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Problemi mentali in Piemonte: la regione corre ai ripari con un nuovo dipartimento dedicato

Boom di casi, fuga di psichiatri, servizi in crisi. Salute mentale, l’emergenza silenziosa che travolge il Piemonte

I Piemontesi hanno problemi mentali

I Piemontesi hanno problemi mentali: la regione corre ai ripari con un nuovo dipartimento dedicato

In Piemonte, la salute mentale non è più solo una questione clinica: è una vera e propria emergenza sociale e sanitaria. I numeri parlano chiaro e lo fanno in modo impietoso. Oltre 850.000 persone nella regione convivono con un disagio psicologico o un disturbo mentale, e ogni giorno più di 170 accedono ai pronto soccorso per motivi psichiatrici. Una pressione insostenibile per un sistema già provato da anni di tagli, carenza di personale e disattenzione istituzionale. Eppure, solo adesso si comincia a muovere qualcosa di concreto: la Regione Piemonte ha annunciato la nascita di un Dipartimento specifico sulla salute mentale, con personale e struttura propri. Un’iniziativa mai vista prima, che rappresenta un primo segnale di inversione di rotta.

La conferma arriva direttamente dall’assessore regionale alla Sanità, Federico Riboldi, che sottolinea l’intenzione di rafforzare la presenza degli psicologi non solo negli ospedali, ma anche nelle scuole, per intercettare i casi fin dai primi segnali. Il messaggio è chiaro: prevenire è meglio che curare, soprattutto in un contesto dove i disturbi mentali si manifestano sempre più precocemente e con sintomi sempre più complessi.

Tra i giovani piemontesi, infatti, il disagio mentale ha assunto dimensioni allarmanti. Ansia, depressione, disturbi del comportamento alimentare, dipendenze, autolesionismo: sono solo alcune delle forme con cui l’adolescenza cerca di sopravvivere a un mondo sempre più disorientante. E il problema è che il sistema non è pronto a reggere l’urto. I Dipartimenti di Salute Mentale, già oggi oberati, gestiscono oltre 73.000 persone prese in carico ufficialmente. Ma secondo le stime, almeno il 20-25% della popolazione manifesta forme di disagio che rimangono sotto soglia, cioè non sufficientemente gravi da accedere ai servizi, ma comunque invalidanti.

Problemi mentali in Piemonte

Nel 2024, i centri territoriali hanno erogato più di 724.000 prestazioni, ma senza personale sufficiente a garantire la qualità degli interventi. Dal 2019 a oggi, il personale dei dipartimenti psichiatrici è diminuito dell’11%. A soffrire di più è la Psichiatria, insieme ai Pronto Soccorso, dove si registra il maggior numero di aggressioni al personale e un tasso preoccupante di dimissioni volontarie. Solo nel 2022, in Piemonte, 24 psichiatri hanno lasciato il sistema sanitario, pari al 7% del totale, il doppio rispetto alla media regionale.

E non è solo una questione di stipendi. Come spiega Chiara Ricetti, segretaria regionale Anaao Assomed, “i carichi di lavoro diventano intollerabili, e chi può se ne va. La dotazione di personale è quasi la metà della media nazionale. È evidente che così non si può andare avanti”. Le strutture territoriali chiudono o riducono gli orari, e nei casi più gravi le famiglie si ritrovano sole, spesso in balia di un sistema che risponde solo quando la situazione è già fuori controllo.

In questo scenario preoccupante, si inserisce il concetto di “One Mental Health”, promosso dal think tank Motore Sanità e rilanciato anche a Torino: l’idea che la salute mentale non sia solo un fatto medico, ma un tema trasversale che riguarda scuola, lavoro, giustizia, famiglia e società. Un approccio integrato che mira a superare lo stigma – ancora troppo forte – e a investire non solo in cure, ma in accoglienza, educazione e prossimità.

La Regione promette di destinare il 5% del Fondo Sanitario Regionale alla salute mentale entro il 2026. Un obiettivo ambizioso, che dovrà tradursi in più professionisti, servizi accessibili anche nei fine settimana, e maggiore attenzione ai bambini, adolescenti e giovani adulti. Ma intanto, le famiglie continuano a bussare a porte spesso chiuse, e la sofferenza cresce in silenzio.

La nascita del nuovo Dipartimento regionale è un segnale, ma da solo non basta. Servono investimenti veri, una riforma strutturale e soprattutto una visione politica chiara, che metta la salute mentale al centro delle agende istituzionali. Perché, come ricordano le associazioni dei pazienti, non c’è salute senza salute mentale”. E oggi, più che mai, questo deve smettere di essere uno slogan e diventare una priorità.

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