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23 Giugno 2025 - 10:27
Cambursano shock: «Nel 2027 smetto. Ma prima mando a casa questi incapaci»
Renato Cambursano ha attraversato mezzo secolo di vita politica chivassese. Da giovane consigliere comunale della Democrazia Cristiana nel 1975 a parlamentare per tre legislature, passando per il ruolo di sindaco di Chivasso e consigliere provinciale, è stato protagonista di tutte le stagioni amministrative e delle loro evoluzioni, asprezze comprese. Oggi, a 78 anni, osserva da “esterno”, ma non da silente: la memoria è lucida, il giudizio affilato.
E quando parla, Renato Cambursano non fa sconti. Né al passato, né al presente. In questa intervista – lunga, densa, senza reticenze – ricostruisce la sua carriera politica, denuncia con nomi e cognomi ciò che, secondo lui, non funziona più e annuncia la sua intenzione: chiudere il cerchio nel 2027, ma non prima di “mandare a casa questi incapaci”.
Renato Cambursano, negli ultimi 12 anni sei rimasto fuori dalla politica attiva, ma in totale sono 50 gli anni che ti hanno visto protagonista a Chivasso. Che bilancio fai?
Era il 14 giugno 1975 quando venni eletto Consigliere comunale per la Democrazia Cristiana, partito che aveva aumentato il numero di eletti, ma che fu relegato all’opposizione dai social-comunisti. Questi ultimi, assetati di potere, conquistarono subito l’unico socialdemocratico eletto, facendolo prima assessore, poi sindaco, e infine coinvolgendo anche l’unico liberale. Presi oltre 800 preferenze, subito dopo il sindaco uscente Giovanni Chiavarino e il dottor Zanda, noto medico del territorio, e davanti a Rolando Picchioni, già vicesindaco e parlamentare.
Furono cinque anni penosi. Con il sindaco Paolo Rava e tre “forestieri”: Luciano Felicetti da Torino, assessore all’Urbanistica e autore del PRGC che bloccò la città per dieci anni; Teobaldo Fenoglio da Settimo, funzionario del PCI e assessore provinciale; Gaspara Pajetta, figlia di Giancarlo, consigliera e poi vicesindaca. Nel 1977 Rava si dimise e gli subentrò Livio Riva Cambrino, ma la situazione peggiorò. Tanto che nel 1983 Beppe Busso scrisse il celebre “libretto azzurro” denunciando inadempienze e malgoverno.
Dopo dieci anni all’opposizione, arrivò la svolta. Come avvenne?
I social-comunisti si affossarono da soli. Noi ci limitammo a denunciarne limiti, contraddizioni e risultati deludenti, nonostante il clima di spesa facile garantito dai rimborsi a piè di lista dei decreti Stammati. Più spendevi, più lo Stato rimborsava. Così si costruì il Debito Pubblico.
Nel 1985 venivi eletto sindaco. Con quale situazione ti confrontasti?
Trovai le casse comunali vuote e una richiesta di oltre 3 miliardi di lire da parte di Cogim, trasformati poi in crediti per opere mai realizzate fino ad allora. I rifiuti venivano spediti a Novara a costi esorbitanti e si stava realizzando una discarica “a cielo aperto” in regione Pozzo. La mia Amministrazione affrontò e risolse il problema, salvo poi subire un quadruplicamento della capienza imposto dalla Regione, nonostante il dissenso dei chivassesi. Il 30 maggio 1990, durante la Conferenza dei Servizi, fui persino aggredito fisicamente da un dirigente dell’assessorato all’ambiente. Peccato non averlo denunciato.
Renato Cambursano, ex sindaco di Chivasso e parlamentare
Non ti chiedo l’elenco delle opere realizzate nei tuoi cinque anni e mezzo da sindaco. Ma ci sono somiglianze con l’oggi?
Le opere parlano da sole: arretramento barriera autostradale a Rondissone, due bretelle, il Liceo classico, la torre ottagonale ristrutturata, sede INPS, discarica, depuratore, nuove scuole a Boschetto… tutto in poco più di cinque anni. Oggi, in otto anni, questa Amministrazione non ha concluso nulla di rilevante, se non con il PNRR.
Somiglianze? Nessuna. Semmai con chi mi ha preceduto: tante spese clientelari, zero risultati.
Nel 1990 approdasti anche in Provincia…
Esatto. Con oltre 2.000 preferenze, portai il collegio di Chivasso dal 16° al 6° posto nella DC. Divenni capogruppo in Consiglio e poi assessore al Bilancio. Mi dimisi nell’autunno 1993, poco prima che Tangentopoli travolgesse anche la Provincia.
Nel 1996 accettasti la sfida con l’on. Vietti per la Camera. E vincesti. Come?
Portai un valore aggiunto di quasi quattro punti percentuali tra i voti della mia candidatura e quelli dei partiti che mi sostenevano. Rimasi in Parlamento 15 anni: Camera, Senato e di nuovo Camera. Dal 2006 entrai anche nel CdA della Cassa Depositi e Prestiti, su designazione della CRT. Esperienze straordinarie. Fui anche tesoriere de “I Democratici” e de “La Margherita”. Inoltre, interpretai Bossi in una pièce teatrale voluta da Nando Dalla Chiesa.
Nel 2007 non aderisti al PD. Perché?
Fui uno dei tre dell’assemblea nazionale de La Margherita a votare contro la fusione con i DS. Non mi iscrissi mai al PD. Avevo speranze con Renzi, ma finirono con il referendum del 2016. Sono nato democristiano, morirò democristiano.
Una domanda personale: dopo 50 anni, ne è valsa la pena?
Me lo sono chiesto spesso. La risposta è sempre sì. Anche se a scapito della famiglia e della carriera. Oggi manca la politica. C’è solo potere per il potere. A Chivasso assistiamo a conflitti d’interessi quotidiani. L’assessore alla legalità che assegna cittadinanze a chi gli reinserisce l’associazione nella rete culturale… è “do ut des”.
Fra due anni si vota. Cosa farà Cambursano?
Se il Buon Dio mi vorrà ancora qui, il 26 luglio 2027 compirò 80 anni. Chiuderò lì l’impegno politico. Ma prima cercherò di mandare a casa questi incapaci. Due fallimenti evidenti: Polo liceale cancellato; Polo logistico “morto”.
Poi l’ex scuola Marsan, il commercio in crisi, l’ambulantato ridotto, l’ottava farmacia in stallo, PRGC scritto da pochi “di regime”.
Ultimo scempio: la vendita dei terreni CHIND a meno di 13 €/mq, quando solo un anno fa valevano 34 €/mq. Come avevo scritto sul vostro giornale. CHIND doveva creare lavoro, non parchi fotovoltaici.
Perché tutto questo?
Perché hanno creduto di vivere sugli allori di un Polo Logistico mai nato. Castello e Centin fecero annunci roboanti in piena campagna elettorale. Risultato: nulla. Solo propaganda.
Intorno a noi i comuni investono. E Chivasso?
A Settimo “Space Industries” e “Laguna Verde”; a San Mauro il “Space Park” di Argotec; a Caselle il Data Center Hines; a Rivalta GE Aerospace; a San Benigno un maxi studio cinematografico.
A Chivasso? Nulla. In otto anni nemmeno un’azienda produttiva significativa.
Come si può uscire da questa paralisi?
Serve marketing territoriale. Prendere la valigetta e andare da Regione, Camere di commercio, Confindustria. Ma Castello e soci non possono farlo: la reputazione di Chivasso è compromessa da Minotauro, Colpo di Coda, Platinum Dia. Serve discontinuità per risollevare l’immagine del nostro territorio.
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