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Ritirata la querela contro il fratello di Cristiano Ronaldo: niente processo a Torino

Hugo Dinarte Santos Aveiro, fratello dell’ex fuoriclasse bianconero, era imputato per truffa. Al centro della vicenda, una produzione di maglie troppo simili a quelle ufficiali

Ritirata la querela

Ritirata la querela contro il fratello di Cristiano Ronaldo: niente processo a Torino

Il tribunale di Torino ha chiuso con un colpo di scena giudiziario il caso che da anni faceva discutere tra sport, merchandising e giustizia: il processo per truffa nei confronti di Hugo Dinarte Santos Aveiro, fratello di Cristiano Ronaldo, si è concluso il 19 giugno con una sentenza di non luogo a procedere per remissione di querela. In altre parole: nessun processo. La querela presentata dall’azienda Pegaso, parte civile nel procedimento, è stata ritirata, in seguito a un accordo extragiudiziale perfezionato tra le parti.

La vicenda ha inizio nel 2019, quando l’azienda Pegaso, con sede a Torino, firma un accordo con la società portoghese Mussara Gestao de Espacos e Eventos LDA, controllata proprio da Hugo Aveiro. L’intesa prevede la produzione di circa 13.000 magliette, identiche a quelle della Juventus, squadra in cui in quel momento giocava Cristiano Ronaldo, ma con una piccola variazione: l’inserimento del logo “CR7Museu”, ovvero il marchio del museo dedicato al campione portoghese a Funchal, in Madeira.

Tuttavia, il progetto si rivela presto un boomerang legale. L’Adidas, sponsor tecnico ufficiale del club bianconero, segnala l’eccessiva somiglianza tra quelle magliette e le divise ufficiali del club. Il logo del museo non basta a renderle un prodotto differente: per i magistrati torinesi, si tratterebbe di un’operazione ingannevole, che sfrutta immagine e merchandising senza autorizzazione. Parte delle magliette, anziché essere distrutte come inizialmente previsto, finiscono in commercio – vendute a circa 40 euro l’una, nonostante il costo di produzione di appena 4,50 euro.

La truffa delle maglie di CR7

La Procura di Torino apre un fascicolo per truffa e concorrenza sleale, Hugo Aveiro viene rinviato a giudizio e si prefigura un processo dal grande impatto mediatico. Anche perché, nel frattempo, gli inquirenti valutano la possibilità di convocare Cristiano Ronaldo come testimone chiave, per chiarire se fosse a conoscenza del design delle maglie e del loro utilizzo. CR7, in quanto titolare del marchio, sarebbe stato considerato un attore importante per comprendere il livello di coinvolgimento del fratello e la portata dell’accordo commerciale.

Il valore economico dell’intesa iniziale tra Pegaso e Mussara era stimato in 650.000 euro, di cui 630.000 erano già stati versati dalla società torinese prima che sorgessero i problemi legali. Pegaso, sentendosi danneggiata da un progetto che si è rivelato poco trasparente e potenzialmente illegale, decide di denunciare, chiedendo il risarcimento e l’avvio del procedimento penale.

Ma a quasi cinque anni dall'inizio della controversia, la situazione si sblocca: Pegaso ritira la querela e l’accordo viene definito lontano dalle aule di giustizia. I termini economici dell’intesa non sono stati resi noti, ma la decisione mette fine a una vicenda che rischiava di trasformarsi in un caso giudiziario internazionale, con danni d’immagine non solo per Hugo Aveiro, ma anche per il marchio CR7 e, indirettamente, per la Juventus.

Questa conclusione, tuttavia, lascia aperto il dibattito sul tema della contraffazione e dei limiti del merchandising sportivo. In un mondo dove il marketing dei grandi club vale miliardi e ogni dettaglio è brevettato, anche una piccola variazione grafica può trasformarsi in oggetto di contenzioso. Il confine tra “ispirazione” e “plagio” resta sottile, e l’autorizzazione dei marchi – che siano club, sponsor o atleti – è diventata condizione imprescindibile per qualunque operazione commerciale.

Nel caso delle magliette CR7, l’unica differenza rispetto al kit ufficiale della Juventus era il piccolo logo del museo, elemento che per Adidas e per la Procura non bastava a rendere il prodotto “non confondibile” con l’originale. La scelta di ritirare la querela ha evitato a Hugo una possibile condanna e ha permesso a Pegaso di chiudere una disputa che rischiava di prolungarsi ancora per anni.

Per ora, Cristiano Ronaldo resta fuori dal processo. Ma il fatto che il suo nome e il suo brand siano stati coinvolti, seppur indirettamente, in una vicenda di contraffazione è un campanello d’allarme per chi gestisce marchi sportivi di portata globale. In un mondo dove l’identità commerciale è valore assoluto, ogni deviazione, anche familiare, può costare molto cara.

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