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Torino
03 Luglio 2025 - 01:23
foto archivio
Una sentenza destinata a fare storia. Il Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte ha messo la parola fine all’esperimento controverso della “Stanza dell’Ascolto”, attiva dall’autunno 2024 all’interno dell’Ospedale Sant’Anna di Torino. Un’iniziativa promossa dalla Regione Piemonte, firmata dalla Città della Salute in convenzione con un’associazione dichiaratamente anti-abortista, che aveva come scopo quello di “intercettare” le donne intenzionate a interrompere una gravidanza e convincerle a non farlo. Il Tar ha stabilito che quella convenzione è illegittima.
A ricorrere alla giustizia amministrativa erano stati la Cgil di Torino e Piemonte e l’associazione femminista “Se non ora quando?”, che oggi celebrano la decisione con parole cariche di soddisfazione e orgoglio. «Esprimiamo soddisfazione per la decisione presa dai giudici amministrativi, che hanno ritenuto valide le ragioni che ci hanno portato ad opporci al progetto anti-abortista della Regione Piemonte», dichiarano congiuntamente Elena Ferro, segretaria della Cgil Torino, Anna Poggio, segretaria Cgil Piemonte, e Laura Onofri, presidente di Se non ora quando Torino.
«Questa sentenza difende il diritto delle donne di decidere in libertà del proprio corpo, come sancito dalla legge 194 che regolamenta l’interruzione volontaria della gravidanza dal 1978. Ringraziamo gli avvocati Piero Nobile, Sofia Mercaldo, Vittorio Angiolini, Stefano Invernizzi, Corrado Guarnieri e Francesca Romana Guarnieri per il lavoro svolto con dedizione e professionalità», proseguono.
Ma se da una parte si esulta, dall’altra si grida allo scandalo. L’associazione Pro Vita, che gestiva la stanza fin dal settembre 2024, considera la decisione del Tar un grave errore e invita la Regione a impugnare la sentenza. «Sconcerta pensare che un sindacato, che dovrebbe difendere i diritti dei cittadini, e un comitato di sedicenti femministe, che dovrebbe difendere i diritti delle donne, si siano uniti in una battaglia ideologica», afferma la portavoce Maria Rachele Ruiu, che difende a spada tratta il progetto bocciato dai giudici.
A ritenere giusta e necessaria la sentenza è anche il mondo della politica. La vicepresidente del Senato Anna Rossomando (PD) la definisce «una giornata importante, perché rafforza la difesa dei diritti conquistati in decenni di lotta, che evidentemente non devono mai essere dati per scontati». Gli fa eco Marco Grimaldi, vicecapogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra, che parla di «riaffermazione di un principio fondamentale: le scelte sul proprio corpo spettano alle donne e vanno rispettate, protette, garantite». E per la vicepresidente del PD Chiara Gribaudo «è fondamentale continuare a difendere la legge 194».
La “Stanza dell’Ascolto” era stata inaugurata il 31 luglio 2023 all’interno dell’ospedale ginecologico Sant’Anna, con la motivazione – ufficialmente dichiarata – di offrire un supporto concreto e umano alle donne in gravidanza, «aiutandole a superare le cause che potrebbero indurre all’interruzione della gravidanza». Ma fin da subito la sua funzione è apparsa ambigua e ideologicamente orientata, tanto da sollevare una lunga scia di proteste. Sotto accusa era soprattutto la Federazione Movimento per la Vita, associazione firmataria della convenzione con la Città della Salute e fortemente contraria all’aborto, al punto da far apparire l’ascolto come un tentativo di dissuasione mascherata.
A rafforzare il fronte contrario alla “Stanza dell’Ascolto” è intervenuta anche la voce di Roberta Mori, portavoce della Conferenza delle Donne Democratiche. «La sentenza del TAR Piemonte conferma in modo inequivocabile che il rispetto delle donne, della loro autodeterminazione e della legalità devono essere i principi guida in ogni luogo, tanto più in una struttura sanitaria pubblica», dichiara. «È giusto e doveroso che spazi gestiti da associazioni apertamente contrarie alla legge 194 siano considerati incompatibili con l’ordinamento giuridico e con la missione del nostro sistema sanitario pubblico».
La sentenza, secondo Mori, «ristabilisce una verità elementare: non si possono affidare funzioni di ascolto e sostegno in un ambito così delicato come quello dell’interruzione volontaria di gravidanza a soggetti che, per statuto, negano la legittimità della legge che lo regolamenta. Manca, come ha giustamente rilevato il Tar, ogni verifica di competenza, trasparenza e neutralità».
E ancora, conclude Mori: «È tempo di ribadire con forza che tutelare la salute delle donne significa garantire accesso a informazioni corrette, cure sicure e ambienti liberi da ingerenze ideologiche e giudicanti. Il diritto alla privacy, alla scelta consapevole e alla protezione della dignità personale deve essere centrale. Grazie all’impegno di Se Non Ora Quando e Cgil Torino e Piemonte, questa sentenza restituisce dignità e speranza alle donne. Continueremo a vigilare per garantire piena attuazione alla legge 194, ancora oggi ostacolata da obiezioni di coscienza diffuse e gravi diseguaglianze territoriali».
Mentre il dibattito politico si infiamma e si preparano le contromosse legali, una cosa è certa: la “Stanza dell’Ascolto” così com’è non potrà più esistere. Il Tar ha parlato chiaro. Ed è un messaggio che va ben oltre le mura dell’ospedale Sant’Anna: riguarda l’autonomia, la dignità e il diritto inalienabile delle donne di scegliere, senza pressioni, senza giudizi, senza trappole. Dentro e fuori una stanza. Dentro e fuori una legge che, dal 1978, è stata – e deve rimanere – un presidio di civiltà.
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