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Infermieri italiani troppo vecchi e sempre più malati: il SSN verso il collasso generazionale

Crisi della sanità italiana: infermieri invecchiati e personale insufficiente mettono a rischio il sistema

Infermieri italiani

Infermieri italiani troppo vecchi e sempre più malati: il SSN verso il collasso generazionale

Mentre la sanità europea si rinnova, l’Italia resta ferma. E invecchia. Gli infermieri italiani sono i più anziani d’Europa, con un’età media che ha raggiunto i 56,49 anni, ben oltre i circa 41 della media UE. A lanciare l’allarme è Nursing Up, sindacato di categoria, che ha diffuso i dati di uno studio approfondito sul personale infermieristico del Servizio Sanitario Nazionale. Una fotografia impietosa che racconta un settore al limite, dove il ricambio generazionale è assente e il rischio di un collasso organizzativo è più che concreto.

«L’Italia della professione infermieristica invecchia prima ancora di rigenerarsi», denuncia il presidente di Nursing Up Antonio De Palma. Il confronto con il resto d’Europa è impietoso: in Germania l’età media è di 40,6 anni, nel Regno Unito di 43, nei Paesi Bassi e nei Paesi nordici (Svezia, Norvegia, Finlandia) si oscilla tra i 40 e i 42 anni. In Spagna, il 53% degli infermieri ha meno di 45 anni, e solo l’11,8% ha più di 65. In Italia, invece, i corridoi degli ospedali sono percorsi da personale che si avvicina alla pensione, spesso logorato da turni massacranti e condizioni di salute compromesse.

E infatti, i dati clinici sono ancora più allarmanti. Secondo una rilevazione condotta dall’Istituto Superiore di Sanità nel 2023, il 69% degli infermieri italiani soffre di patologie legate al lavoro. Il 53% presenta disturbi muscoloscheletrici, il 17% manifesta sintomi da stress cronico e il 12% ha registrato un peggioramento fisico negli ultimi tre anni. Al contrario, nei Paesi dove l’età media è più bassa, come in Scandinavia, le stesse patologie colpiscono meno del 30% del personale.

Oltre all’età, a pesare è anche l’impoverimento del bacino di nuovi infermieri. I numeri parlano chiaro: nel 2004 le iscrizioni ai corsi di laurea erano 46.281. Oggi si sono più che dimezzate, fermandosi a 21.250. Un calo drammatico che si somma al fatto che una fetta significativa di personale andrà in pensione nei prossimi 15 anni, lasciando interi reparti sguarniti. Il sistema rischia di trovarsi con meno della metà degli infermieri necessari, proprio quando l’invecchiamento della popolazione aumenterà la richiesta di cure.

E la politica? Secondo De Palma, continua a ignorare il problema. Si cercano soluzioni tampone: figure ibride come l’assistente infermiere, reclutamento all’estero, contratti a gettone. Ma non si interviene sulle cause strutturali: stipendi bassi, carichi insostenibili, assenza di tutele fisiche e psicologiche. In poche parole: l’Italia non investe sui propri infermieri, né in termini di formazione né di valorizzazione professionale.

Il rischio, avverte il sindacato, è che sempre più giovani scelgano altre strade o che, una volta formati, emigrino all’estero dove trovano condizioni economiche e lavorative più attrattive. Un paradosso che si ripete da anni: si formano professionisti che poi curano altri Paesi. Intanto, nelle corsie italiane, restano i veterani, spesso senza riconoscimento, con la schiena a pezzi e senza prospettive.

Nursing Up lancia un appello urgente al Governo: serve un piano nazionale di rilancio, non solo per rinnovare l’organico ma per rendere di nuovo attrattiva una professione fondamentale. Servono aumenti salariali, nuove assunzioni, programmi di tutela della salute del personale, orientamento scolastico e campagne di sensibilizzazione per far capire che l’infermiere non è solo un ruolo tecnico, ma un pilastro del sistema sanitario.

Senza una svolta immediata, conclude De Palma, tra pochi anni potremmo non avere più chi assiste i malati, chi somministra le terapie, chi salva le vite nei pronto soccorso. E non basterà più parlare di emergenza: sarà il default silenzioso di una sanità che ha dimenticato i suoi protagonisti.

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