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Il Tar stoppa la stanza antiabortista, ma la Regione rilancia: "Servizio solo sospeso"

Nonostante la sentenza di illegittimità, il Piemonte annuncia: “La stanza dell'ascolto è solo sospesa, torneremo a operare”. Il Sant'Anna rimane presidio ideologico pro-vita?

Il Tar stoppa la stanza antiabortista, ma la Regione rilancia: "Servizio solo sospeso"

Il Tar stoppa la stanza antiabortista, ma la Regione rilancia: "Servizio solo sospeso"(foto d'archivio)

Il diritto all’aborto resta sotto attacco in Piemonte. Non bastava l’aperta ostilità della giunta Cirio alla legge 194, ora anche una sentenza del Tar viene aggirata con arroganza politica. La cosiddetta Stanza d’ascolto del Sant’Anna, gestita da associazioni antiabortiste vicine al Movimento per la Vita, è stata dichiarata illegittima dai giudici amministrativi appena una settimana fa. Ma la Regione, anziché prenderne atto, rilancia. Anzi, rivendica.

Il progetto, finanziato con i soldi del fondo regionale “Vita nascente”, era stato introdotto come uno strumento di sostegno psicologico alla maternità. Nei fatti, come denunciano da mesi attiviste e opposizione, ha finito per diventare un presidio ideologico all’interno di un ospedale pubblico, dove volontari dichiaratamente anti-194 entravano in contatto diretto con donne che si rivolgevano ai consultori o al pronto soccorso ginecologico.

Il Movimento per la Vita, del resto, non lo nasconde: la loro missione è ostacolare la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza. Eppure, proprio a queste sigle è stata affidata — sotto il cappello di “accompagnamento” — una funzione strategica dentro la più importante struttura ginecologica della città di Torino.

Alberto Cirio, presidente della regione Piemonte. Secondo il Sole 24 Ore, è il terzo presidente di regione più apprezzato dagli italiani.

La sentenza del Tar, arrivata dopo una lunga battaglia legale e politica, ha messo nero su bianco che quella stanza viola i principi della 194. Ma non è bastato. Ieri, in Consiglio regionale, l’assessore al Welfare ha difeso l’iniziativa, affermando che la sospensione sarà solo temporanea. Nessuna parola sul rispetto del diritto all’autodeterminazione. Nessuna presa d’atto del pronunciamento della magistratura amministrativa. Solo difesa ideologica.

A protestare con forza sono state le capogruppo di Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi Sinistra, che hanno chiesto conto alla giunta Cirio di come sia possibile mantenere una linea così apertamente ostile alla normativa nazionale sull’aborto, nonché a una sentenza di un organo dello Stato. Ma la risposta, ancora una volta, è stata quella del muro di gomma.

Intanto, mentre si susseguono le interrogazioni e le proteste delle attiviste, la situazione resta paradossale: una Regione che paga con fondi pubblici le associazioni che contrastano una legge dello Stato, e che tenta ora di ripristinare un servizio dichiarato illegittimo pur di non cedere il passo.

Nel frattempo, a pagarne le conseguenze sono come sempre le donne, che trovano nei consultori meno medici non obiettori, più ostacoli burocratici, e ora anche — o di nuovo — il rischio di trovarsi davanti a un volontario antiabortista mentre chiedono un aiuto sanitario o un’informazione neutra.

Immagine di repertorio

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