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Auto elettriche, il paradosso del progresso: è silenziosa ma fa venire il mal d'auto

La sfida delle auto elettriche: il silenzio e la tecnologia che scatenano una nuova forma di mal d'auto

Viaggi elettrici e nausea

Viaggi elettrici e nausea: quando l’auto del futuro fa venire il mal d’auto

Un’auto silenziosa, scattante e tecnologica. Un futuro più pulito e innovativo. Ma anche una spiacevole sorpresa per molti passeggeri: il ritorno del mal d’auto, o meglio, l’arrivo di una sua nuova forma, figlia dell’era elettrica. Con le auto a batteria che rappresentano ormai il 22% delle immatricolazioni nel 2024, ci si aspetterebbe solo benefici. E invece, accanto alla rivoluzione ecologica, c’è chi combatte nausea, vertigini e disorientamento appena salito a bordo.

Il fenomeno è ancora poco indagato, ma le testimonianze iniziano a moltiplicarsi: chi viaggia in auto elettrica, anche per brevi tragitti, accusa fastidi simili alla cinetosi, il classico mal d’auto noto soprattutto ai bambini. La causa? Una miscela di fattori sensoriali e tecnologici, del tutto assenti nei veicoli tradizionali, che rendono le auto a batteria un ambiente perfetto per il disagio neurovestibolare.

Il primo colpevole è il silenzio. In un’auto a combustione, il rumore del motore e le vibrazioni forniscono al cervello indizi preziosi sui movimenti imminenti. Sono come segnali d’allerta che aiutano il corpo a prepararsi alle accelerazioni e alle frenate. Ma nelle auto elettriche, tutto questo viene a mancare. L’accelerazione è immediata, la partenza è fulminea, ma manca il “rumore” che avverte il cervello, che così si trova a dover interpretare un movimento senza alcun preavviso uditivo o vibrazionale.

A questo si aggiunge un secondo elemento: la frenata rigenerativa, quel sistema che consente di recuperare energia durante il rallentamento. Una scelta utile per l’autonomia della batteria, certo, ma che si traduce in frenate più dolci e prolungate, quasi invisibili agli occhi, mentre il corpo avverte comunque il rallentamento. Anche in questo caso, il cervello riceve informazioni discordanti: gli occhi dicono una cosa, il corpo un’altra. Il risultato? Un senso di nausea crescente, soprattutto per i passeggeri.

E poi c’è l’abitacolo. O meglio, il design delle auto elettriche, sempre più proiettato verso la digitalizzazione estrema. Cruscotti pieni di schermi, luci LED, comandi touch e finestre ridotte all’osso. Una cabina hi-tech che riduce ulteriormente il contatto visivo con l’esterno, e rende quasi impossibile il più classico dei rimedi: guardare l’orizzonte per stabilizzare la percezione del movimento.

La questione non è secondaria. In un’epoca in cui i viaggi in auto si allungano, la guida autonoma si avvicina e le auto elettriche si moltiplicano sulle strade, il rischio è che il malessere da viaggio diventi un problema di massa, non più riservato a pochi sfortunati. Per questo, la ricerca scientifica sta iniziando a occuparsene seriamente.

Lo conferma William Emond, dottorando presso l’Université de Technologie de Belfort-Montbéliard, che studia proprio l’adattamento neurologico ai veicoli elettrici: “Il cervello si basa sull’esperienza per prevedere il movimento. Con le auto elettriche, ancora poco familiari, questo sistema predittivo va in tilt, e il disagio aumenta”. Ma le soluzioni non mancano. Emond e altri ricercatori stanno lavorando a sistemi visivi o vibrazionali che possano avvisare il corpo del movimento imminente, come suoni modulati o micro-vibrazioni nei sedili. In alcuni progetti di veicoli autonomi, si stanno già testando cinture di sicurezza intelligenti, in grado di compensare lo sbilanciamento sensoriale.

Nel frattempo, chi soffre può adottare alcuni rimedi pratici. Evitare di leggere o usare smartphone in auto, mantenere lo sguardo sull’orizzonte e scegliere sedili anteriori sono accorgimenti noti, ma ancora efficaci. Anche fare pause frequenti, aprire i finestrini per migliorare la ventilazione e mangiare leggero prima di mettersi in viaggio possono ridurre l’impatto della cinetosi.

Certo, resta il paradosso: l’auto del futuro, quella che dovrebbe essere più sicura, silenziosa e rispettosa dell’ambiente, rischia di diventare una tortura per lo stomaco. Ma come ogni evoluzione tecnologica, anche questa ha bisogno di adattamento. La buona notizia è che l’industria sembra ascoltare, e la scienza sta già cercando risposte.

L’auto elettrica è qui per restare. Ma se vuole conquistare davvero tutti, dovrà imparare non solo a consumare meno, ma anche a farci viaggiare meglio. Perché la rivoluzione green non può passare dalla nausea.

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