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Contro Orbán, contro Valditara, contro l’omobitransfobia: il Pride di Ciriè è lotta politica

Dalle strade di Budapest a Ciriè, le manifestazioni LGBTQIA+ rivendicano diritti civili e i principi di giustizia sociale. Presenti anche l'assessore comunale Fabrizio Fossati e il consigliere Francesco Simone Silvestro

Non solo colori: il Pride come atto politico e spazio di cura attraversa la provincia

Nello stesso giorno in cui una folla di gente si è mobilitata per inondare di colori le strade di Budapest, nonostante il premier di estrema destra Victor Orbán lo abbia espressamente vietato, anche Ciriè è scesa in piazza per il Pride, che è stato organizzato dal collettivo transfemminista intersezionale ProvinciaLotta.

La provincia, come diciamo ormai da quattro anni, è un luogo in cui fare attivismo è essenziale in quanto teatro di abusi e invisibilizzazione delle comunità oppresse. In più non essendoci l'anonimato delle città, è facile marcare chiunque non rispetti la norma imposta dal pensiero comune provinciale, bigotto, cattolico, ignorante” ha esordito il collettivo all'inizio del corteo, partito da via Martiri della Libertà.

Quest’anno il movimento del Pride ha compiuto 56 anni. Infatti, è nato in seguito ai Moti di Stonewall, avvenuti a New York nella notte tra il 27 e il 28 giugno 1969. La rivolta scoppiò in risposta a una retata della polizia allo Stonewall Inn, un bar frequentato dalla comunità LGBTQIA+ nel Greenwich Village. La resistenza dei presenti a questa discriminazione e violenza diede il via a giorni di proteste e segnò un punto di svolta per il movimento per i diritti LGBTQIA+.

Per il suo 56esimo compleanno, in Italia più di 50 città hanno sfilato nel mese di giugno. A Ciriè ProvinciaLotta ha festeggiato la sua quarta edizione, portando nelle strade non solo gioia e colori, ma anche riflessioni su temi di grande importanza, dal genocidio che si sta consumando in Palestina ai diritti dei lavoratori, dalla barbarie legalizzata nei CPR al diritto all'aborto. Che cos'è il Pride, infatti, se non uno spazio in cui parlare di giustizia sociale? E' quanto si chiedono anche i membri del collettivo, che in un intervento sostengono: "Non esiste neutralità che tenga, non esiste Pride senza responsabilizzarci sui crimini che si stanno portando avanti in maniera indisturbata per opera di un Occidente complice, che vanta istanze di libertà, giustizia e pace. Un Occidente che si vanta di promuovere i diritti democratici, ma che non fa che strumentalizzare le istanze queer per riaffermare la propria superiorità razziale bianca, patriarcale ed eurocentrica ai danni dei popoli oppressi".

Una manifestazione, quindi, che non può che essere di fondamentale importanza, dato il gusto amaro che accompagna la situazione dei diritti civili negli ultimi anni. Ne è un esempio l’esame del Ddl presentato poche settimane fa dal Ministro leghista Giuseppe Valditara, che introduce nuove disposizioni in materia di consenso informato in ambito scolastico, di fatto limitando ampiamente l’educazione sessuale nelle scuole. Il testo, infatti, obbliga le scuole a chiedere il consenso informato ai genitori quando si parla di sessualità. Nessun docente potrà più parlare liberamente in classe, ma dovranno essere il Collegio docenti e il Consiglio d’Istituto ad individuare gli esperti da invitare. Le scuole dovranno poi mettere a disposizione tutti i materiali in anticipo.

Un testo che, più che affrontare in maniera costruttiva i temi della sessualità e dell’affettività, alimenta una sorta di timore nei confronti della fantomatica “ideologia gender”. Lo conferma l’associazione ProVita e Famiglia, che commentando il Ddl sottolinea la necessità di “proteggere anche lo sviluppo armonico ed equilibrato dei minori, opponendo un solido baluardo all’ideologia Lgbt+, senza per questo limitarne la libertà di espressione. La diffusione della teoria del gender a scuola è infatti la testa d’ariete per normalizzare l’omosessualità, il transessualismo e, in generale, i comportamenti gender fluid”. 

A livello locale, lo conferma anche la posizione dell’Assessore regionale con deleghe alla famiglia e all’infanzia, Maurizio Marrone, che non ha mai nascosto la forte opposizione al Ddl Zan, il disegno di legge sui diritti della comunità LGBT+ e alle discriminazioni di genere, presentato nel 2018 e poi accantonato dal senato nel 2021.

In generale, passi indietro rispetto ai diritti civili sono anche le numerose notizie di aggressioni, verbali e fisiche, nei confronti di persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+, che ci giungono quotidianamente dalle testate nazionali. Insomma, sembra di trovarsi ancora nella fase in cui i diversi orientamenti sessuali e le identità di genere sono considerati strani, stra-ordinari, per alcuni addirittura devianti.

Per questo, scendere in piazza in un giorno come questo ha un significato politico forte. Perché sovverte la tendenza del governo attuale a soffocare la libertà di espressione in materia di sessualità e affettività, ad imporre un’idea di società tradizionale, fondata sul nucleo della famiglia cristiana eteronormata. 

A Ciriè, il corteo ha sfilato per il centro storico, manifestando le proprie rivendicazioni al grido di "rabbia e cura". Non sono mancate le reazioni di residenti restii ad accettare le istanze portate avanti dal movimento, che hanno attaccato su alcuni alberi piccoli manifesti che riportavano "ringrazia due persone etero se oggi esisti. Etero-Pride". Una provocazione a cui il collettivo ha risposto "l'etero-Pride ce lo avete 364 giorni l'anno. Oggi è tutto FroCiriè, è tutta una rivolta trans, quindi statevene a casa".

Ad accompagnare il movimento sotto il sole cocente di giugno erano presenti anche l'assessore comunale Fabrizio Fossati e il consigliere Francesco Simone Silvestro, che ha partecipato a tutto il Pride guidando il furgone in testa al corteo.

“Abbiamo predisposto persone e spazi affinché la lotta potesse esprimersi, con altrettanta forza, nei suoi modi unici e non stereotipati. Prendersi cura dell3 altr3 negli spazi pubblici, costruire ambienti più a misura di essere umano, sono alcune delle strade che abbiamo provato a percorrere” ha commentato il collettivo ProvinciaLotta.

Per questo motivo, al fondo del corteo è stata creata una zona silenziosa, cioè un’area di decompressione in cui le persone hanno potuto trovare acqua, tappi auricolari e persone volontarie. L’obiettivo è stato di permettere a chiunque di partecipare all’evento. “In questo mondo velocissimo e rumoroso, il nostro stare in piazza è politico e prova ad essere veicolo di tutte le voci, non solo di quelle che urlano più forte”.

Il Pride, quindi, si conferma non solo una sfilata colorata, ma un atto di resistenza e di costruzione. Che sia nelle vibranti strade di Budapest, nonostante i divieti, o nelle piazze più raccolte come quella di Ciriè, ogni manifestazione è un tassello fondamentale nella tessitura di una società più giusta e inclusiva.

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