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12 Giugno 2025 - 07:03
Marco Bongi
Non si tratta di malagiustizia, almeno non nel senso classico del termine. Ma quello narrato da Marco Bongi, di Mappano, nel suo nuovo libro, Giustizia cieca. Ricordi e pensieri di un non vedente troppo idealista, è uno di quei casi in cui, per dirla senza giri di parole, la giustizia ha inciampato. Ha inciampato nella fretta, nella superficialità, in quel bisogno cronico – tutto italiano – di trovare in fretta un colpevole, un nome da dare in pasto all’opinione pubblica. Un errore che, come spesso accade, si ripercuote su chi è già fragile, su chi porta sulle spalle il peso di una disabilità e su chi ha osato credere ancora nei valori profondi delle istituzioni.
Marco Bongi, torinese classe 1959, cieco a causa di una grave forma di retinite pigmentosa, non ha scritto questo libro per lamentarsi. Non cerca vendetta, non grida allo scandalo. Vuole semplicemente raccontare. E lo fa con uno stile diretto, lucido, a tratti disarmante nella sua sincerità. È un libro che nasce dalla pelle, dai nervi, dalla memoria di chi ha vissuto sulla propria pelle l’inadeguatezza di un sistema troppo spesso automatico, incapace di leggere davvero le persone.
La copertina del libro di Marco Bongi
La vicenda che dà il titolo al volume non viene descritta in modo sensazionalistico, né spettacolarizzata. Non è il caso Garlasco, non è uno di quei processi che dividono l’Italia in tifoserie. Ma è proprio questo il punto: la giustizia non è solo quella dei riflettori, ma anche quella sommersa, fatta di errori quotidiani, di carte firmate senza pensarci troppo, di testimonianze travisate, di udienze in cui la complessità viene ridotta a etichette. È la giustizia che, in certi casi, rischia di diventare un meccanismo ottuso, sordo alle sfumature.
“Non la definirei malagiustizia” – precisa Bongi – “ma certo è stata un'applicazione superficiale delle garanzie processuali. E quando succede, i danni sono incalcolabili, soprattutto se a farne le spese è chi già vive in una condizione di fragilità.”
Il cuore del libro è tutto lì: nell’intreccio tra la vicenda giudiziaria e la disabilità visiva. Marco Bongi, infatti, è non vedente, ma è anche molto di più. Laureato in Giurisprudenza, ex insegnante in una scuola superiore torinese, informatico in una grande azienda automobilistica prima ancora, ha fondato nel 1990 l’Associazione Pro Retinopatici e Ipovedenti (A.P.R.I.-odv), che ancora oggi guida come volontario. Una vita dedicata agli altri, ai diritti, alla dignità delle persone con disabilità. Non un personaggio da cronaca nera, ma uno da prima pagina per impegno civico e coerenza.
Nel racconto emerge anche il dietro le quinte della vita associativa: un crogiuolo di personalità complesse, ferite, a volte in conflitto, altre unite da uno stesso bisogno di senso. È in questo contesto che si sviluppa la storia: tra battaglie quotidiane, dinamiche interne e una certa idealizzazione della giustizia che, purtroppo, si infrange contro la realtà.
Il titolo Giustizia cieca è più di un gioco di parole. È una provocazione, certo, ma anche una riflessione profonda: la giustizia dovrebbe essere cieca nel senso dell’imparzialità, ma non lo è mai davvero. Al contrario, chi è cieco davvero – come Marco – si trova troppo spesso a combattere doppiamente: contro i pregiudizi e contro l’ingiustizia.
Tra le pagine si intrecciano episodi, pensieri, ricordi, riflessioni amare ma mai ciniche. Bongi non si fa sconti. Si interroga, si mette in discussione, si racconta con una sincerità che disarma. Non cerca l’applauso, cerca comprensione.
“Essere idealisti è spesso un limite, ma anche una risorsa” – scrive – “perché ti permette di credere che la verità conti ancora qualcosa. Di pensare che una testimonianza onesta possa fare la differenza. Anche quando tutto sembra suggerire il contrario.”
Il libro è pubblicato da Gruppo Albatros Il Filo, nella collana Nuove Voci Strade, ha 104 pagine e un prezzo di copertina di 13,90 euro. Il codice ISBN è 9791223606469. Una pubblicazione che non ha la pretesa di cambiare il mondo, ma che ha il coraggio di raccontarlo per com’è, da un punto di vista che raramente trova spazio: quello di chi guarda con occhi diversi.
Tra gli altri lavori di Marco Bongi ci sono Non ti posso vedere (1998), Urbs et Orbi (2001), Non mi vedo vecchio (2007), Puntini, puntini… (2008), e il Piccolo dizionario di tiflologia (2010). È anche il fondatore della rivista Occhi Aperti e collabora con numerose testate scientifiche e culturali. Tiene conferenze, partecipa a convegni, organizza da tredici anni un appuntamento nazionale sulle distrofie retiniche ereditarie. Un curriculum che parla da solo.
In un’Italia che discute di giustizia con l’animo da tifoso e lo sguardo rivolto ai tribunali televisivi, Giustizia cieca ci riporta alla realtà: quella fatta di vite normali, troppo spesso travolte da un sistema che dimentica le persone.
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