Cerca

Arcidiocesi di Torino

I parroci ballano il valzer: spostamenti, silenzi e veleni. Cosa succederà a Settimo, Lanzo, Cuorgnè...

L’Arcidiocesi annuncia i trasferimenti, ma tace su quattro destinazioni strategiche. Intanto emergono nomi, incarichi e malumori. Via i religiosi del Verbo Incarnato, mentre i salesiani lasciano Lanzo

Torino, il grande giro di parroci: spostamenti, silenzi e veleni in Curia.. Cosa succede a Settimo, Lanzo, Cuorgnè...

Torino, il grande giro di parroci: spostamenti, silenzi e veleni in Curia.. Cosa succede a Settimo, Lanzo, Cuorgnè...

Quando l’Arcidiocesi di Torino ha diffuso, qualche giorno fa, il comunicato ufficiale sui trasferimenti e le nuove nomine dei parroci, il dettaglio che ha colpito di più non stava tanto nei nomi annunciati, quanto in quelli che non comparivano affatto. Alla voce “Prossimi trasferimenti di parroci” figurano infatti quattro sacerdoti con data certa – 1° settembre 2025 – e destinazioni ancora coperte da silenzio. Una lacuna che ha lasciato molti osservatori stupiti e che, secondo fonti affidabili, sarebbe tutt’altro che casuale.

Don Stefano Bertoldini, attualmente alla parrocchia Santa Maria Madre della Chiesa di Settimo Torinese, don Martin Augusto Botero Gomez, parroco di San Giuseppe Artigiano, sempre a Settimo, don Mauro Gaino, in uscita dalle parrocchie San Giovanni Battista, San Salvatore e Santi Pietro e Paolo Apostoli tra Savigliano e Monasterolo, e don Vincenzo Marino, in servizio a San Mauro Abate di Mathi, sono stati ufficialmente annunciati come “prossimi al trasferimento”. Ma le loro destinazioni non sono state comunicate. Non ancora, almeno. Eppure, tra le pieghe delle voci curiali e delle fonti vicine agli ambienti ecclesiastici, le loro nuove sedi pastorali circolano eccome.

Qualcosa di più sta cominciando a trapelare. Ufficiale, anche se non presente nel comunicato, è ad esempio il trasferimento di don Marco Ghiazza a Moncalieri, dopo un itinerario in perfetta simmetria temporale: quattro anni a Vinovo, quattro a Roma, quattro a Volpiano. Condividerà la guida di un’unità pastorale da otto parrocchie insieme a don Giuseppe Barbero, attualmente parroco di San Giovanni Maria Vianney a Torino. Un incarico imponente che dà la misura di come la diocesi stia accorpando le parrocchie in funzione della scarsità di clero e della ristrutturazione delle zone pastorali.

Don Gianfranco Carlucci, attualmente parroco a San Lorenzo Martire di Collegno, invece, resterà al suo posto ancora per un anno. Una permanenza non del tutto volontaria, che secondo alcune fonti rappresenterebbe un “anno sabbatico obbligato”, dopo aver declinato più volte gli inviti alla mobilità interna. Una sorta di tempo di espiazione ecclesiale, per dirla con un sorriso amaro.

Chi invece è stato letteralmente “spostato di peso” è don Claudio Baima Rughet, già vicario episcopale e in passato considerato da alcuni persino “vescovabile”. Dovrà lasciare la sua Corio – dove aveva costruito legami profondi e un’identità pastorale forte – per raggiungere Cuorgnè, dove lo attendono ben cinque parrocchie da gestire: Cuorgnè, Pertusio, Salassa, San Ponso e Valperga. Un territorio pastorale vasto e complicato, spesso definito uno dei più difficili della diocesi, ma dove – almeno – potrà contare sui diaconi permanenti, di cui è delegato arcivescovile. Il trasferimento, però, viene letto da più parti come un segnale chiaro: “sei fuori linea, quindi fuori zona”.

Quanto a don Bertoldini, la destinazione è ormai nota: Lanzo Torinese, dove i salesiani stanno lasciando la parrocchia dopo decenni di presenza. Un passaggio delicato, che segna la fine di una lunga stagione religiosa in quella zona. Più complessa la nuova missione di don Martin Augusto Botero Gomez, che sarà chiamato a gestire un territorio pastorale distribuito su sette parrocchie sparse tra Rocca, Levone, Barbania, Front, Corio, Benne e Rivarossa. Nonostante la dispersione geografica e le difficoltà logistiche, le parrocchie rimangono giuridicamente attive, perché – come ben noto – la loro soppressione cancellerebbe il codice fiscale e con esso l’accesso all’8 per mille. E allora, meglio mantenerle in piedi anche solo sulla carta. Ubi pecunia, ibi parrocchia.

