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19 Maggio 2025 - 15:21
Lo Charlot di Chivasso se n’è andato in silenzio: addio a Ignazio Viola, artista dimenticato
Vestito da Charlot, camminava nei sogni. Lo faceva per strada, tra la gente, e la gente rideva. Non sempre nel modo giusto.
Ignazio Viola è morto come ha vissuto. In silenzio. Con eleganza. Senza disturbare. Lontano dai riflettori, ma con il cuore acceso di chi, anche da solo, non ha mai smesso di sognare. È morto a Fontanetto Po, il 15 maggio. Aveva 78 anni. Era nato a Palermo il 21 giugno del 1946 e portava dentro il teatro della sua terra. Quello popolare, immediato, verace. Poi è arrivato a Chivasso, e lì ha iniziato la sua metamorfosi. Non per lavoro, non per gloria, ma per passione. Per arte.
Charlot. Bastone, bombetta, baffi e poesia. Un inno alla malinconia travestita da risata. Ignazio era il Charlot chivassese. Si esibiva in piazza Duomo e in piazza d’Armi. E non era un’imitazione. Era un’identificazione. Chi l’ha visto, non l’ha dimenticato. “Più Charlot dello stesso Charlot”, dicono. Ma come accade spesso a chi è avanti rispetto al suo tempo, venne scambiato per buffone. Deriso. Allontanato. E allora quella bombetta finì appesa a un chiodo. Il bastone nel cassetto. Il sorriso nei ricordi.
Ma oggi, che Ignazio non c’è più, sono in tanti a ripensarlo con nostalgia. A pentirsi di non averlo applaudito davvero. Di non aver compreso che dietro a quel trucco c’era un’anima rara, sensibile, preparata. Un attore vero.
Negli ultimi anni si era ritirato a Fontanetto Po. Sempre elegante. Giacca, cravatta, monocolo e orologio da taschino. Come un gentiluomo dell’800 sbucato da una piega del tempo. Anche lì, un personaggio. Anche lì, un poeta del quotidiano.
È morto solo, Ignazio. Come i grandi. Come chi ha dato tanto senza chiedere nulla. Come Chaplin. Come Charlot. Ma non sarà dimenticato. Perché certi sorrisi, certe camminate sbilenche, certe lacrime travestite da gag, restano incollate alla memoria.
I funerali si terranno martedì 20 maggio alle ore 10.00 nel Cimitero di Chivasso. Sulla lapide ci sarà scritto Charlot. Come è giusto che sia. Come avrebbe voluto. Come merita chi ha portato l’arte nella vita, senza mai volerla vendere.
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