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18 Giugno 2025 - 10:28
I segnali diplomatici sono deboli. I segnali militari, fortissimi
Le sirene sono tornate a suonare a Tel Aviv, Gerusalemme e Haifa. Ieri notte, l’Iran ha risposto con una nuova raffica di missili all’offensiva aerea israeliana che due giorni fa aveva colpito obiettivi strategici a Teheran e Tabriz. L’IDF ha confermato almeno tre vittime civili e danni a un complesso diplomatico. In Iran, le esplosioni hanno lasciato segni profondi. Le autorità locali parlano di oltre 60 morti e 1.800 feriti. Una delle raffinerie vicino a South Pars è stata centrata. Colpiti anche radar, silos e, secondo fonti occidentali, almeno due impianti nucleari, tra cui Natanz. L’operazione, secondo indiscrezioni, sarebbe stata pianificata con il Mossad e attuata con decine di droni sabotatori.
A questo si aggiunge il potenziale nucleare. Non quello delle bombe, ma quello strategico: con il Golfo Persico che si avvicina al punto di rottura, l’Iran minaccia di minare lo Stretto di Hormuz, da cui passa un terzo del petrolio mondiale. Il Pentagono ha già dispiegato la portaerei USS Gerald R. Ford in difesa degli alleati. «La battaglia ha inizio», ha scritto su X il leader supremo Ali Khamenei. La risposta non si è fatta attendere. «Khamenei è nel mirino. Ma aspettiamo», ha dichiarato Donald Trump in conferenza stampa da Palm Beach, lasciando però sul tavolo ogni opzione militare. I numeri di questa escalation sono quelli di un conflitto su larga scala. Secondo fonti dell’intelligence, Israele avrebbe distrutto un terzo delle postazioni missilistiche iraniane. Teheran, da parte sua, ha lanciato una seconda ondata di missili contro il centro di Israele. Il bilancio provvisorio è di 585 morti iraniani, 24 israeliani e una tensione che si taglia a fette.
DONALD TRUMP PRESIDENTE USA
Sul fronte diplomatico, la situazione è congelata. L’ONU ha chiesto un cessate il fuoco immediato. L’Unione Europea è divisa tra chi invoca nuove sanzioni all’Iran e chi teme un’escalation irreversibile. Intanto, i mercati energetici oscillano e il petrolio ha già superato i 110 dollari al barile.
Questo nuovo capitolo della “guerra ombra” tra Israele e Iran è ormai tutt’altro che nascosto. Si combatte di giorno, con armi convenzionali e raid aerei, ma anche di notte, nei cieli sopra Teheran e nelle profondità dello Stretto di Hormuz. E la sensazione, oggi, è che nessuno abbia davvero interesse a fermarsi. Il mondo osserva con il fiato sospeso.
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