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04 Luglio 2025 - 09:15
Blackout internet dal 30 giugno sulla collina di Torino: smart working impossibile e cittadini furiosi
Non si lavora, non si prenotano visite mediche, non si guardano nemmeno le partite in streaming. È il blackout digitale che sta colpendo da lunedì 30 giugno centinaia di cittadini di Rivalba, Sciolze e Gassino Torinese. Una fetta consistente della collina è isolata. Totalmente. Senza internet.
Le telefonate arrivate in redazione sono decine. Cittadini esasperati, in cerca di risposte da call center che – quando non risultano occupati – danno la classica risposta automatica "ci scusiamo per il disagio". Ma qui il disagio ha preso la forma di una quotidianità impossibile da gestire.
“Sono in smart working da casa – ci dice una residente di Rivalba – o meglio, dovrei esserlo. Ma da lunedì non riesco più a connettermi con il server aziendale. Ho dovuto prendere ferie forzate. E ovviamente, non pagate”.
Una testimonianza tra tante. Una voce tra le molte che ci chiedono semplicemente: “quando tornerà a funzionare tutto?”.
La rete non funziona, indipendentemente dall’operatore. TIM, Vodafone, Wind, Fastweb. È come se ci fosse un gigantesco blocco infrastrutturale alla base, che va oltre il singolo gestore. E da giorni non si vedono né tecnici né comunicazioni ufficiali. Il silenzio è l’unica cosa che viaggia veloce.

C’è chi è stato costretto a prendere la macchina per andare nel primo bar con Wi-Fi libero del paese vicino, pur di mandare una mail. C’è chi non riesce ad attivare l’app del conto corrente per pagare una bolletta. C’è chi non può più usare WhatsApp per sentire i familiari. Ci sono studenti che non riescono a inviare un compito, anziani che non possono accedere al Fascicolo Sanitario Elettronico per una ricetta, negozianti che non riescono ad aggiornare i pagamenti col POS. Tutto fermo. Come se qualcuno avesse schiacciato "pause" sulla vita digitale.
Nel 2025, un disservizio di questo tipo non può essere archiviato con un “guasto temporaneo”. Anche perché qui di temporaneo c’è solo la pazienza. Che sta finendo.
Venerdì 4 luglio la situazione è ancora identica. Niente rete. Nessun aggiornamento. Nessuna scadenza. E se provi a chiamare l’assistenza ti ritrovi in coda dietro altre 80 persone, con una musichetta di sottofondo che ti fa salire la pressione. “Abbiamo provato tutti, più volte – ci dice un altro residente di Sciolze – ma tanto la risposta è sempre la stessa: ‘stiamo lavorando per voi’. Sì, ma da dove?”
La domanda vera, però, è un’altra: perché nessuno parla di questa interruzione? Perché nessuna amministrazione locale, nessun operatore telefonico ha pubblicato una nota ufficiale? In tempi di digitalizzazione spinta e PNRR, è accettabile lasciare senza rete tre Comuni per cinque giorni? È possibile che nessuno sia in grado di spiegare cosa sta succedendo?
I cittadini, nel frattempo, si arrangiano. Alcuni hanno riattivato vecchie SIM con hotspot. Altri si sono trasferiti temporaneamente da parenti. Altri ancora – i più arrabbiati – parlano già di class action. Ma il problema resta. E il disagio cresce.
A chi vive in città, abituato alla fibra ultraveloce e al 5G ovunque, tutto questo suona come un problema di serie B. Ma non lo è. Perché qui non si tratta di guardare Netflix o aggiornare Instagram. Si tratta di vivere. E vivere senza connessione, oggi, significa non poter lavorare, non poter curarsi, non poter comunicare.
E forse è arrivato il momento che qualcuno – un sindaco, un assessore, un operatore – ci metta la faccia. E dica “ecco cos’è successo, ecco quando tornerà tutto alla normalità”.
Perché stare zitti quando la rete salta non è solo una mancanza. È un’offesa alla dignità di chi ci vive.
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