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17 Giugno 2025 - 17:17
A Cocconato la logistica si inceppa: 54 lavoratori DHL a rischio tra silenzi e trattative interrotte
A Cocconato il magazzino DHL aperto nel 2023 rischia di diventare una cattedrale nel deserto. Sorto per supportare la logistica del marchio Conbipel, il sito rappresentava un investimento strategico nel settore della moda, in un'area in cui il lavoro stabile è sempre più raro. Ma la recente rottura tra DHL Supply Chain Italia e la nuova gestione Arcadia Fashion, subentrata a BTX lo scorso aprile, ha fatto esplodere una crisi che oggi lascia 54 lavoratori senza certezze e una struttura logistica inutilizzata.
Tutto ruota attorno a una scelta: Arcadia ha deciso di interrompere le lavorazioni esterne, puntando su un magazzino interno e su manodopera in somministrazione. La decisione ha avuto ripercussioni immediate sul sito DHL di Cocconato, che si è trovato senza volumi da gestire. I lavoratori, per evitare il licenziamento, sono stati temporaneamente assegnati ad altre sedi tra Piemonte e Lombardia, ma si tratta di una soluzione tampone, che non affronta la reale posta in gioco: il futuro del sito e delle persone che ci lavorano.
La settimana scorsa, un tavolo convocato in Prefettura ad Asti ha cercato di riaprire il dialogo. Ma, come dichiarato da Francesco Di Martino, segretario provinciale di Uiltucs Uil, «l’accordo non è stato trovato, nonostante l’impegno delle istituzioni». La proposta di un’intesa ponte tra DHL e Arcadia, che avrebbe consentito di garantire occupazione per altri 12-18 mesi, non è mai uscita dal perimetro delle ipotesi. E ora il rischio esuberi è più vicino che mai.
Nel frattempo, Conbipel si prepara a far partire una nuova fornitura entro la fine del mese. Ma la macchina logistica non è pronta. Un paradosso, se si pensa che l’intera struttura era stata pensata proprio per rispondere con efficienza alla ripartenza del brand. Eppure, le nuove strategie aziendali sembrano prescindere dalla continuità e dall’impatto sociale delle proprie decisioni.
La vicenda apre una finestra più ampia sul settore della logistica, dominato da multinazionali che promettono solidità e organizzazione, ma che spesso operano attraverso modelli di esternalizzazione, appalti e subappalti. DHL Supply Chain, parte del colosso tedesco Deutsche Post DHL Group, è uno dei nomi più importanti a livello globale. Con oltre 600.000 dipendenti nel mondo, è presente in 220 paesi, gestisce miliardi di pacchi all’anno e rappresenta un nodo essenziale della catena produttiva internazionale.
Ma, sotto questa infrastruttura ipertecnologica, non sempre la condizione dei lavoratori è all’altezza delle promesse. In Italia, numerose vertenze – da Piacenza a Settala – hanno denunciato ritmi insostenibili, pressioni contrattuali e incertezze continue, spesso nelle fasce più basse della gerarchia operativa. Cocconato si inserisce in questa dinamica: una sede moderna, tecnologica, ma dove la sostenibilità sociale è già saltata alla prima ristrutturazione del cliente principale.
Eppure, DHL non è nata per precarizzare. La sua storia inizia nel 1969 negli Stati Uniti, quando Adrian Dalsey, Larry Hillblom e Robert Lynn fondarono un servizio espresso per la consegna di documenti tra San Francisco e Honolulu. Un’idea rivoluzionaria che anticipò il boom del trasporto aereo di piccole spedizioni. Con l’ingresso nel gruppo Deutsche Post nei primi anni 2000, DHL si trasforma in una potenza globale: oggi gestisce logistica industriale, farmaceutica, e-commerce, magazzini e trasporti per conto delle principali aziende mondiali. Eppure, l’espansione non ha sempre significato tutele, soprattutto quando il rapporto tra appaltatore e committente si rompe. Come a Cocconato.
Oggi, quelle 54 persone che fino a poco fa garantivano puntualità e qualità alle spedizioni Conbipel, attendono risposte. Il loro futuro dipende da una firma tra due aziende che, finora, hanno preferito temporeggiare. Ma dietro quei numeri ci sono famiglie, mutui, affitti, figli a scuola. E la speranza che, una volta tanto, la logistica non si limiti a spostare merci, ma cominci a dare stabilità a chi quelle merci le fa muovere ogni giorno.
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