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26 Giugno 2025 - 17:36
Così il rock resta vivo
Parlare di rock significa attraversare decenni di rivoluzioni, provocazioni, trasformazioni. Significa evocare voci che hanno squarciato il silenzio, accordi che hanno definito generazioni, dischi che ancora oggi fanno tremare le casse. È una storia lunga, stratificata, piena di idoli e di svolte. Ma se si guarda a chi ha davvero inciso il proprio nome sulla pelle viva della musica mondiale, i nomi che tornano sono sempre gli stessi. Cinque figure che non solo hanno dominato le classifiche, ma hanno cambiato il modo di ascoltare, pensare e vivere il rock.
In cima a tutto ci sono i Beatles. La band di Liverpool non ha soltanto inventato un suono, ha cambiato la percezione stessa del pop e del rock come forma d’arte. Ogni loro album era un passo avanti, un ribaltamento delle regole. Da Yesterday a Come Together, ogni canzone è diventata un tassello di un linguaggio nuovo, universale, che ha attraversato culture, generazioni e continenti. Non esiste artista, oggi, che non porti dentro una traccia, anche minima, di quella rivoluzione sonora iniziata nei primi anni Sessanta. Poi ci sono i Led Zeppelin, i profeti del suono primordiale. Con il loro debutto omonimo del 1969 hanno letteralmente scosso le fondamenta della musica. Riff possenti, contaminazioni blues, testi epici e registrazioni all’avanguardia hanno dato vita a un’estetica sonora completamente nuova. Non hanno solo fatto musica: hanno scolpito materia viva, trasformando ogni concerto in una liturgia. La loro eredità vive oggi nel metal, nell’hard rock, nell’alternative, in ogni chitarra distorta che osa cercare l’infinito.
I Led Zeppelin in una via di Milano (1971)
Impossibile non citare i Rolling Stones, incarnazione del rock come istinto, eccesso e resistenza. Mick Jagger e Keith Richards hanno attraversato epoche mantenendo viva la fiammella del ribellismo autentico. Hanno mescolato rock, blues e soul, parlando al disagio giovanile con un linguaggio sporco, sincero, elettrico. Ancora oggi, dopo oltre sessant’anni di carriera, salgono sui palchi come se nulla fosse cambiato. Perché nel loro caso, in fondo, nulla è mai cambiato davvero: il rock è ancora sangue, pelle, urgenza. A irrompere nella lista c’è anche chi ha dato al rock una coscienza politica e spirituale: gli U2. Con The Joshua Tree hanno raccontato il mondo, con Achtung Baby l’hanno decostruito. Hanno portato i temi della giustizia sociale, della fede e del conflitto interiore nel cuore della cultura pop. Hanno sperimentato, rischiato, reinventato. E Bono, con i suoi testi e la sua voce, è diventato molto più di un frontman: è stato megafono di generazioni in cerca di senso.
Infine, David Bowie. Non semplicemente un artista, ma un concetto vivente. Capace di cambiare pelle come nessuno, ha anticipato il discorso identitario, mescolando il glam con il dolore, la fantascienza con la psichedelia, l’arte con l’inquietudine. Ziggy Stardust non è stato solo un personaggio, ma una finestra su un’altra dimensione. Bowie ha fatto della trasformazione un principio politico ed estetico. Ha aperto strade che ancora oggi sembrano futuristiche. E anche da morto, continua a essere più vivo di molti vivi.
Cinque nomi, dunque. Cinque rivoluzioni. Cinque modi diversi di dire una sola cosa: il rock non è un genere musicale. È un linguaggio, un atteggiamento, una dichiarazione. Chiunque abbia mai preso una chitarra in mano, abbia mai urlato contro il mondo, abbia mai trovato in un brano la forza di alzarsi in piedi, deve qualcosa a loro. Perché sono stati più di musicisti: sono stati – e sono ancora – il suono stesso del cambiamento.
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