variante presentata al prot. n. 7820/2024 dal direttore dei lavori geom. […]”.
Quale perizia di variante? La geometra Tomassini non avrebbe potuto allegarla alla determina pubblicata nell’albo pretorio, in modo che tutti potessero consultarla?
Non dubito che ci siano state delle buone ragioni per effettuare queste misteriose modifiche: però se l’Ufficio Tecnico ci spiegasse in cosa consistono ci guadagnerebbe la trasparenza.
Intanto, i 160.000 euro che Ponchia ha accettato da Zurich sono quasi finiti, e il PEC 5 invece non è finito per niente.
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