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Ponte sì, strade no. La retromarcia di Salvini sui fondi tagliati alle Province

Matteo Salvini pronto alla retromarcia sui fondi stradali: tagli pesanti e promesse di reintegro, mentre le province restano in difficoltà e i cantieri bloccati.

Ponte sì, strade no. La retromarcia di Salvini sui fondi tagliati alle Province

Matteo Salvini

Prima li toglie, poi forse li ridà. Ma solo “in ottica di leale collaborazione”. Tradotto dal politichese: Matteo Salvini, dopo aver sferrato un colpo da maestro al già precario bilancio delle Province italiane, ora si presenta come l’uomo del dialogo, pronto a “verificare forme di reintegro” dei fondi per la manutenzione delle strade. Insomma, prima il bastone, poi la carezza. O meglio: prima la sforbiciata, poi il cerotto.

Martedì prossimo, il ministro delle Infrastrutture ha convocato i presidenti di Provincia e i sindaci delle Città metropolitane per discutere di quei 385 milioni di euro scomparsi nel nulla, sottratti a opere già programmate, già appaltate, già in fase di realizzazione. Di quei 500 milioni previsti per il 2025 e il 2026, ne restano solo 165: il 70% evaporato nel nulla. O meglio, spostato con abile mossa di prestigio verso opere considerate più “strategiche”, come il Terzo Valico, qualche tratta ferroviaria e, ovviamente, l’ossessione personale del ministro: il Ponte sullo Stretto.

È il solito gioco delle tre carte: si taglia qui, si investe lì, si dirottano fondi dal Fondo di sviluppo e coesione a un’opera che – tra sogni di gloria e ruspe simboliche – deve dimostrare che Salvini fa le cose grandi, anche se nel frattempo si aprono crateri nelle strade delle valli piemontesi o delle pianure emiliane.

La retromarcia arriva dopo giorni di fuoco, proteste trasversali, lettere ufficiali, richieste di incontro, appelli bipartisan. Perfino Giorgia Meloni, che finora aveva mantenuto un prudente silenzio, ha incontrato il presidente dell’Upi Pasquale Gandolfi. E proprio Gandolfi, che conosce bene la situazione delle Province, ha fatto saltare il tavolo delle scuse del ministro. Altro che “incapacità di spesa” da parte degli enti locali, come Salvini ha scritto nel suo solenne (e comodo) Question Time alla Camera. Secondo i dati forniti dall’Upi, le Province nel 2023 hanno impegnato il 95% dei fondi ricevuti e speso oltre l’80%. Il resto? Cantieri in corso, bandi avviati, procedure in corso d’opera. E tutto questo con personale ridotto alla metà dal 2015, da quando la cosiddetta “riforma Delrio” ha smantellato le Province senza però togliergli le competenze.

Insomma, si pretende che con metà mezzi, metà personale e metà soldi, le Province tappino tutte le buche d’Italia, rifacciano ponti, gallerie, viadotti e si occupino pure di scuole superiori e protezione civile. Poi, quando qualcosa non va, la colpa è loro: non hanno saputo spendere, sono inefficienti, “non performano”. Una favoletta che serve solo a giustificare l’ennesimo scippo.

ponte

Ponte Stretto

Perché di questo si tratta: uno scippo. Fatti i conti, dal 2025 al 2036 mancheranno all’appello 1,7 miliardi di euro. E senza un’inversione immediata, il danno sarà devastante. Si parla di 120 mila chilometri di strade gestite da Province e Città metropolitane. Strade spesso secondarie solo sulla carta: perché in quelle arterie passano studenti, pendolari, camion, ambulanze. E invece, con i fondi attuali, si riuscirà a intervenire su appena 25 mila chilometri, ovvero il 21% del totale. Il resto? Buona fortuna.

Non è questione di filosofia amministrativa, è una questione di buonsenso. Di sicurezza. Di vita reale. Ma in cima all’agenda del ministro c’è altro: grandi opere da inaugurare, ponti da immaginare, tunnel da promettere. L’asfalto che si sgretola, le carreggiate che cedono, i ponti che tremano sotto il peso del traffico non portano voti. O almeno, non abbastanza.

E così, con una lettera istituzionale e una pacca sulla spalla, Salvini tenta la marcia indietro. Ma anche qui, l’offerta è condizionata: si potranno “verificare forme di reintegro”, purché le Province dimostrino di saper spendere meglio. Insomma, prima taglio, poi ti faccio l’esame, poi forse – se mi convinci – ti do un po’ dei soldi che ti ho tolto. Sempre che nel frattempo non mi servano per qualcos’altro.

Gandolfi ha le idee chiare: chiederà l’azzeramento totale dei tagli per il 2025 e 2026, non un reintegro parziale con clausole. E rilancia: servono risorse certe, a lungo termine, per garantire strade sicure e infrastrutture degne di un Paese europeo. Non si può inseguire ogni anno la promessa di una toppa provvisoria, mentre il cantiere più discusso d’Italia (il Ponte) divora miliardi sulla base di un rendering.

Insomma, mentre Salvini immagina collegamenti tra Scilla e Cariddi, le Province italiane si barcamenano tra frane, viadotti lesionati, barriere da sistemare e segnaletica da rifare, con budget ridicoli e il personale all’osso. E ora, con l’arrivo delle elezioni, ecco spuntare la “leale collaborazione”. Ma più che una apertura, sembra il solito annuncio: “Vi ridiamo qualcosa, ma fate i bravi”.

Peccato che i bravi, finora, siano stati proprio loro: quelli che con poco hanno tenuto insieme un Paese che si sposta su strade dimenticate da Roma. Mentre a Roma, qualcuno immagina ponti tra le nuvole.

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