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16 Giugno 2025 - 15:36
compagnie ferme, passeggeri in attesa e nessuna certezza
Il Medio Oriente torna a tremare. L’ennesima escalation tra Israele e Iran ha innescato non solo una nuova spirale di violenza armata, ma anche una vera e propria crisi aerea internazionale. I cieli sopra Tel Aviv sono deserti, le piste di atterraggio chiuse o blindate, e le tratte verso lo Stato ebraico sospese da molte compagnie internazionali. Migliaia di passeggeri si ritrovano ora bloccati, senza certezze su quando potranno tornare a viaggiare.
Tutto è precipitato con l’annuncio dell’Operazione Rising Lion, lanciata da Israele in risposta alle crescenti tensioni regionali e agli attacchi subiti nelle scorse settimane. I jet israeliani hanno colpito oltre 100 obiettivi militari in territorio iraniano, includendo basi operative, depositi di armi e, secondo fonti non confermate, alcuni impianti nucleari. L’Iran ha reagito con una pioggia di missili: i bersagli principali sono stati Tel Aviv e Haifa, dove i raid hanno causato almeno 24 vittime e centinaia di feriti.
Lo Stato ebraico ha immediatamente dichiarato l’emergenza nazionale, mentre da Teheran sono arrivate minacce di ulteriori ritorsioni “in caso di nuovi atti di aggressione”. Un braccio di ferro che rischia di coinvolgere altre potenze regionali e di far precipitare l’intera area in un conflitto su larga scala.
Nel frattempo, la sicurezza aerea è collassata. Le compagnie hanno iniziato a ritirarsi una dopo l’altra. ITA Airways ha annunciato la sospensione di tutti i voli da e per Tel Aviv fino al 31 luglio. Una scelta definita “necessaria per tutelare la sicurezza dei passeggeri e dell’equipaggio”.
Anche il gruppo Lufthansa, che controlla Austrian Airlines, Swiss e Brussels Airlines, ha interrotto i collegamenti con Israele, con una data provvisoria di ripresa fissata al 23 giugno, ma condizionata “all’evoluzione della situazione”. Lo stesso discorso vale per numerosi altri vettori europei, americani e asiatici, in un effetto domino che sta paralizzando gli scali e le tratte internazionali.
Nemmeno la compagnia nazionale israeliana è rimasta immune: El Al ha bloccato tutte le partenze fino al 17 giugno, con successive cancellazioni che stanno interessando decine di rotte da e per città chiave come Berlino, Barcellona, Mosca, Venezia e Tokyo. I disagi sono enormi, i call center presi d’assalto, e le opzioni alternative pressoché nulle.
La crisi si gioca anche sul piano diplomatico. La comunità internazionale osserva con crescente preoccupazione l’escalation. Stati Uniti, Unione Europea e Nazioni Unite hanno lanciato appelli alla moderazione e all’apertura di canali negoziali. Ma al momento nessuna delle due parti sembra intenzionata a fare un passo indietro.
Il pericolo, avvertono gli analisti, è che il conflitto possa rapidamente allargarsi a Libano, Siria, Iraq e Yemen, con le milizie sciite pronte a intervenire e le forze occidentali già in stato d’allerta nelle basi strategiche del Golfo. A farne le spese, intanto, sono soprattutto i civili e i viaggiatori: chi è bloccato in Israele cerca disperatamente una via di uscita, mentre chi aveva in programma voli verso Tel Aviv si ritrova con prenotazioni cancellate e rimborsi incerti.
Mentre l’escalation prosegue, un dato è certo: il traffico aereo su Israele resterà compromesso ancora a lungo, e la normalità sembra oggi un miraggio. In una regione sospesa tra guerra e diplomazia, anche il semplice volo tra due città si trasforma in un rischio troppo alto da correre.
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