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03 Luglio 2025 - 10:54
La Stanza dell’Ascolto sospesa, ma i promotori non si arrendono
Dopo settimane di polemiche, ricorsi e titoli accesi, arriva una risposta netta da parte dei gestori ufficiali della Stanza dell’Ascolto, il servizio di volontariato attivo presso una struttura ospedaliera e ora sospeso a seguito di una sentenza del TAR del Lazio. Ma se da più parti si grida alla chiusura forzata, chi la Stanza l’ha promossa e firmata in convenzione, precisa i contorni reali della vicenda.
Il comunicato, diffuso in risposta a dichiarazioni riportate da altri soggetti come Pro Vita & Famiglia, rivendica la titolarità del progetto e commenta con ottimismo la recente pronuncia del Tribunale amministrativo, che non ha accolto le tesi centrali dei ricorrenti, a partire dalla CGIL, che è stata esclusa dal processo per «difetto di legittimazione attiva».
Secondo il TAR, lo statuto della CGIL non contempla finalità riferibili alla legge 194/1978, e dunque il sindacato non aveva titolo per agire. Un primo passaggio giudicato dai promotori come «positivo e chiarificatore», che smentisce la tesi secondo cui i diritti delle lavoratrici sarebbero stati lesi dall’attività di ascolto proposta all’interno dell’ospedale.
Altro punto centrale riguarda il presunto contrasto con la legge 194. Il TAR chiarisce che la norma non sancisce un diritto incondizionato all’interruzione volontaria della gravidanza, ma ne regola la liceità entro limiti e condizioni, all’interno di un percorso informativo e assistenziale che può includere anche la proposta di proseguire la gravidanza. Una lettura della legge che – secondo i firmatari del progetto – legittima appieno l’attività svolta nella Stanza dell’Ascolto, destinata a offrire uno spazio riservato, gratuito e non giudicante alle donne che si trovano in situazioni di difficoltà.
Il tribunale, dunque, non censura il servizio in sé, ma piuttosto una lacuna formale nella convenzione stipulata tra i promotori e l’azienda ospedaliera. In particolare, si contesta la mancanza di una verifica esplicita dei requisiti professionali dei volontari e delle volontarie. Ma è su questo punto che i responsabili della Stanza promettono di voler tornare in campo: «Siamo ben contenti di poter dare evidenza della grande esperienza dei nostri volontari, rappresentati da figure professionali, con ampia formazione, anche grazie a percorsi organizzati con l’Ospedale stesso».
Un chiarimento che arriva dopo mesi di tensioni e campagne contrapposte, in cui il servizio era stato descritto da alcune realtà come una “presenza ideologica” nelle corsie ospedaliere, finalizzata a dissuadere le donne dall’abortire. Accuse che i responsabili della Stanza respingono al mittente, ribadendo che l’obiettivo non è mai stato quello di interferire con la libertà delle donne, ma quello di offrire un supporto aggiuntivo a chi lo richiede.
Il comunicato sottolinea inoltre che l’aspetto realmente innovativo del progetto – e confermato legittimo dalla sentenza – è la possibilità di svolgere questo servizio direttamente in ospedale, e non solo nei consultori, come spesso accade. Una scelta motivata dalla volontà di essere presenti proprio nei luoghi in cui le donne si rivolgono nei momenti più critici, e dove un supporto umano può fare la differenza.
Nonostante la sospensione momentanea dell’attività, i promotori si dicono ottimisti sul futuro: «Prendiamo atto della decisione, ma da una lettura attenta della sentenza emergono diversi aspetti positivi». L’obiettivo ora è di integrare quanto richiesto dal TAR, dimostrando con atti e curriculum la preparazione dei volontari. E, possibilmente, riattivare il servizio in tempi rapidi, anche per evitare che su questo tema prevalgano strumentalizzazioni e polarizzazioni.
La partita legale, dunque, non chiude le porte all’esperienza della Stanza. Anzi, per chi l’ha ideata e sostenuta, si apre una nuova fase, che passa per il riconoscimento istituzionale, la trasparenza e il dialogo con i soggetti coinvolti. Con una convinzione chiara: «la presenza accanto alle donne è un valore, non un ostacolo».
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