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Calcio
21 Giugno 2025 - 00:27
Le "ragazze" di Ivrea sono tornate
Senti questo rumore? È il suono del pallone che rimbalza sulla terra di Bellavista. È il respiro corto di chi corre sull’erba bagnata, gli scarpini che mordono la linea bianca, gli occhi che cercano il gol. È il calcio che torna a parlare al femminile a Ivrea. E lo fa con voce forte, fiera, inconfondibilmente arancione.
Dopo anni di assenza, dopo promesse svanite, fallimenti e silenzi, le ragazze di Ivrea tornano protagoniste. Non sono meteore, non sono riempitivi da brochure sportiva: sono un progetto vero, concreto, e hanno un nome che è già un inno: Ivrea Women ASD APS.
Dietro di loro c’è una città che ha voglia di credere. C’è chi non si è arreso, chi ha continuato a pensare che il calcio, quello vero, non può escludere metà del cielo. E così, senza fronzoli, senza passerelle, ma con la forza di chi sa cosa vuol dire partire da zero, queste donne – dirigenti, ex calciatori, mamme, tecnici – si sono rimboccate le maniche. E hanno detto: “Facciamolo noi. Facciamolo per Ivrea”.
A guidare la squadra fuori dal tunnel c’è Paolo Cominetto, presidente con lo sguardo lungo.
«Non siamo qui per fare concorrenza - commenta - Siamo tutti di Ivrea. E vogliamo semplicemente ridare il calcio alle ragazze della nostra città». Niente proclami, solo amore per lo sport. E voglia di costruire davvero.
Il sogno è grande: dare vita, già da questa stagione, a un settore giovanile completo. Dalle under 8 fino alle under 17, magari perfino una under 19 e una prima squadra. Un’impresa? Sì. Ma le imprese, quelle vere, nascono così. Con un’idea, un campo, e il fuoco sacro della passione.
Nella foto da sinistra il vice presidente Mirija Raimondi, al centro Paolo Cominetto e a destra il Direttore Sportivo Roberto De Paola
Ma da sole, si sa, le idee camminano piano. E allora ecco che entra in gioco la collaborazione con l’Ivrea Calcio. Una vera alleanza, in stile incubatore di impresa: strutture messe a disposizione, know-how condiviso, una rete organizzativa già pronta. Parla Davide d’Errico, presidente dei “fratelli maggiori” arancio-blu: «Siamo felici di dare una mano. Finora, quando una bambina finiva il percorso con i maschi, dovevamo dirle: arrangiati. Ora potremo dire: vai, c’è l’Ivrea Women».
La presentazione ufficiale è avvenuta nel tempio ritrovato del campo Brunoldi di San Grato, simbolo di rinascita e di calcio giovanile che pulsa. È lì che si è alzato il sipario su una squadra fatta non solo di atlete, ma di cuore eporediese: Cominetto, Mirija Raimondi vicepresidente, l’intramontabile Roberto De Paola nel ruolo di direttore sportivo (una bandiera per il calcio locale), Gianpiero Saivetto, Barbara Anna Ferrino, Rocco Russo, Cristina Cutruzzolà, Francesco Parrotta. Un team dirigenziale che sembra una formazione: compatta, decisa, piena di grinta.
Il presente sorride, ma il passato pesa. Perché il calcio femminile eporediese ha conosciuto l’inferno. Con l’affaire Roberto Tridello, ex presidente dell’Independiente Ivrea, travolto da accuse di truffa per vicende extracalcistiche, si è dissolta in pochi mesi una realtà che sembrava solida. I sogni sono rimasti impigliati tra i debiti, raccolti a fatica da imprenditori della Caronnese, in Lombardia, che hanno tentato un salvataggio in extremis.
Oggi l’Independiente prova a riemergere, organizza open day a Cascinette e promette continuità sul territorio. Ma la palla è nel loro campo. Saranno i numeri, le iscrizioni ai campionati, a dire se si tratta di una vera ripartenza o dell’ennesimo tentativo vuoto.
Nel frattempo, però, l’Ivrea Women non parla: fa. Organizza, chiama, costruisce. Gli open day sono pronti (info al numero 338 764 1090), il progetto è stato scritto, le porte sono spalancate. Ed è qui, tra questi gesti concreti, che si riconosce la differenza tra chi promette e chi gioca.
