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Rumori, silenzi e indifferenza. A Settimo una madre implora aiuto da 5 anni, ma nessuno interviene

Lettere, denunce, registrazioni. Tutto inutile. L’ATC la accusa di morosità, il Comune tace. E lei scrive: “Se avessi avuto un cognome italiano, forse mi avrebbero ascoltata”

Rumori, silenzi e indifferenza. A Settimo una madre implora aiuto da 5 anni, ma nessuno interviene

La foto è una creazione rappresentativa

Non è solo una lite tra vicini. È una storia di invisibilità istituzionale, disagio abitativo e abbandono sociale. È la cronaca quotidiana, notturna, insistente, di una madre che da cinque anni combatte contro i rumori molesti provenienti dall’alloggio di sopra. Ma più ancora che i rumori, a fare male sono i silenzi. Quelli delle istituzioni. Quelli di chi dovrebbe intervenire e invece scrolla le spalle.

Accade in via Foglizzo 4, a Settimo Torinese, nei caseggiati popolari dell’ATC. E la protagonista è una donna sola, con un figlio piccolo, che da anni denuncia “immissioni sonore moleste” notturne: trascinamenti, colpi, musica, schiamazzi. Ma soprattutto un’ossessione continua: ogni notte, ogni santo giorno, senza tregua. Ha documentato tutto: ha registrazioni, lettere, segnalazioni. Le ha mandate a chiunque: carabinieri, polizia locale, ufficio casa, ATC, assistenti sociali. Ma nessuno si muove. Nessuno la ascolta.

Anzi, adesso è l’ATC – l’ente gestore delle case popolari – ad averle recapitato una contestazione di morosità. Proprio a lei, che ha sempre pagato. Come se bastasse capovolgere la posizione tra vittima e carnefice per chiudere la pratica, archiviare il disagio, metterci sopra il timbro e passare al prossimo caso.

via foglizzo

“Subisco molestie notturne da cinque anni. Tutte le notti. Io e mio figlio non dormiamo più. Siamo stanchi, esausti, distrutti”, scrive in una lettera inviata al nostro giornale. “Ho chiesto aiuto a tutti. Nessuno mi tutela. Nessuno si prende la responsabilità. E adesso mi accusano pure”.

Il tono è accorato, ma fermo. Disperato, ma dignitoso. Dentro quelle righe c’è il senso profondo di una madre che non vuole mollare. “Sono una mamma. Nonostante tutto, continuo a combattere. Per mio figlio, perché abbia un futuro”.

Poi, la frase che spacca: “Se avessi avuto un cognome italiano, forse sarei stata ascoltata e tutelata”. Non è un’accusa generica. È una ferita aperta. È la denuncia di chi si sente sistematicamente ignorato non solo come persona, ma come cittadina con origini straniere, e che inizia a pensare che questo silenzio non sia casuale.

Una frase così dovrebbe far tremare le scrivanie. E invece no. Tutto tace. Il Comune? Assente. L’Amministrazione guidata dalla sindaca Elena Piastra? Presa da mille convegni sull’innovazione, sulla sostenibilità, sulle “città inclusive”, ma troppo distratta per ascoltare chi vive un inferno quotidiano nei palazzi ATC. Non una risposta, non un sopralluogo, non un segnale concreto.

Eppure, parliamo di una situazione potenzialmente devastante sul piano psicologico e sanitario. “Abbiamo crisi d’ansia, emicranie, insonnia, stanchezza cronica”, scrive. Ma niente. Non fa notizia. Non fa rumore. E allora si può ignorare.

Sarebbe bastato ascoltarla, una volta. Mandare qualcuno. Chiederle come sta. Provare a capire. E invece, il nulla. O meglio: il capovolgimento. Lei, colpevole di lamentarsi troppo. Lei, fastidiosa perché insiste. Lei, etichettata come “problematica”.

E allora sì, forse davvero “provate ad avere un cognome straniero e noterete la realtà. Non quella che vi raccontate, ma quella vera”. Perché è facile dire che gli stranieri sono privilegiati. Meno facile è vivere in un condominio popolare, con un figlio, e sentirsi soli. Soli contro tutto.

Nel suo sfogo, la donna scrive una delle frasi più forti mai arrivate in redazione: “L’anima non ha colore, non ha lingua. Ma senza anima si muore”. È questo il punto. Qui non si tratta solo di rumori molesti. Si tratta di dignità, di umanità, di diritto a essere visti.

E allora la domanda è: dov’era il Comune in tutto questo? Dov’erano i servizi sociali? Dov’era la tanto sbandierata rete di protezione del territorio? Perché cinque anni di segnalazioni senza risposta non sono una svista. Sono una scelta. La scelta di lasciare che tutto si consumi nell’invisibilità.

Settimo Torinese si presenta come città “moderna e accogliente”. Ma mentre si organizzano festival e si postano foto istituzionali con il sorriso, ci sono madri sole che chiedono solo di poter dormire. Non in una casa di lusso. Ma in una casa normale. Senza rumori. Senza paura. Con un po’ di rispetto. Un po’ di ascolto. Un po’ di legge.

Troppo difficile?

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