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Stellantis, il tour di Antonio Filosa parte da Sochaux e Mirafiori. Ma le incognite restano

Mentre il nuovo ad incontra i lavoratori, restano sul tavolo molte questioni irrisolte: dalla gigafactory di Termoli al destino di Mirafiori, passando per il rebus Usa e la sfida dell’elettrico

Antonio Filosa nuovo CEO di Stellantis: una svolta italiana per il colosso dell’auto

Antonio Filosa nuovo CEO di Stellantis: una svolta italiana per il colosso dell’auto

È partito da Sochaux e da Mirafiori, due fabbriche-simbolo di Stellantis – una in Francia, l’altra in Italia – il primo tour internazionale del nuovo amministratore delegato del gruppo, Antonio Filosa. La sua nomina diventerà effettiva soltanto il prossimo 23 giugno, ma l’ex responsabile del marchio Jeep non ha perso tempo. Vuole toccare con mano le realtà del gruppo, fiutare il clima, osservare da vicino gli impianti e, forse, tentare di leggere tra le righe quello che nei dossier ufficiali non si trova.

In una lettera indirizzata ai dipendenti, Filosa ha annunciato che, nelle settimane precedenti alla sua entrata in carica, intende visitare diversi stabilimenti e sedi aziendali, per ascoltare, osservare e prepararsi. Le prime tappe? Il sito francese di Sochaux, dove si assemblano le Peugeot, e poi Torino, cuore simbolico dell’auto italiana, ma anche laboratorio incerto di un futuro che appare, al momento, tutto da scrivere.

A Torino, al Centro Stile, Filosa ha incontrato il presidente del gruppo, John Elkann, colui che più di tutti ha spinto per la sua nomina. Una scelta motivata – secondo le comunicazioni ufficiali – dalla sua esperienza, concretezza e spirito di squadra. Un profilo “operativo”, insomma. Uno di quelli che, secondo la narrazione aziendale, dovrebbe rispondere meglio alle sfide concrete di questi tempi difficili. Ma è davvero così?

Filosa è stato scelto dopo “un lungo e approfondito processo di selezione”, assicurano da Stellantis, “che ha coinvolto candidati interni ed esterni” e che si è concluso con un voto unanime del board. Tuttavia, la rapidità con cui si è messo in moto, ancor prima dell’effettiva entrata in carica, potrebbe essere letta anche come il segnale di un’urgenza. Stellantis ha bisogno di rilanciarsi, e di farlo in fretta.

Durante la sua visita a Mirafiori, Filosa ha dichiarato di essere “rimasto colpito, ma non sorpreso, dal livello di totale integrazione e collaborazione tra i team”. Un’affermazione che suona come una formula di rito, soprattutto in una fase in cui proprio Mirafiori è al centro di delicate discussioni. Perché se è vero che da novembre partirà la produzione della Fiat 500 ibrida, con un obiettivo di 100 mila pezzi all’anno, è altrettanto vero che i sindacati attendono da tempo un aggiornamento credibile del Piano Italia. Un piano che, per ora, appare fumoso.

Filosa, accompagnato nella visita da tre pesi massimi del gruppo – Jean-Philippe Imparato, responsabile per l’Europa, Xavier Chereau, capo delle risorse umane globali, e Arnau Debouef, numero uno degli impianti – ha fatto tappa nelle carrozzerie dove si produce la 500 elettrica e si assemblano i prototipi della versione ibrida. Ha elogiato i centri di eccellenza torinesi, come l’EDM Lab e il Battery Technology Center. Ma l’impressione è che il nuovo ad abbia voluto soprattutto prendere le misure, accorgersi da vicino della complessità del passaggio all’elettrico – una transizione che, per Stellantis, è al tempo stesso una scommessa e un rebus ancora da decifrare.

E se Torino è uno dei nodi centrali, Termoli è il grande punto interrogativo. Il progetto della gigafactory è ancora sospeso. I segnali di ripartenza si fanno attendere. Anche qui, serve un nuovo slancio, dicono i sindacati. Ma da parte del gruppo, per ora, non ci sono dettagli chiari.

Non basta. Sulla scrivania di Filosa pesa come un macigno anche il dossier Stati Uniti. È lì che Stellantis ha vissuto negli ultimi mesi le tensioni più acute, con i rapporti incrinati con fornitori, concessionari e sindacati. Rapporti che Filosa sta cercando di ricucire, ma che non si rimettono in piedi da un giorno all’altro. A questo si aggiunge l’incognita dei dazi – tema sempre più caldo nel confronto con Washington – e la pressione crescente della concorrenza cinese, che avanza con modelli sempre più competitivi sia sul fronte del prezzo che su quello della tecnologia.

Insomma, il nuovo amministratore delegato eredita un gruppo vasto, internazionale, con marchi storici e un’enorme potenzialità. Ma anche con molte ombre e partite aperte: dal futuro di Alfa Romeo e Maserati al posizionamento delle elettriche e delle ibride, dalla mappa degli stabilimenti alla sostenibilità industriale del piano prodotti.

Ce la farà Antonio Filosa a cambiare rotta? E, soprattutto, gli verrà lasciata davvero carta bianca, o dovrà muoversi tra equilibri precari e vecchie logiche di potere? Le prime visite nei plant sembrano essere solo l’inizio di un percorso complicato. Il tempo per i saluti e i proclami finirà presto. Poi, si dovranno fare i conti con la realtà.

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