«A Ivrea c’è un bacino enorme per il calcio femminile – ribadisce Cominetto – bisogna solo offrire stabilità, creare una struttura che regga. E noi vogliamo farlo sul serio». Gli fa eco De Paola, con la voce di chi ha calcato questi campi per tutta la vita: «Abbiamo scelto di restare. Di costruire qui. Non vogliamo essere un’avventura passeggera, ma un punto fermo».
E allora eccole, le nuove leve dell’arancione. Non hanno ancora giocato, ma già stanno cambiando le regole del gioco. Non hanno ancora segnato, ma stanno già lasciando il segno.
Perché il calcio, a Ivrea, è di tutti. Ma da oggi – finalmente – è anche delle ragazze.
Un nome che evoca libertà, indipendenza, ambizione. Un progetto che voleva essere la nuova casa del calcio femminile a Ivrea, e che per un certo periodo ci era anche riuscito. Poi il silenzio. Poi il caos. Poi la cronaca giudiziaria. Oggi, l’Independiente Ivrea è una squadra sospesa tra una promessa non mantenuta e un futuro ancora tutto da scrivere.
Era nata con uno spirito pionieristico: riportare in alto il calcio femminile nel Canavese, creare un settore giovanile serio, competitivo, e far sentire le ragazze protagoniste di uno sport che ancora oggi, troppo spesso, le tratta da comparse. L’entusiasmo c’era, i numeri pure. Per qualche anno, l’Independiente è stata la bandiera eporediese nel campionato nazionale di Serie C, mentre sui campi di Cascinette cresceva una generazione intera di giovani atlete.
Poi, la frattura. A dicembre 2024 scoppia lo scandalo: il presidente Roberto Tridello finisce sotto inchiesta per una maxi truffa assicurativa. Accusato di aver venduto polizze vita senza autorizzazione, Tridello viene travolto da un’indagine della Procura di Ivrea che mette in luce un giro milionario di clienti truffati. Una vicenda che nulla ha a che vedere con il campo, ma che ha conseguenze devastanti per la società.
Il suo nome, legato a doppio filo al club, è sufficiente a far crollare tutto: la fiducia, i rapporti interni, la credibilità verso le famiglie e gli sponsor. L’Independiente entra in crisi profonda. I rimborsi alle giocatrici tardano, le figure tecniche lasciano, le iscrizioni crollano. Per molti sembra la fine.
A salvare ciò che resta del progetto interviene un gruppo di imprenditori della Caronnese, storica società lombarda di Caronno Pertusella, che rileva formalmente la proprietà e si fa carico anche dei debiti. Una mossa dettata non da interessi economici, ma dalla volontà di tutelare lo sport e le sue atlete. Nasce così un nuovo consiglio direttivo, che parla di trasparenza, stabilità finanziaria e di un futuro diviso tra Lombardia e Piemonte.
La prima squadra resta iscritta alla Serie C e gioca le proprie gare tra Ivrea e Caronno, mentre le giovanili – cuore pulsante dell’idea originaria – restano ancorate a Ivrea, dove gli open day si svolgono ancora, seppur in un clima di incertezza.
Ma l’eredità dell’affaire Tridello è pesante. In città, tra le famiglie e le giovani calciatrici, si respira ancora sfiducia e disillusione. C’è chi ha cambiato squadra, chi ha abbandonato, chi guarda con più speranza ad altre realtà, come la neonata Ivrea Women, che ha raccolto lo spirito originario dell’Independiente senza i fantasmi del passato.
Oggi, l’Independiente Ivrea è una società in ricostruzione, ancora viva, ma lontana da quell’ideale di riferimento locale che aveva animato i suoi primi passi. Il progetto Caronnese punta a una gestione sostenibile, a cavallo tra due territori, con un’attenzione particolare ai valori formativi e al rispetto delle atlete. Ma Ivrea, si sa, è una città esigente. E prima di dimenticare, vuole vedere i fatti. Il campo parlerà.
Nel frattempo, una domanda resta sospesa tra le tribune e i ricordi:
può una squadra rinascere davvero, se ha perso il legame con la sua città?
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