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Extinction Rebellion a Torino: protesta simbolica contro il legame tra guerra e crisi climatica

Protesta simbolica di Extinction Rebellion a Torino: "o guerra, o clima" - attivisti si arrampicano sulle statue per denunciare le connessioni tra crisi climatica, militarismo e diritti umani

Extinction Rebellion

Extinction Rebellion a Torino: protesta simbolica contro il legame tra guerra e crisi climatica

Striscioni, simboli, corpi appesi alle statue e un messaggio politico forte e preciso. Questa mattina, di fronte a Palazzo di Città a Torino, sede del Comune, è tornata in scena Extinction Rebellion, con una nuova azione di protesta nonviolenta ma altamente simbolica, destinata a far discutere.

Un gruppo di attiviste e attivisti ha scelto di arrampicarsi sulle due statue collocate ai lati dell’androne principale del palazzo comunale, vestendole con i colori della Palestina e appendendo un grande striscione bianco con la scritta: “Torino 2030: guerra o clima?”. Sulla soglia dell’edificio, a terra, altre persone reggevano un secondo striscione: “Basta accordi con stati genocidi”. Un gesto forte, che lega direttamente la questione climatica con la geopolitica, e in particolare con la guerra in corso a Gaza.

La scelta del luogo e delle modalità non è casuale. Per Extinction Rebellion Torino, si tratta di una chiamata diretta al Comune, affinché smetta di ignorare le connessioni tra politiche ambientali, industria bellica e relazioni internazionali. In particolare, il collettivo chiede che Torino interrompa ogni rapporto istituzionale con lo Stato di Israele, sulla scia di quanto fatto da altre amministrazioni italiane, come quella di Bologna che ha ritirato la propria adesione a una fiera in Israele.

Nel comunicato diffuso poche ore dopo il blitz, gli attivisti spiegano che il settore militare è responsabile del 5% delle emissioni globali di gas serra, e che quindi nessun piano credibile di azzeramento delle emissioni può escludere il ruolo della guerra e del riarmo. Per Extinction Rebellion, è ipocrita continuare a parlare di transizione ecologica, mobilità sostenibile e neutralità climatica, senza affrontare le conseguenze ambientali dei conflitti armati, delle forniture militari e delle alleanze con Stati impegnati in operazioni militari su larga scala.

“Vogliamo che Torino abbia il coraggio di scegliere: o guerra, o clima”, si legge nella nota. E ancora: Chiediamo coerenza, fine dell’ambiguità, fine dei rapporti con Stati che violano i diritti umani e devastano l’ambiente”.

L’iniziativa ha suscitato reazioni contrastanti tra passanti e funzionari comunali. C’è chi ha apprezzato il messaggio, pur criticando i metodi, e chi invece ha parlato di strumentalizzazione ideologica, accusando il movimento di confondere temi diversi. Dal Comune, al momento, nessuna presa di posizione ufficiale. Né sul blitz, né sulle richieste.

Non è la prima volta che Extinction Rebellion porta avanti proteste che incrociano la crisi climatica con temi geopolitici e diritti umani. A maggio, sempre a Torino, avevano bloccato il traffico in corso Vittorio per denunciare l’inazione dei governi sul cambiamento climatico. Oggi il messaggio si fa ancora più esplicito: la lotta ambientale non può essere separata dal rifiuto del militarismo, e il clima non si salva senza cambiare radicalmente modello economico, energetico e diplomatico.

Per il momento, gli attivisti sono stati identificati dalle forze dell’ordine, ma non risultano fermi né denunce. La protesta si è conclusa senza incidenti. Ma il segno lasciato su uno dei palazzi più simbolici del potere torinese resta. E l’interrogativo, per chi oggi amministra la città, è ormai sul tavolo: si può davvero parlare di futuro climatico senza interrogarsi su chi si sceglie come interlocutore internazionale?

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