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Grandi opere nel mirino delle mafie: la Dia lancia l’allarme, Salvini coinvolge l’Anac

Nella Relazione 2024 la Direzione investigativa antimafia evidenzia il rischio concreto di infiltrazioni nella gestione di appalti e risorse pubbliche. Salvini incontra Anac: “Trasparenza totale, anche sul Ponte”

Grandi opere nel mirino delle mafie

DIA (foto di repertorio)

Le cosche tornano a muoversi tra i cantieri d’Italia, attratte dall’enorme flusso di risorse pubbliche messe in campo per il Pnrr, il Giubileo 2025, le Olimpiadi Milano-Cortina 2026 e, soprattutto, la costruzione del Ponte sullo Stretto di Messina. È quanto emerge dalla Relazione annuale 2024 della Direzione investigativa antimafia (DIA), presentata oggi a Roma. Il documento parla chiaro: le mafie mirano alle grandi opere, puntano a controllarne gli appalti, le imprese coinvolte, perfino le sottoforniture.

L’allarme è lanciato direttamente dal direttore della Dia Michele Carbone, che evidenzia come lo scorso anno siano raddoppiati gli accessi ai cantieri. “Siamo pronti a svolgere la nostra attività di prevenzione – afferma – e sul Ponte sullo Stretto vigileremo con la massima attenzione”.

A confermare l’attenzione dell’esecutivo è anche l’incontro tra il vicepremier Matteo Salvini, promotore della grande opera, e il presidente dell’Anac Giuseppe Busia, volto a garantire massima trasparenza nelle procedure. “Coinvolgeremo l’Anac in ogni passaggio, anche nei subappalti. Puntiamo sulla digitalizzazione dei cantieri, sui controlli incrociati e sulla sicurezza dei lavoratori”, fanno sapere dal Mit.

Ma non è solo il Ponte a preoccupare. La Relazione parla di interesse crescente delle cosche nella gestione delle risorse pubbliche locali, con infiltrazioni negli ospedali, nella raccolta rifiuti e nelle forniture pubbliche. Un’interferenza sempre più strutturata che spesso trova connivenza in imprenditori che accettano di evadere il fisco o di emettere fatture false, trasformandosi da vittime a complici del sistema mafioso.

Significativo anche il dato sulle interdittive antimafia: il 72% di quelle emesse nel 2023 contro la ‘ndrangheta sono state registrate fuori dalla Calabria, a dimostrazione della diffusione nazionale delle organizzazioni criminali. Tra le alleanze documentate, spiccano quelle tra Cosa nostra gelese e ‘ndrangheta calabrese nel traffico di droga e tra gruppi ‘ndranghetisti e comunità sinti in Piemonte per il traffico e la custodia di armi.

La Dia segnala anche le “proiezioni internazionali” dei clan italiani, con ramificazioni fino a New York e legami sempre più stretti con mafie straniere. E lancia un allarme preciso sul reclutamento dei giovani nei contesti marginalizzati, sempre più esposti a essere coinvolti nelle reti criminali.

Tra i temi critici anche quello delle comunicazioni carcerarie: l’utilizzo dei cellulari nelle carceri è ormai un fenomeno “strutturale, non più episodico”, servono interventi urgenti e tecnici.

Infine, il procuratore antimafia Giovanni Melillo e il presidente dell’Anm Cesare Parodi esprimono forte preoccupazione per il ddl sui sequestri digitali già approvato dal Senato. Secondo Melillo, la norma rischia di svuotare di efficacia le indagini su reati mafiosi, impedendo di usare la documentazione informatica acquisita come prova in numerosi processi: “Un pericolo concreto di arretramento nell’azione di contrasto alla criminalità organizzata”.

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