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22 Maggio 2025 - 01:13
Il sindaco Stefano Lo Russo
Torino capitale italiana delle buche. Un monumento urbano alla sconnessione, un tributo all’abbandono. Altro che smart city, qui servirebbe una smart pala e un genio del bitume. Ogni strada è una roulette, ogni marciapiede un test di equilibrio per funamboli. Ma a Palazzo Civico continuano a parlare di “Digital Twin”. Che sarà anche il gemello digitale della città, ma in carne e ossa ci si spacca le caviglie.
Negli ultimi tre anni le buche riparate sono passate da 5.420 a 13.394. Una bella crescita, se non fosse che parliamo di voragini. Voragini che, attenzione, vengono riparate. Che non vuol dire “risolte”: vuol dire che si tappa alla meglio, si mette una pezza, e via andare. Tanto poi piove, la toppa salta, la buca si riapre, e il ciclo ricomincia. È la ruota del karma… o del catrame.
Nel frattempo, aumentano gli incidenti. Dai 551 del 2022 agli oltre mille dell’anno scorso. Ma l’assessore Francesco Tresso ha la spiegazione pronta: “Eh, è colpa del meteo!”. Certo. Piove troppo. Grandina. E magari c’è anche Mercurio retrogrado. Peccato che i cittadini paghino lo stesso, sia con il bollo che col paraurti. E se ti fai male, c’è il risarcimento – se hai pazienza. Il Comune ha già versato 446 mila euro nel 2023. Era a 166 mila solo due anni prima. La curva è in crescita, proprio come la frustrazione dei torinesi.
Ma tranquilli, ci sono le soluzioni. C’è il prossimo appalto, ci sono i buoni propositi. Tresso dice che stavolta le riparazioni saranno “definitive”. Cioè: fino alla prossima pioggia. E poi c’è l’innovazione. La “macchina tappabuche”, che secondo i racconti dovrebbe esistere da qualche parte. Nessuno l’ha mai vista, ma pare ci sia. Come l’araba fenice.
Nel 2016 si spendevano 9,2 milioni di euro per la manutenzione stradale. Oggi siamo a 6,1 milioni. Ma questa è la Torino di Stefano Lo Russo, dove i numeri sono interpretazioni artistiche e la realtà è un dettaglio secondario. Dove si sogna in grande, si twitta ancora meglio, e si inciampa nell’asfalto a ogni passo.
La Circoscrizione 6, zona nord, è la più devastata. Non per caso, ma per scelta. È lì che si sperimenta il “Digital Twin”, la meraviglia tecnologica che serve – dicono – a raccogliere dati e pianificare. Intanto, in via Brandizzo o corso Giulio, se vuoi sopravvivere, devi indossare il casco. E magari anche le ginocchiere.
Il consigliere Pierlucio Firrao l’ha detto chiaro: “Situazione in caduta libera”. Ma a Torino ormai si cade su tutto: sull’asfalto, nei bilanci, nella credibilità. Anche Ferrante De Benedictis si è svegliato e ha fatto un’interpellanza. Troppo tardi? Forse. Ma almeno qualcuno ancora ci prova.
E mentre a destra si denuncia, a sinistra si piange miseria. L’onorevole Federico Fornaro, del Partito Democratico, grida al disastro: “Il governo Meloni ha tagliato il 70% dei fondi per le strade!”. Eh già. Un bel teatrino. Ma il PD governa Torino da quanto? E le buche chi le ha coltivate? Perché qui sembra che tutti si lamentino, ma nessuno abbia mai avuto il volante in mano.
Il punto è che la città non ne può più. Di discorsi, di appalti futuri, di gemelli digitali. I torinesi vogliono strade vere, senza il terrore di forare una gomma a ogni incrocio. Vogliono marciapiedi dove non dover fare parkour per evitare crepe, scivoli, tombini ballerini. E vogliono, forse per eccesso di audacia, che il Comune faccia il suo mestiere. Non domani. Non nel 2026. Ora.
Ma a quanto pare, tra burocrazia, pioggia, meteoriti e promesse, Torino deve rassegnarsi. È la città della cultura, sì. Ma anche della buca. Anzi, del buco nero in cui finiscono soldi, fiducia e pazienza.
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