Ma la notizia che più agita la base dei fedeli è un’altra. Ed è quella che riguarda i religiosi del Verbo Incarnato, che entro giugno dovranno lasciare Torino, abbandonando le due parrocchie che avevano finora gestito: Maria Madre della Chiesa in via Baltimora e il beato Piergiorgio Frassati in via Pietro Cossa.

Una decisione che rientra, secondo fonti vicine alla Curia, in una più ampia riorganizzazione pastorale. Non si tratta – come qualcuno ha ipotizzato – di una presa di distanza ideologica da parte della diocesi, né di una bocciatura tout court del loro stile liturgico, improntato a un forte radicamento nella tradizione cattolica e alla celebrazione del rito romano, anche nella sua forma straordinaria.

A livello internazionale, però, l’Istituto del Verbo Incarnato è da alcuni mesi sotto la lente del Vaticano. Il Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata, lo scorso gennaio, ha nominato due delegati pontifici con il compito di accompagnare un percorso di revisione riguardante la formazione, il governo interno e l’attività pastorale dell’istituto. In questo contesto è stato anche imposto un moratorium triennale per l’ingresso di nuovi membri.

In ambito locale, una relazione redatta da una teologa e depositata in diocesi avrebbe evidenziato alcune criticità legate all’inserimento dell’istituto nel tessuto parrocchiale torinese. Secondo tale documento, raccolto tra altri materiali valutativi, alcuni approcci pastorali avrebbero generato malumori o difficoltà di integrazione con le dinamiche ecclesiali esistenti.

Di certo, la partenza dei religiosi non è riconducibile alla sola questione della scuola parentale né all’adesione a una spiritualità “troppo cattolica”, come si è ironicamente vociferato. La decisione, piuttosto, appare come l’esito di una valutazione ecclesiale complessa, che tiene insieme criteri pastorali, relazionali e istituzionali.

Al loro posto, se non sarà dirottato in seminario, è pronto a subentrare don Mauro Gaino, il cui nome compare nel comunicato ufficiale tra i parroci in uscita da Savigliano. Il suo arrivo rientrerebbe nella riorganizzazione pilotata dalla corrente boariniana della diocesi, a cui Gaino è ritenuto vicino, così come è vicino a monsignor Mauro Rivella, vicario episcopale per l’economia e parroco di Santa Rita, uno dei “domines” della nuova stagione curiale. Rivella – secondo fonti interne – non ha però rapporti distesi con l’ausiliare monsignor Alessandro Giraudo, con cui i rapporti sarebbero freddi, per non dire gelidi. Anche per questo, ogni assegnazione è oggi anche un messaggio, e ogni spostamento ha il peso di una presa di posizione.

verbo

E mentre il quadro degli spostamenti si compone lentamente, fra carte ufficiali e decisioni ancora in controluce, qualcosa è già stato messo nero su bianco. Il comunicato della diocesi ha già confermato che, a partire dal prossimo settembre, don Andrea Bisacchi e don Marco Vitale saranno parroci in solido della parrocchia Gesù Crocifisso e Madonna delle Lacrime a Torino. A Settimo Torinese, sarà invece don Antonio Bortone a guidare – anche qui come parroco in solido – le parrocchie di San Giuseppe Artigiano, San Vincenzo de’ Paoli, San Pietro in Vincoli e Santa Maria Madre della Chiesa, in collaborazione con don Antonio Marino, che lascia le comunità di Nole e Villanova. A Chieri prosegue il lavoro di don Marco Di Matteo, che guiderà un gruppo di parrocchie tra San Giacomo, San Giorgio, San Luigi Gonzaga e Santa Maria Maddalena. Cambi anche nel cuneese, dove a Cavallermaggiore, Monasterolo e Savigliano arriveranno nuovi parroci in una dinamica che si ripete in tutte le zone pastorali: riduzione del clero, aumento degli incarichi, accorpamenti forzati.

Insomma, quello che va profilandosi è un nuovo volto della diocesi, disegnato a colpi di nomine e spostamenti, nel tentativo di mantenere un equilibrio interno tra gestione, pastorale e potere. E come in ogni partito che conquista il potere dopo anni di minoranza, anche tra i boariniani – ora egemoni – le prime crepe iniziano ad affiorare. Ma questa, forse, è un’altra storia.

SULLO STESSO ARGOMENTO

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori